24 aprile 2011 – Domenica di Pasqua


1. La Domenica “Nella Risurrezione del Signore”    

Prende avvio con la celebrazione eucaristica culmine della grande Veglia pasquale, cuore e centro dell'intero anno liturgico, nel quale la Chiesa rivive ogni anno il mistero della salvezza portato a compimento proprio nella morte e risurrezione del Signore. La tradizione propria della nostra Chiesa ambrosiana prevede, per questa domenica, “la festa che dà origine a tutte le feste” (Prefazio) due distinte celebrazioni: la “Messa per i battezzati” da celebrare qualora vi fossero dei battesimi e la “Messa nel giorno” sulla quale ora ci soffermiamo. Per questa celebrazione sono previste le seguenti lezioni bibliche: Lettura: Atti degli Apostoli 1,1-8a; Salmo 117; Epistola 1Corinzi 15,3-10a; Vangelo: Giovanni 20,11-18.    


2. Vangelo secondo Giovanni 20,11-18    

In quel tempo. 11Maria di Magdala stava all’esterno, vicino al sepolcro, e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro 12e vide due angeli in bianche vesti, seduti l’uno dalla parte del capo e l’altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. 13Ed essi le dissero: «Donna, perché piangi?». Rispose loro: «Hanno portato via il mio Signore e non so dove l’hanno posto». 14Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù, in piedi; ma non sapeva che fosse Gesù. 15Le disse Gesù: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?». Ella, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: «Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove l’hai posto e io andrò a prenderlo». 16Gesù le disse: «Maria!». Ella si voltò e gli disse in ebraico: «Rabbunì!» - che significa: «Maestro!». 17Gesù le disse: «Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va’  dai miei fratelli e dì loro: “Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”». 18Maria di Magdala andò ad annunciare ai discepoli: «Ho visto il Signore!» e ciò che le aveva detto.    


3. Commento liturgico-pastorale    

Il brano odierno segue immediatamente il racconto della “corsa” fatta al sepolcro da Pietro e Giovanni ai quali proprio Maria di Magdala recatasi di buon mattino al sepolcro aveva annunziato: «Hanno portato via il Signore dalla tomba e non sappiamo dove l’hanno posto!» (20,1-10).

Sono due racconti che intendono proporre, a partire dall’esperienza degli Apostoli e di Maria, una catechesi idonea a suscitare e ad accrescere la fede in Gesù quale unico Signore! Quello di Maria al sepolcro presenta anzitutto il suo dialogo con “due angeli in bianche vesti” (vv. 12-13) e quello con Gesù che Maria però non riconosce (vv. 14-15) fino a che il Signore stesso la chiama per nome e si fa riconoscere (v. 16).

Sorprende il fatto che Maria, totalmente sopraffatta dal dolore per la morte prima e ora per la scomparsa del corpo di Gesù, non avverta nei due suoi interlocutori, che lei tratta come persone qualsiasi, la presenza di creature angeliche. Le loro vesti bianche e la loro posizione: «seduti l’uno dalla parte del capo e l’altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù» (v. 12) segnalano infatti la loro origine celeste che Maria, però, non riesce a cogliere perché pur amando più di sé stessa il Signore questi, alla fine, è oramai solo un corpo esanime. Tutto ciò rappresenta in questa donna una fede ancora non piena destinata a diventare tale solo con l’incontro con il Risorto.

L'iniziale equivoco di Maria che scambia Gesù con il “custode del giardino” (v. 15) sta a dire che il Risorto è certamente il Maestro che ella ha conosciuto e amato, ma ora egli non è più di questo mondo e, pertanto, c’è bisogno che lui si manifesti per poterlo “riconoscere” nella sua nuova condizione di vita. In una parola Gesù non va più cercato, come fa Maria, tra i “morti” ma nella sua nuova identità di Figlio “glorificato”.

Per questo Gesù, chiamando Maria con il suo nome, la costringe ad andare oltre la sua morte e a riconoscerlo finalmente come “vivente”. Ciò è reso evidente nel grido della donna: “Rabbuni!” il titolo cioè con il quale si è sempre rivolta al Signore. è il grido del riconoscimento di fede oramai piena e definitiva: il Maestro che lei ha visto pendere dalla croce e deporre nel sepolcro è ora “vivente”!

Le parole consegnate a Maria per i discepoli, che il Signore “glorificato” chiama “miei fratelli”, costituiscono l’apice dell’intero racconto: «Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro» (v.17). Con questo solenne messaggio afferma che la sua “salita” al Padre, vale a dire la sua “esaltazione” e “glorificazione” avviata con la “salita” sulla croce sta per diventare definitiva anche nelle conseguenze riguardanti i discepoli e tutti coloro che, lungo i secoli, crederanno in lui.

Questi, infatti, d’ora in poi potranno con lui chiamare Dio “Padre”, assumendo così una vera relazione filiale ed entrando in quel rapporto di amore che unisce il Padre e il Figlio dall’eternità.

Trova così risposta la domanda formulata dagli Apostoli al Risorto: «Signore, è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele?» (Lettura: Atti degli Apostoli 1,6). Nella sua “salita” al Padre Gesù non ha ricostituito il “regno” per una nazione soltanto, ma in lui tutte le genti possono rivolgersi a Dio come al loro Dio, il Dio che assicura a essi la sua Alleanza che non verrà mai meno perché inaugurata ed «esaltata nel Sangue del Signore» (Prefazio).

L’annunzio che Maria deve recare ai discepoli divenuti “fratelli” è l’annunzio che la Chiesa, comunità dei credenti deve recare a tutti gli uomini: l’“esaltazione” del Signore nella sua Pasqua di morte e di risurrezione li ha tratti “dall’abisso del peccato” e li ha fatti entrare “nel regno dei cieli” (Prefazio). L’apostolo Paolo lo ha così sinteticamente trasmesso: «A voi infatti ho trasmesso, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto, cioè che Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture e che fu sepolto e che è risorto il terzo giorno secondo le Scritture» (Epistola: 1Corinzi 15,3-4).

La celebrazione eucaristica ha trasmesso e continua a trasmettere non solo l’annunzio evangelico del Vivente proclamato nelle Divine Scritture ma a rendere continuamente viva e attuale la sua presenza che dona ai credenti un’esperienza sempre più profonda dell’Alleanza con Dio, ovvero di crescere in quella comunione d’amore filiale con lui fino alla pienezza. A tutti, perciò, è rivolto l’invito: «O popoli, venite con timore e fiducia a celebrare l’immortale e santissimo mistero. Le mani siano pure e avremo parte al dono che ci trasforma il cuore. Cristo, agnello di Dio, si è offerto al Padre, vittima senza macchia. Lui solo adoriamo, a lui diciamo gloria, cantando con gli angeli: Alleluia» (Alla Comunione).

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In queste pagine potete trovare il commento alla liturgia domenicale e festiva secondo il RITO AMBROSIANO, curata da don Alberto Fusi.

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