È dedicata a illuminare il mistero del male e del peccato presente nel mondo e in ogni uomo dal quale Dio, in Cristo Crocifisso e Risorto, ci dona di essere liberati.
Il Lezionario
Prevede la proclamazione dei seguenti brani biblici: Lettura: Genesi 18,17-21; 19,1.12-13.15.23-29; Salmo 32 (33); Epistola: 1Corinzi 6,9-12; Vangelo: Matteo 22,1-14. Alla Messa vespertina del sabato viene proclamato Luca 24,9-12 quale Vangelo della Risurrezione. (Le orazioni e i canti per la Messa sono quelli della XII domenica del Tempo «per annum» del Messale Ambrosiano).
Lettura del libro della Genesi (18,17-21; 19,1.12-13.15.23-29)
In quei giorni. 17Il Signore diceva: «Devo io tenere nascosto ad Abramo quello che sto per fare, 18mentre Abramo dovrà diventare una nazione grande e potente e in lui si diranno benedette tutte le nazioni della terra? 19Infatti io l’ho scelto, perché egli obblighi i suoi figli e la sua famiglia dopo di lui a osservare la via del Signore e ad agire con giustizia e diritto, perché il Signore compia per Abramo quanto gli ha promesso». 20Disse allora il Signore: «Il grido di Sòdoma e Gomorra è troppo grande e il loro peccato è molto grave. 21Voglio scendere a vedere se proprio hanno fatto tutto il male di cui è giunto il grido fino a me; lo voglio sapere!».
1I due angeli arrivarono a Sòdoma sul far della sera, mentre Lot stava seduto alla porta di Sòdoma. Non appena li ebbe visti, Lot si alzò, andò loro incontro e si prostrò con la faccia a terra.
12Quegli uomini dissero allora a Lot: «Chi hai ancora qui? Il genero, i tuoi figli, le tue figlie e quanti hai in città, falli uscire da questo luogo. 13Perché noi stiamo per distruggere questo luogo: il grido innalzato contro di loro davanti al Signore è grande e il Signore ci ha mandato a distruggerli».
15Quando apparve l’alba, gli angeli fecero premura a Lot, dicendo: «Su, prendi tua moglie e le tue due figlie che hai qui, per non essere travolto nel castigo della città».
23Il sole spuntava sulla terra e Lot era arrivato a Soar, 24quand’ecco il Signore fece piovere dal cielo sopra Sòdoma e sopra Gomorra zolfo e fuoco provenienti dal Signore. 25Distrusse queste città e tutta la valle con tutti gli abitanti delle città e la vegetazione del suolo. 26Ora la moglie di Lot guardò indietro e divenne una statua di sale.
27Abramo andò di buon mattino al luogo dove si era fermato alla presenza del Signore; 28contemplò dall’alto Sòdoma e Gomorra e tutta la distesa della valle e vide che un fumo saliva dalla terra, come il fumo di una fornace.
29Così, quando distrusse le città della valle, Dio si ricordò di Abramo e fece sfuggire Lot alla catastrofe, mentre distruggeva le città nelle quali Lot aveva abitato.
Il brano riporta l’annuncio e quindi l’effettiva distruzione delle città di Sodoma e Gomorra di cui Dio ha constatato tutto il male in esse compiuto (vv. 20-21). Da quella distruzione scampò soltanto Lot nipote di Abramo insieme con la sua famiglia dopo essere stato avvisato da due angeli messaggeri di Dio (vv. 12-13.15). I vv. 23-26 raccontano la distruzione delle due città e il fatto curioso della moglie di Lot che, nonostante l’esplicita proibizione (v. 17), voltatasi a guardare ciò che avveniva in esse, fu trasformata in una statua di sale (v.26).
Prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi (6,9-12)
9Fratelli, non sapete che gli ingiusti non erediteranno il regno di Dio? Non illudetevi: né immorali, né idolatri, né adùlteri, né depravati, né sodomiti, 10né ladri, né avari, né ubriaconi, né calunniatori, né rapinatori erediteranno il regno di Dio. 11E tali eravate alcuni di voi! Ma siete stati lavati, siete stati santificati, siete stati giustificati nel nome del Signore Gesù Cristo e nello Spirito del nostro Dio.
12«Tutto mi è lecito!». Sì, ma non tutto giova. «Tutto mi è lecito!». Sì, ma non mi lascerò dominare da nulla.
