25-09-2011 – IV dopo il martirio del Battista


1. La quarta domenica “dopo il martirio” del Precursore
   

Offre la “testimonianza” al Signore Gesù il rivelatore del Padre, inviato e donato al  mondo come “pane di vita eterna”. Registriamo nel Lezionario le seguenti lezioni scritturistiche: Lettura: Isaia 63,19b-64,10; Salmo 76; Epistola: Ebrei 9,1-12; Vangelo: Giovanni 6,24-35. Le orazioni e i canti della Messa sono quelli della XXVI domenica del Tempo «per annum» nel Messale ambrosiano. Alla Messa vigiliare del sabato viene proclamato: Giovanni 20,11-18 quale Vangelo della risurrezione.    


2. Vangelo secondo Giovanni 6,24-35    

In quel tempo. 24Quando la folla vide che il Signore Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù. 25Lo trovarono di là dal mare e gli dissero: «Rabbì, quando sei venuto qua?».    
26Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. 27Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo». 28Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?». 29Gesù rispose loro: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato».    
30Allora gli dissero: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? 31I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: Diede loro da mangiare un pane dal cielo». 32Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. 33Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo». 34Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». 35Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!».
   


3. Commento liturgico-pastorale    

Il brano oggi proclamato introduce, di fatto, quello che viene comunemente indicato come il discorso sul “pane della vita” (6,35-59) avviato dal grande “segno” compiuto da Gesù nello sfamare oltre cinquemila persone con “cinque pani d’orzo e due piccoli pesci” (v. 9) che un ragazzo, tra la folla, recava con sé.

Si comprende, perciò, come la folla cercasse Gesù inseguendolo al di là del lago di Tiberiade alla volta di Cafarnao (v. 24) e, una volta trovatolo, intesse con lui un dialogo che, secondo lo stile narrativo dell’evangelista Giovanni, è tutto orientato alla domanda conclusiva del v. 34: «Signore, dacci sempre questo pane» che provoca la parola di rivelazione: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!» (v. 35).

In una prima risposta (vv. 26-27) Gesù invita i suoi interlocutori, che lo seguono al fine di ricevere ancora cibo gratuito e abbondante (v. 26), a darsi da fare (= operate): «non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna» (v. 27).

Parole misteriose che riguardano un “alimento” certamente non materiale e che può essere dato soltanto dal “Figlio dell'uomo”, vale a dire dal Messia consacrato a Dio dal suo “sigillo”, ossia dal suo Santo Spirito (v. 27).

Esse provocano negli interlocutori un’ulteriore domanda riguardante cosa devono compiere per «fare le opere di Dio» e così ricevere il «cibo che rimane per la vita eterna». La risposta di Gesù è lapidaria: «che crediate in colui che egli ha mandato» (v. 29). L’“opera” dunque da fare è accogliere e prestare fede all’inviato di Dio come suo unico rivelatore, ossia allo stesso Gesù.    
E' quanto comprendono gli interlocutori che sono disposti a credere in lui a patto però che faccia  un “segno” che lo accrediti appunto come tale (v. 30). Di qui la citazione scritturistica del “segno” dato da Mosè che nel deserto, fa piovere dal cielo la manna come “cibo”, compresa anche al tempo di Gesù come figura del dono della Legge che è data a Israele come vero nutrimento quotidiano.

Gesù, a questo punto, conduce ancora più in alto il dialogo con la solenne affermazione  introdotta dal duplice “In verità in verità io vi dico”, rivelando quale autore del dono del “pane dal cielo”, non un uomo per quanto grande come Mosè, ma Dio stesso e indicando nel segno del “pane” la persona stessa del suo Inviato (v. 33), incaricato non solo di nutrire Israele ma di “dare la vita” al mondo intero (v. 33).

Di qui la richiesta dei Galilei: «Signore dacci sempre questo pane» (v. 34) alla quale Gesù risponde con la solenne parola di auto-rivelazione: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!» (v. 35). Gesù pertanto non è solo in grado di ottenere da Dio il pane di vita eterna ma lui, in persona, è  quel “pane”!

È questa la “testimonianza” che accogliamo oggi dalla parola di Dio e che come comunità del Signore, ma anche come singoli credenti, dobbiamo saper trasmettere. Gesù, l’inviato dal Padre, il rivelatore del suo volto, è il pane di vita e di salvezza dato da Dio al mondo. Egli è la concreta risposta che, ieri come oggi, Dio dà all’umanità avvilita e umiliata dal potere del male e che a lui grida: «Se tu squarciassi i cieli e scendessi!» (Lettura: Isaia 63,19b).

Gesù è disceso dal cielo, è venuto dal Padre per strapparci al potere del male che fa dell’intera umanità, secondo la parola profetica, «una cosa impura, e come panno immondo sono tutti i nostri atti di giustizia; tutti siamo avvizziti come foglie, le nostre iniquità ci hanno portato via come il vento» (Isaia 64,5).

Gesù “pane di vita” è ora offerto e donato al mondo nell’attuazione liturgica della sua croce, vale a dire del suo sacrificio pasquale. Con esso egli ha posto fine ai sacrifici materiali dell’antica alleanza entrando «una volta per sempre nel santuario, non mediante il sangue di capri o di vitelli, ma in virtù del proprio sangue, ottenendo così una redenzione eterna» (Epistola: Ebrei 9,12).

Il segno perenne del suo sacrificio redentivo è il “pane eucaristico” che viene imbandito sull’altare perché chi crede ne mangi per avere fin da ora la “vita eterna” che è comunione con la vita divina. Si comprende, perciò, come sia decisivo per tutti i membri della Chiesa «restare in comunione con Cristo, nostro capo, nella fede e nelle opere» per poter «ritrovarci tutti partecipi della felicità eterna» (Orazione Dopo la Comunione) già sperimentata nel mistero eucaristico del “ pane di vita”.

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In queste pagine potete trovare il commento alla liturgia domenicale e festiva secondo il RITO AMBROSIANO, curata da don Alberto Fusi.

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