25 Dicembre 2011 – Natale del Signore


Viene celebrato a partire dalla solenne Liturgia vigiliare nel pomeriggio del 24 dicembre, nella Messa “nella notte” , “all’aurora” e in quella “nel giorno” che qui proponiamo.


Il Lezionario

Per la Messa “nel giorno” di Natale che, nella tradizione liturgica della nostra Chiesa ambrosiana è quella caratterizzata da una maggiore solennità, sono prescritti i seguenti brani biblici: Lettura: Isaia 8,23b-9,6a; Salmo 95 (96); Epistola: Ebrei 1,1-8a; Vangelo: Luca 2,1-14.


Lettura del profeta Isaia (8,23b-9,6a)

23bIn passato il Signore Dio umiliò la terra di Zàbulon e la terra di Nèftali, ma in futuro renderà gloriosa la via del mare, oltre il Giordano, Galilea delle genti. 1Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse. 2Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia. Gioiscono davanti a te come si gioisce quando si miete e come si esulta quando si divide la preda. 3Perché tu hai spezzato il giogo che l’opprimeva, la sbarra sulle sue spalle, e il bastone del suo aguzzino, come nel giorno di Madian. 4Perché ogni calzatura di soldato che marciava rimbombando e ogni mantello intriso di sangue saranno bruciati, dati in pasto al fuoco. 5Perché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il potere e il suo nome sarà: Consigliere mirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace. 6Grande sarà il suo potere e la pace non avrà fine sul trono di Davide e sul suo regno, che egli viene a consolidare e rafforzare con il diritto e la giustizia, ora e per sempre.

Il brano profetico è inserito nella sezione denominata “Il Libro dell’Emmanuele”, che occupa i capitoli dal 6 al 12. In particolare il v. 23 annunzia un futuro glorioso capace di riscattare le regioni del nord della Palestina (Zàbulon e Nèftali) da un’esperienza di oppressione e di umiliazione. Segue, con il capitolo 9 un oracolo con il quale tale riscatto è annunziato come l’apparizione di una “grande luce” che provoca gioia ed esultanza nel popolo (v. 2). Si tratta, in realtà, dell’intervento liberatore di Dio per porre fine all’oppressione che grava sul popolo (v. 3) e soprattutto alla violenza della guerra (v. 4). I vv. 5-6 annunciano la nascita di un bambino, al quale sarà dato ogni potere insieme al trono e al regno di Davide destinato, con lui, a durare per sempre.


Lettera agli Ebrei (1-1-8a)

Fratelli, 1Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti, 2ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha stabilito erede di tutte le cose e mediante il quale ha fatto anche il mondo. 3Egli è irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza, e tutto sostiene con la sua parola potente. Dopo aver compiuto la purificazione dei peccati, sedette alla destra della maestà nell’alto dei cieli, 4divenuto tanto superiore agli angeli quanto più eccellente del loro è il nome che ha ereditato. 5Infatti, a quale degli angeli Dio ha mai detto: «Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato»? E ancora: «Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio»? 6Quando invece introduce il primogenito nel mondo, dice: «Lo adorino tutti gli angeli di Dio». 7Mentre degli angeli dice: «Egli fa i suoi angeli simili al vento, e i suoi ministri come fiamma di fuoco», 8al Figlio invece dice: «Il tuo trono, Dio, sta nei secoli dei secoli».

Il brano riporta quasi per intero il prologo della Lettera e si apre con la solenne affermazione dei vv. 1-2 riguardante il fatto che Dio non “parla” più tramite suoi portavoce quali sono stati i profeti ma tramite il Figlio incarnato. Il v. 3 esprime l’identità della natura divina pur nella distinzione delle Persone tra il Padre e il Figlio descritto come «irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza». Del Figlio viene detta in sintesi l’opera salvifica da lui compiuta venendo al mondo e che si conclude con la sua intronizzazione «alla destra della Maestà nell’alto dei cieli». I vv. 5-8, infine, attraverso continui ricorsi a citazioni scritturistiche veterotestamentarie, evidenziano l’unicità del Cristo che è il Figlio, il Primogenito, al quale il Padre consegna il trono «nei secoli dei secoli», e dunque la sua superiorità sugli angeli e su ogni creatura.


Lettura del Vangelo secondo Luca (2,1-14)

1In quei giorni. Un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. 2Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. 3Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città. 4Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nazaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme; egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. 5Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. 6Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. 7Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio. 8C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. 9Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, 10ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: 11oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. 12Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia». 13E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva: 14«Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini che gli ama».

