20 marzo 2011 – II domenica di Quaresima


1. La domenica “della Samaritana”  
   

E' così chiamata perché in essa, forse fin dai tempi di sant’Ambrogio, si legge sempre il Vangelo dell’incontro di Gesù con una donna samaritana presso il pozzo di Giacobbe. Il Lezionario prevede: Lettura: Esodo 20,2-24; Salmo 18; Epistola: Efesini 1,15-23; Vangelo: Giovanni 4,5-42. Alla Messa vespertina del sabato, a partire da questa domenica, il Vangelo della risurrezione viene sostituito per tutta la Quaresima dalla Lettura vigiliare. In questa domenica viene letto: Marco 9,2b-10.    


2. Vangelo secondo Giovanni 4,5-42      

In quel tempo. 5Il Signore Gesù giunse a una città della Samaria chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio; 6qui c'era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. 7Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». 8I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi.    
9Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani. 10Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva».    
11Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? 12Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?». 13Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; 14ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l'acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». 15Signore – gli dice la donna -, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua». 
16Le dice Gesù: «Va' a chiamare tuo marito e ritorna qui». 17Gli risponde la donna: «Io non ho marito». Le dice Gesù: «Hai detto bene: “Io non ho marito”. 18Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero». 19Gli replica la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta! 20I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare».      21Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. 22Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. 23Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. 24Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». 25Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà ci annuncerà ogni cosa». 26Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te».    
27In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con una donna. Nessuno tuttavia disse:  «Che cosa cerchi?», o: «Di che cosa parli con lei?». 28La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente: 29«Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?». 30Uscirono dalla città e andavano da lui.    
31Intanto i discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». 32Ma egli rispose loro: «Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». 33E i discepoli si domandavano l’un l’altro: «Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?». 34Gesù disse loro: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. 35Voi non dite forse: “Ancora quattro mesi e poi viene la mietitura”? Ecco, io vi dico: alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. 36Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. 37In questo infatti si dimostra vero il proverbio: uno semina e l’altro miete. 38Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato e voi siete subentrati nella loro fatica».     
39Molti Samaritani di quella città credettero in lui per la parola della donna, che testimoniava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto». 40E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. 41Molti di più credettero per la sua parola 42e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo».    


3. Commento liturgico-pastorale      

Diamo anzitutto uno sguardo al brano evangelico così come si presenta a una prima osservazione per poi inquadrarlo nel peculiare contesto liturgico quaresimale. Il testo è chiaramente diviso in due grandi sezioni. La prima: vv. 5-26 riporta il dialogo di Gesù con “una donna samaritana” mentre la seconda: vv. 27-42 è incentrata sulla rivelazione dell’“opera” per la quale il Padre ha inviato Gesù nel mondo.

In particolare i vv. 5-7 ambientano la scena in Samaria, una regione considerata “deviata” dalla vera fede di Israele e precisamente presso il pozzo che Giacobbe, il grande patriarca, aveva fatto scavare presso la cittadina di Sicar. L’evangelista sottolinea che Gesù vi arrivò “affaticato per il viaggio” e nell’ora più calda del “mezzogiorno”.

Non meraviglia, perciò, che lui richiedesse da bere alla donna samaritana che, nel frattempo, era giunta al pozzo. I vv. 8-15 riportano, con la risposta della donna, le parole di rivelazione sul dono “dell’acqua viva” capace di togliere la “sete” e diventare, in chi la beve, «una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna».

Se per Israele “l’acqua viva” simboleggia la divina rivelazione che si riassume nella Legge come ci ricorda la Lettura odierna che riporta il Decalogo dato da Dio a Mosé sul monte Sinai (Esodo 20,2-24), possiamo dire che per noi “l’acqua viva” è la rivelazione fatta da Gesù, superiore a quella della Legge, in grado di spegnere la “sete” più profonda che c’è nel cuore di ogni uomo, la sete di Dio, di aver parte per sempre alla sua vita. è quanto viene autorevolmente detto nella preghiera del Prefazio: «Cristo Signore nostro,... chiedendo da bere a una donna samaritana, le apriva la mente alla fede; desiderando con ardente amore portarla a salvezza, le accendeva nel cuore la sete di Dio».

