1. La quinta domenica di Pasqua
Comincia a orientare l’attenzione orante della Chiesa al mistero dell’Ascensione del Signore ossia del suo ritorno al Padre culmine della Pasqua. Le lezioni bibliche offerte dal Lezionario sono: Lettura: Atti degli Apostoli 10,1-5.24.34-36. 44-48a; Salmo 65; Epistola: Filippesi 2,12-16; Vangelo: Giovanni 14,21-24. Nella Messa vigiliare del sabato viene proclamato Matteo 28,8-10 quale Vangelo della risurrezione.
2. Vangelo secondo Giovanni 14,21-24
In quel tempo. 21Il Signore Gesù disse ai discepoli: «Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui».
22Gli disse Giuda, non l’Iscariota: «Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi e non al mondo?». 23Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. 24Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato».
3. Commento liturgico-pastorale
Il brano oggi proclamato è preso dal primo lungo “discorso di addio” pronunciato da Gesù durante l’ultima cena consumata con i suoi discepoli nel cenacolo (13,33-14,31) e ne costituisce come il vertice a cui esso tende.
Prende avvio al v. 21 con l’iniziale precisazione relativa alla relazione d’amore con lui che possono intrattenere non solo i discepoli ma ogni uomo che tiene come norma di vita l’osservanza dei “comandamenti” dati da Gesù e che sono racchiusi nell’unico comandamento relativo all’amore del “fratello”. Un amore che, sul suo esempio, esige e arriva fino alla donazione della propria vita.
L’osservanza dei comandamenti del Signore è però resa possibile nell’uomo soltanto dall’iniziativa del tutto gratuita di Dio Padre che per primo ha dimostrato concretamente il suo “amore” per tutti noi nel “dare” il suo unico Figlio!
Accogliere con fede Gesù riconoscendo in lui il dono supremo della carità di Dio abilita il credente a sperimentare l’indicibile relazione d’amore che contraddistingue in maniera irripetibile quella del Padre e del suo unico Figlio. Egli, infatti, promette di “amare” coloro che “amandolo”, ossia credendo in lui e osservando i suoi comandamenti, sono oggetto della compiacenza e della carità del Padre. In concreto Gesù ama i “suoi” “manifestando” a essi proprio la sua relazione filiale con il Padre alla quale anch’essi sono chiamati.
La domanda dell’apostolo Giuda Taddeo (cfr. Matteo 10,3): «Signore come è accaduto che devi manifestarti a noi e non al mondo?» (v. 22) dimostra che inizialmente gli apostoli hanno faticato a comprendere come la “manifestazione” di Gesù che ha avuto il suo momento più alto nella Pasqua, sia in realtà destinata a raggiungere il “mondo” ossia ogni uomo che aprendo il suo cuore alla fede in Gesù, accoglie, di fatto, la sua “venuta” entrando in comunione con lui.
Anzi, come leggiamo al v. 23, con il Signore Gesù colui che, in obbedienza alla sua parola vive nella carità, entra anche in comunione con il Padre diventando addirittura “dimora” del Padre e del Figlio, vero tempio e casa di Dio.
Questa è la prospettiva aperta per ogni uomo dalla Pasqua del Signore. Da allora la comunità dei credenti dovrà continuamente annunciare la Parola e attualizzare la Pasqua “manifestazione” definitiva al mondo dell’“amore” del Padre e del Figlio e potente appello ad accogliere il dono della carità divina che vuole “dimorare” stabilmente in coloro che lo accolgono.
La Lettura ci offre una esemplificazione concreta di tutto ciò nella vicenda di «Cornelio, centurione della coorte detta Italica» (Atti degli Apostoli 10,1) nella quale l’apostolo Pietro può facilmente riconoscere che «Dio non fa preferenza di persona, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione appartenga» (vv 34-35).
E' un linguaggio diverso per dire ciò che abbiamo letto nel brano evangelico: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui» (Giovanni 14,23). Cornelio, infatti, nel quale Dio stesso ha suscitato «il volere e l'operare secondo il suo disegno di amore» (cfr. Epistola: Filippesi 2,13) ha “osservato” la parola del Signore facendo «molte elemosine al popolo e pregava sempre Dio» (Atti degli Apostoli 10,2) vivendo cioè il comandamento della “carità”.
La celebrazione eucaristica nella quale «Gli angeli stanno attorno all’altare e Cristo porge il Pane dei santi e il Calice di vita» (Canto Alla Comunione) è lo spazio santo nel quale viene “manifestato” ai nostri occhi, nel segno sacramentale del pane e del vino, il Signore Gesù nell’atto di compiere la sua donazione filiale al Padre che fonda e motiva non solo la nostra salvezza ma la nostra stessa capacità di “amarlo” e, in lui, arrivare all’esperienza decisiva e ultima: quella della nostra relazione filiale con Dio.
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