2 settembre 2012


2 settembre 2012 – I domenica dopo il Martirio di San Giovanni il Precursore

Questa prima domenica mette in evidenza il carattere cristologico della testimonianza dell’Antica Alleanza che si conclude con quella del Battista. Quella testimonianza, che si riferisce al Signore Gesù, esaurisce di fatto la sua missione davanti a lui che è il Figlio di Dio, portatore della definitiva parola divina di salvezza.


Il Lezionario

Contempla la proclamazione dei seguenti brani biblici: Lettura: Isaia 29,13-21; Salmo 84 (85); Epistola: Ebrei 12,18-25; Vangelo: Giovanni 3,25-36. Alla Messa vigiliare del sabato viene letto: Luca 24,9-12 come Vangelo della Risurrezione. (Le orazioni e i canti della Messa sono quelli della XXII domenica del Tempo «per annum» del Messale Ambrosiano.


Lettura del profeta Isaia (29,13-21)

13Dice il Signore: «Poiché questo popolo / si avvicina a me solo con la sua bocca / e mi onora con le sue labbra, / mentre il suo cuore è lontano da me / e la venerazione che ha verso di me / è un imparaticcio di precetti umani, / 14perciò, eccomi, continuerò / a operare meraviglie e prodigi con questo popolo; / perirà la sapienza dei suoi sapienti / e si eclisserà l’intelligenza dei suoi intelligenti». / 15Guai a quanti vogliono sottrarsi alla vista del Signore / per dissimulare i loro piani, /a coloro che agiscono nelle tenebre, dicendo: / «Chi ci vede? Chi ci conosce?».
16Che perversità! Forse che il vasaio / è stimato pari alla creta? / Un oggetto può dire del suo / autore: / «Non mi ha fatto lui»? / E un vaso può dire del vasaio: «Non capisce»? / 17Certo, ancora un po’ / e il Libano si cambierà in un frutteto / e il frutteto sarà considerato una selva. / 18Udranno in quel giorno i sordi le parole del libro; / liberati dall’oscurità e dalle tenebre, / gli occhi dei ciechi vedranno. / 19Gli umili si rallegreranno di nuovo nel Signore, / i più poveri gioiranno nel Santo d’Israele. / 20Perché il tiranno non sarà più, sparirà l’arrogante, / saranno eliminati quanti tramano iniquità, / 21quanti con la parola rendono colpevoli gli altri, / quanti alla porta tendono tranelli al giudice / e rovinano il giusto per un nulla.

Il brano prende anzitutto di mira il vuoto ritualismo esteriore che non esige l’interiore partecipazione di chi lo compie e la pretesa sapienza e capacità politica dei consiglieri del re (vv. 13-14). Essi, infatti, confidano nelle loro trame oscure e segrete le quali, però, non possono certo rimanere tali agli occhi di Dio che conosce i cuori degli uomini da lui plasmati (vv. 15-16). Il brano è segnato al v. 17 da una svolta con un oracolo che riguarda la trasformazione spirituale del popolo e in particolare degli umili e dei più poveri (vv. 18-19). Viene, inoltre, annunciata la scomparsa del tiranno come dell’arrogante disonesto e ingiusto (vv. 20-21).


Lettera agli Ebrei (12,18-25)

Fratelli, 18voi infatti non vi siete avvicinati a qualcosa di tangibile né a un fuoco ardente né a oscurità, tenebra e tempesta, 19né a squillo di tromba e a suono di parole, mentre quelli che lo udivano scongiuravano Dio di non rivolgere più a loro la parola. 20Non potevano infatti sopportare quest’ordine: «Se anche una bestia toccherà il monte, sarà lapidata». 21Lo spettacolo, in realtà, era così terrificante che Mosè disse: «Ho paura e tremo». 22Voi invece vi siete accostati al monte Sion, alla città del Dio vivente, alla Gerusalemme celeste e a migliaia di angeli, all’adunanza festosa 23e all’assemblea dei primogeniti i cui nomi sono scritti nei cieli, al Dio giudice di tutti e agli spiriti dei giusti resi perfetti, 24a Gesù, mediatore dell’alleanza nuova, e al sangue purificatore, che è più eloquente di quello di Abele. 25Perciò guardatevi bene dal rifiutare Colui che parla, perché, se quelli non trovarono scampo per aver rifiutato colui che proferiva oracoli sulla terra, a maggior ragione non troveremo scampo noi, se volteremo le spalle a Colui che parla dai cieli.