La prima sezione si chiude ai vv. 16-26 con una svolta nel dialogo tra Gesù e la donna, alla quale viene rivelata la sua vita disordinata e traviata rispetto alla Legge di Dio (v. 18), inducendola, così, a muovere i suoi primi passi nella fede in Gesù riconosciuto come “un profeta” (v. 19). A Lui, uomo ispirato da Dio, pone la questione riguardante il “luogo” dove è possibile incontrare Dio: per i Samaritani era il monte Garizim mentre per i Giudei era il Tempio di Gerusalemme (vv. 20-21).

A questa domanda Gesù risponde con parole di rivelazione di grande permanente attualità e valore (vv. 23-24), con le quali elimina le diatribe legate al “luogo” in cui si deve rendere culto a Dio. Con la sua venuta nel mondo, è “venuta l’ora” in cui il culto divino è sganciato da luoghi e da templi materiali e viene invece compiuto “in spirito e verità” (vv. 23-24) ossia da quanti sono rinati dallo Spirito e si lasciano da lui guidare all’accoglienza di fede della rivelazione portata da Gesù il Messia che, con la sua venuta svelerà ogni cosa (vv. 25-26). La solenne dichiarazione messianica: «Sono io, che parlo con te» chiude il dialogo con la samaritana.

Prende così avvio la seconda sezione (vv. 27-42) inaugurata dall’accorrere a Gesù degli abitanti di Sicar e del dialogo con i discepoli riguardante il suo vero “cibo” che consiste nel compiere la volontà del Padre (vv. 31-34) che lo ha inviato nel mondo per “salvare” il mondo. è questa l’“opera” che il Padre ha affidato a Gesù e alla quale egli ora associa i suoi discepoli con l’invito: «alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura» e con l’esplicito mandato a “mietere” cioè a raccogliere l’umanità nella “comunione” con Dio qui indicata con l’espressione “vita eterna” (vv. 35-38).

La conclusione (vv. 39-42) fa capire che i Samaritani che credono nel Signore “per la parola della donna” e ancora di più “per la sua parola”, professando la fede in Gesù quale “salvatore del mondo”, sono, in verità, primizie dell’“opera” salvifica commessa da Dio al suo Figlio e da questi ai suoi discepoli e, dunque, ai discepoli di tutti i tempi.

Il contesto quaresimale in cui viene proclamato il brano evangelico induce a porre l’accento sul dono “dell’acqua viva” promessa da Gesù alla samaritana e che rappresenta la rivelazione di Dio che solo il Figlio è in grado di portare in pienezza.

La Scrittura, come sappiamo, indica nella Legge, consegnata da Dio nella sua manifestazione a Mosè sul monte Sinai, l’“acqua viva”. Si tratta certamente di un grande “dono” di Dio al suo popolo, che però impallidisce di fronte alla “profonda conoscenza” di lui recata a noi dal suo Figlio, grazie alla quale ci è possibile «comprendere  quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi e qual è la straordinaria grandezza della sua potenza» verso di noi (cfr. Epistola: Efesini 1,18).

Una simile più profonda “conoscenza” di Dio, e del disegno di salvezza e di amore che egli serba nel suo cuore per ogni uomo, realizza la promessa del dono dell’”acqua viva” fatta da Gesù alla samaritana. Questa nel suo continuo andirivieni al “pozzo” rappresenta l’incessante ricerca del cuore umano che desidera la felicità, la vita, che desidera Dio il quale ha già manifestato la sua potenza di amore verso di noi “quando risuscitò dai morti” il suo Figlio, facendolo «sedere alla sua destra nei cieli» ( Efesini 1,20).

Partecipando all’Eucaristia anche noi ritorniamo ogni domenica al “pozzo” che è il Signore crocifisso e con fede riconosciamo: «Dal tuo cuore, Signore Gesù, fiumi d’acqua viva scorreranno. Ascolta pietoso il grido di questo popolo e aprici il tesoro della tua grazia che santifica il cuore dei credenti»(Canto Alla Comunione), grazia che accende il desiderio di Dio, che permette di penetrare sempre di più nel suo mistero ed è per noi fonte di vita “eterna”. Per questo non ci stanchiamo di domandare ogni giorno: «O Gesù, hai detto alla samaritana: “Chi berrà dell’acqua che io darò, non avrà più sete in eterno”. Donaci di quell’acqua, Signore, così berremo e non avremo più sete» (Canto Allo Spezzare del Pane).

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In queste pagine potete trovare il commento alla liturgia domenicale e festiva secondo il RITO AMBROSIANO, curata da don Alberto Fusi.

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