Nei vv. 1-3 l’evangelista offre alcune coordinate storico-geografiche nelle quali colloca il racconto della natività del Signore. Il censimento deciso dall’imperatore romano obbliga Giuseppe a recarsi con Maria sua sposa a Betlemme, la città che ha dato i natali a Davide dal quale egli discende. In tal modo la nascita del Signore è collocata nell’alveo delle promesse fatte da Dio a Davide e alla sua “casa” (vv. 4-5) e delle quali è compimento.

Il racconto vero e proprio della nascita del Signore, in verità assai stringato, occupa i vv. 6-7 e ne sottolinea l’estrema povertà. I vv. 8-12 riportano l’apparizione nella notte dell’angelo del Signore ai pastori, ai quali viene dato per primi l’annunzio del “vangelo”, vale a dire della bella e buona notizia riguardante la nascita di un bambino qualificato come “salvatore”, “Cristo” ossia Messia e “Signore”.

Il racconto si conclude ai vv. 13-14 con l’apparizione ai pastori di «una moltitudine dell’esercito celeste» che con riferimenti biblici proclamano la “glorificazione” di Dio e la pace per gli uomini (cfr. Zaccaria 1,79) oggetto della benevolenza divina resa visibile e tangibile proprio nella natività del suo unico Figlio.


Commento liturgico-pastorale

Nella preghiera Dopo la Comunione domandiamo a Dio di «intuire con fede più penetrante la bellezza salvifica» del mistero della natività del Signore «e di possederne la grazia con amore più vivo». Più in generale sono proprio i testi del Messale che sintetizzano in maniera insuperabile il contenuto dei brani biblici oggi proclamati a darci l’opportunità di intuire con l’intelligenza della fede il mistero salvifico oggi celebrato.

La natività del Signore è dunque anzitutto un mistero, ovvero un evento centrale della storia della salvezza che procede dal disegno divino gradualmente rivelato nelle Scritture. Esso rappresenta qualcosa di inimmaginabile per noi uomini. Dal momento della sua incarnazione nel seno della Vergine il Figlio di Dio accetta di condividere con noi la condizione di uomo permettendo in tal modo all’uomo di diventare «partecipe della vita divina» (Orazione A Conclusione della Liturgia della Parola).

Tale partecipazione produce in noi una più intima conformazione a Cristo, che proprio con la sua nascita «ha innalzato l’uomo accanto a sé nella gloria» (Orazione Sui Doni), ossia all’esperienza del rapporto filiale con il Padre (Orazione All’Inizio dell’Assemblea Liturgica). Tutto ciò va sperimentato «con amore più vivo» proprio a partire dall’esperienza liturgica del mistero. In essa, infatti, partecipando al pane e al vino eucaristici, diveniamo sempre più partecipi della vita divina in Cristo, sempre più conformi a lui nella relazione filiale con il Padre e, dunque, suoi familiari ed eredi.

Che cosa comporti tutto ciò nella vita concreta di ogni uomo è facile intuirlo. Il Natale è anzitutto fondamento della dignità dell’uomo, della sua sacralità e inviolabilità. Questo perché il Verbo è diventato uomo! Il Natale è fondamento del nostro indistruttibile legame con il Figlio fatto uomo. Lui e noi una sola cosa. A lui abbiamo dato la nostra umanità, lui ci ha dato la sua divinità. Il Natale è fondamento della nostra condizione di figli, su cui si poggia e cresce la convinzione di prendere parte un giorno alla comunione di vita perenne con il Padre, con Dio.

Il Natale è fondamento della fraternità umana. Tutti figli nel Figlio e, perciò, tutti fratelli in Cristo Signore. Esemplare nell’intuizione di fede del mistero e nel vivere la grazia che da esso proviene è la Vergine Maria che «credette alla parola dell’angelo e concepì il Verbo in cui aveva creduto» (Prefazio). A lei, la Madre, diciamo con l’esultanza del cuore: «Gioisci, piena di grazia, il Signore è con te. Tu sei l’esultanza degli angeli, sei la Vergine madre, la gioia dei profeti! Tu, per l’annuncio dell’angelo, generasti la gioia del mondo, il tuo Creatore e Signore. Gioisci perché fosti degna di essere madre di Cristo» ( Canto Alla Comunione)

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In queste pagine potete trovare il commento alla liturgia domenicale e festiva secondo il RITO AMBROSIANO, curata da don Alberto Fusi.

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