Nei vv. 18-21 vengono evocati i fenomeni cosmici che hanno accompagnato la stipula dell’alleanza tra Dio e Israele tramite la mediazione di Mosè (cfr. Esodo 19,12-13; Deuteronomio 9,19) e che sono stati motivo di timore e spavento tra il popolo. Al contrario l’alleanza nuova stipulata tramite la mediazione di Gesù è descritta come un’adunanza festosa nella Gerusalemme celeste, immagine della Chiesa (vv. 22-24). Di qui l’esortazione a non rifiutare il Signore Gesù e a non voltargli le spalle per non andare incontro a una punizione ben più grave di quella inflitta al popolo della prima alleanza che non aveva voluto ascoltare Mosè (v. 25).


Lettura del Vangelo secondo Giovanni (3,25-36)

In quel tempo. 25Nacque allora una discussione tra i discepoli di Giovanni e un Giudeo riguardo alla purificazione rituale. 26Andarono da Giovanni e gli dissero: «Rabbì, colui che era con te dall’altra parte del Giordano e al quale hai dato testimonianza, ecco, sta battezzando e tutti accorrono a lui». 27Giovanni rispose: «Nessuno può prendersi qualcosa se non gli è stata data dal cielo. 28Voi stessi mi siete testimoni che io ho detto: “Non sono io il Cristo”, ma: “Sono stato mandato avanti a lui”. 29Lo sposo è colui al quale appartiene la sposa; ma l’amico dello sposo, che è presente e l’ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo. Ora questa mia gioia è piena. 30Lui deve crescere; io, invece, diminuire». 31Chi viene dall’alto è al di sopra di tutti; ma chi viene dalla terra, appartiene alla terra e parla secondo la terra. Chi viene dal cielo è al di sopra di tutti. 32Egli attesta ciò che ha visto e udito, eppure nessuno accetta la sua testimonianza. 33Chi ne accetta la testimonianza, conferma che Dio è veritiero. 34Colui infatti che Dio ha mandato dice le parole di Dio: senza misura egli dà lo Spirito. 35Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa. 36Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; chi non obbedisce al Figlio non vedrà la vita, ma l’ira di Dio rimane su di lui.



Il brano, nella prima parte: vv. 25-30, riporta l’ultima “testimonianza” data a Gesù dal Battista e occasionata da una disputa sorta intorno all’attività battesimale di Gesù e dei suoi discepoli (3,22 ss.). La controversia che agita i seguaci del Battista, riguarda il successo dell’attività di Gesù (v. 25). I vv. 27-30 contengono la risposta del Battista che riconosce anzitutto l’origine divina della capacità attrattiva di Gesù (v. 27) e inquadra la propria attività come un precorrere l’arrivo del Cristo (v. 28). Giovanni, inoltre, si paragona «all’amico dello sposo», che è il Messia e con il quale condivide la gioia, tratto caratteristico dell’era messianica e, nella consapevolezza di essere oramai al termine della sua missione, afferma con chiarezza la “necessità” divina della crescita dell’influenza di Gesù rispetto alla sua (vv. 29-30).

La seconda parte (vv. 31-36) riporta un discorso di rivelazione-testimonianza su Gesù stesso di cui si afferma l’origine divina (v. 31) e, di conseguenza, ciò che egli dice di Dio lo dice perché ne ha esperienza diretta. Eppure persino a lui viene opposto un rifiuto (v. 32). Altri, invece, accolgono la sua “testimonianza”, vale a dire la rivelazione portata da Gesù dal Cielo, e con ciò proclamano e confermano che dietro il messaggio di Gesù vi è Dio stesso che ha dato al rivelatore, che è il Figlio, la pienezza dello Spirito (vv. 33-34). Questo perché il Padre ama senza misura il Figlio (v. 35). Il brano si conclude al v. 36 con un forte appello a “credere nel Figlio” per ricevere da subito la salvezza e con un minaccioso avvertimento per quanti perseverano nell’incredulità andando così incontro al giudizio di condanna.