I versetti oggi proclamati concludono l’insegnamento impartito dall’Apostolo alla turbolenta comunità di Corinto sulla questione dei litigi tra fedeli di quella città inclini ad adire ai tribunali civili e, dunque, pagani. Per questo l’Apostolo li esorta a sopportare qualche ingiustizia e, a tale riguardo, fornisce un elenco di vizi che rende, quanti in essi vi cadono, ingiusti agli occhi di Dio e, perciò, incompatibili con il suo Regno (vv. 9-10). Al v. 11, Paolo afferma che i cristiani sono stati lavati da tali vizi nell’immersione battesimale nel nome del Signore Gesù e, di conseguenza, sono in grado di non farsi dominare da essi.
Lettura del Vangelo secondo Matteo (22,1-14)
In quel tempo.1Il Signore Gesù riprese a parlare loro con parabole e disse: 2«Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. 3Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. 4Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. 5Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; 6altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. 7Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. 8Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; 9andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. 10Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. 11Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. 12Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. 13Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. 14Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».
Come le precedenti parabole dei due figli (21,28-32) e dei vignaioli omicidi (21,33-44), anche questa degli invitati a nozze vuole stigmatizzare il rifiuto da parte dei capi del popolo d’Israele di riconoscere Gesù come l’atteso inviato di Dio. La parabola è diretta perciò ad essi (v. 1) e si presenta divisa in due parti: vv. 2-7 e vv. 8-13, con una sentenza conclusiva (v. 14).
La prima parte ambienta la parabola in una festa di nozze organizzata da un re per suo figlio. Segue un primo invio di servi a chiamare gli invitati che, però, rifiutano di partecipare (v. 3) e un secondo invito integrato da istruzioni del re sul banchetto oramai pronto (v. 4). Alcuni invitati si limitano a ignorare l’invito, altri invece giungono a uccidere gli inviati del re che reagisce facendo uccidere a sua volta quegli assassini (v. 7).
La seconda parte si apre con un terzo invio di servi da parte del re con l’ordine di invitare alle nozze chiunque incontrassero per via al fine di riempire la sala di commensali (v. 8-10). I vv. 11-13 riportano l’inattesa ispezione da parte del re dei commensali e l’espulsione dalla sala di uno di essi senza l’abito nuziale.
Commento liturgico-pastorale
Questa IV domenica pone in risalto la misteriosa presenza del peccato nel mondo e in ogni uomo. Presenza che, come insegna l’Apostolo, esclude chi lo commette dall’aver parte al regno di Dio (Epistola: 1Corinzi,9-10), ovvero dalla salvezza, anzi su di esso piomba il giudizio di Dio, come è efficacemente detto nel racconto della distruzione di Sodoma e di Gomorra, emblema di perversione e di peccato, sulle quali «fece piovere dal cielo zolfo e fuoco», segni, appunto, dell’irresistibile giudizio divino (Lettura, Genesi 19, 24).
La parabola evangelica, detta dal Signore Gesù in polemica con le autorità del suo tempo, evidenzia come l’incredulità sia il peccato che acceca completamente l’uomo e rende il suo cuore ostinato nel respingere ogni tentativo di Dio di chiamarlo a salvezza.
È il peccato che ha condotto alla persecuzione dei profeti e che annunzia quella a cui andranno incontro i missionari del Regno di Dio raffigurati nei servi inascoltati, insultati e uccisi della parabola evangelica (Vangelo: Matteo 22,6).
È il peccato che, ieri come oggi, caratterizza quanti si chiudono nella loro presunzione di autosufficienza e rifiutano così di accogliere nell’umile Maestro di Nazaret la manifestazione della volontà di universale salvezza che si concretizza nel ridonare ai peccatori «la primitiva ricchezza che nella disobbedienza della colpa era andata perduta» (Prefazio), vale a dire la partecipazione alla vita divina che è l’eredità del regno di Dio ( 1Corinzi, 6,10).
È il peccato che può purtroppo continuare a segnare perfino quanti sono «stati lavati, santificati, giustificati nel nome del Signore Gesù Cristo e nello Spirito del nostro Dio» (1Corinzi,6,11) ossia tutti noi che, per la fede e i sacramenti, facciamo parte della Chiesa, popolo santo di Dio.
In essa, nel corso dei tempi, Dio tollera che crescano insieme «cattivi e buoni» (Matteo 22,10), ma la definitiva partecipazione alla festa della salvezza eterna, di cui la celebrazione eucaristica è annuncio e anticipazione, è condizionata dall’“abito nuziale” del quale occorre farsi trovare rivestiti (cfr. Matteo 22,11-12). Per i discepoli del Regno l’abito nuziale è la loro stessa vita vissuta all’insegna dell’obbedienza filiale al volere divino che il Signore Gesù ci ha detto essere tutto racchiuso nel precetto della carità fraterna specialmente verso i piccoli e quanti sono considerati ultimi nella considerazione altrui.
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