Commento liturgico-pastorale

Il dono pasquale dello Spirito elargito dal Crocifisso, il Risorto, “esaltato” alla destra di Dio, apre la nostra intelligenza a comprendere la testimonianza che la Scrittura offre al Signore Gesù e, insieme, ci spinge a dare al mondo la nostra testimonianza su di lui nel quale, soltanto, è possibile salpare al giudizio di condanna e godere fin da questa vita la salvezza che l’evangelista indica con l’espressione “vita eterna” (Vangelo: Giovanni 3,36). Giovanni il Battista con la sua persona e la sua opera, segna la decisiva svolta impressa da Dio alla storia della salvezza.

Egli, infatti, ha il compito di dare testimonianza a Gesù presente nel mondo e di riconoscerlo pubblicamente come investito dal cielo per «attestare ciò che ha visto e udito» presso Dio del quale, perciò, «dice la Parola» che reca salvezza a quanti la accolgono (cfr. v. 32 e v. 34). In Gesù, dunque, si realizza l’annunzio profetico che svela l’intenzione di Dio di porre fine alla condizione di estraneità del suo popolo che lo avvicina «solo con la bocca» e lo onora «solo con le labbra», mentre il «suo cuore» è lontano da lui (Lettura: Isaia, 29,13).

Il Profeta, perciò, parla di un deciso cambiamento operato da Dio «in quel giorno» nel quale gli ostinati e gli increduli, paragonati ai sordi e ai ciechi, udranno finalmente «le parole del libro» e verranno così liberati «dall’oscurità delle tenebre gli occhi dei ciechi» (v. 18). Giovanni il Battista, unico tra i Profeti, può proclamare che «quel giorno» è finalmente giunto con la venuta del Signore Gesù, di colui che «viene dall’alto ed è al di sopra di tutti» (Giovanni 3,31).

Per questo egli «dice le parole di Dio» ossia è il rivelatore definitivo davanti al quale deve oramai diminuire, in pratica concludersi, la missione del Battista così come quella dei Profeti dell’Antica Alleanza. Da questo momento ogni uomo è chiamato a prendere davanti a Gesù, che è il Figlio amato dal Padre e che è stato da lui rivestito del suo Spirito (cfr. vv. 34-35), una decisione carica di conseguenze: chi lo accoglie e crede in lui entra fin da ora nella “vita eterna”, sperimenta cioè la gioia della salvezza e, dunque, diversamente da chi lo rifiuta, non va incontro al giudizio distruttivo che Dio pronuncia sull’incredulità e sul peccato (v.36).

A tale riguardo l’Epistola mette in guardia quanti, mediante la fede e i sacramenti, si sono accostati «a Gesù mediatore dell’alleanza nuova, e al sangue purificatore» (Ebrei 12,24), dal tornare a vivere come sordi e ciechi, vale a dire da increduli i quali pensano di essere vicini e graditi a Dio rendendogli un culto frutto della bocca e delle labbra e non del cuore (cfr. Isaia 29,13). Un simile comportamento che l’Epistola descrive concretamente come un «voltare le spalle a Colui che parla dai cieli» (v.25), visualizzando in tal modo il rifiuto di credere nel Signore, è meritevole di una condanna ben più grave di quella che si è abbattuta su quanti hanno «rifiutato colui che proferiva oracoli sulla terra» ossia la testimonianza dei Profeti (v.25).

Partecipando all’Eucaristia nella purezza e nella sincerità del cuore domandiamo la grazia di ascoltare nelle divine Scritture la voce dello Sposo (Giovanni 3,29) che ci stabilisca in una fede ferma, ci rassicuri del suo amore, tenga viva la nostra speranza, ci doni di sperimentare quella gioia che non ci verrà più tolta, e la comunione al suo Corpo e al suo Sangue ci trasformi in una testimonianza vivente di lui da tutti immediatamente riconoscibile.

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In queste pagine potete trovare il commento alla liturgia domenicale e festiva secondo il RITO AMBROSIANO, curata da don Alberto Fusi.

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