29 luglio 2012 – IX domenica dopo Pentecoste


Presenta il re Davide come figura profetica che, nel suo abbassarsi davanti a Dio, annunzia ciò che il Signore Gesù ha fatto nella sua Pasqua procurando per tutti salvezza e redenzione.

 

Il Lezionario

 

Riporta i seguenti testi biblici: Lettura: 2Samuele 6,12b-22; Salmo: 131 (132); Epistola: 1Corinzi 1,25-31; Vangelo: Marco 8,34-38. Alla Messa vespertina del sabato viene letto: Luca 24,13b.36-48 come Vangelo della Risurrezione. (Le orazioni e i canti della Messa sono quelli della XVII domenica del Tempo «per annum» del Messale Ambrosiano).

 

Lettura del secondo libro di Samuele (6,12b-22)

 

In quei giorni. 12bDavide andò e fece salire l’arca di Dio dalla casa di Obed-Edom alla Città di Davide, con gioia. 13Quando quelli che portavano l’arca del Signore ebbero fatto sei passi, egli immolò un giovenco e un ariete grasso. 14Davide danzava con tutte le forze davanti al Signore. Davide era cinto di un efod di lino. 15Così Davide e tutta la casa d’Israele facevano salire l’arca del Signore con grida e al suono del corno.

16Quando l’arca del Signore entrò nella Città di Davide, Mical, figlia di Saul, guardando dalla finestra vide il re Davide che saltava e danzava dinanzi al Signore e lo disprezzò in cuor suo. 17Introdussero dunque l’arca del Signore e la collocarono al suo posto, al centro della tenda che Davide aveva piantato per essa; Davide offrì olocausti e sacrifici di comunione davanti al Signore. 18Quando ebbe finito di offrire gli olocausti e i sacrifici di comunione, Davide benedisse il popolo nel nome del Signore degli eserciti 19e distribuì a tutto il popolo, a tutta la moltitudine d’Israele, uomini e donne, una focaccia di pane per ognuno, una porzione di carne arrostita e una schiacciata di uva passa. Poi tutto il popolo se ne andò, ciascuno a casa sua.20Davide tornò per benedire la sua famiglia; gli uscì incontro Mical, figlia di Saul, e gli disse: «Bell’onore si è fatto oggi il re d’Israele scoprendosi davanti agli occhi delle serve dei suoi servi, come si scoprirebbe davvero un uomo da nulla!». 21Davide rispose a Mical: «L’ho fatto dinanzi al Signore, che mi ha scelto invece di tuo padre e di tutta la sua casa per stabilirmi capo sul popolo del Signore, su Israele; ho danzato davanti al Signore. 22Anzi mi abbasserò anche più di così e mi renderò vile ai tuoi occhi, ma presso quelle serve di cui tu parli, proprio presso di loro, io sarò onorato!».

 

Il brano riporta il racconto del trasporto e definitivo collocamento in Gerusalemme, a opera del re Davide, dell’arca dell’alleanza fatta costruire da Mosè e che accompagnò il popolo nell’esodo dall’Egitto e nel suo insediamento nella terra promessa. Essa era considerata come il segno visibile della presenza di Dio tra il suo popolo. Il brano riferisce in particolare i gesti di culto resi da Davide come l’offerta di sacrifici di animali e della sua danza in onore del Signore che attirò il disprezzo di Mical, figlia di Saul, sua moglie (vv. 14-16). Il v. 20 riporta le parole di riprovazione di Mical dell’atteggiamento tenuto in pubblico da Davide e giudicato sconveniente per un re. I vv. 21-22 registrano la reazione di Davide dalla quale traspare il suo grande amore per Dio davanti al quale si dichiara pronto ad abbassarsi ancora di più .

 

Prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi (1,25-31)

 

Fratelli, 25ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini.

26Considerate infatti la vostra chiamata, fratelli: non ci sono fra voi molti sapienti dal punto di vista umano, né molti potenti, né molti nobili. 27Ma quello che è stolto per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i sapienti; quello che è debole per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i forti; 28quello che è ignobile e disprezzato per il mondo, quello che è nulla, Dio lo ha scelto per ridurre al nulla le cose che sono, 29perché nessuno possa vantarsi di fronte a Dio. 30Grazie a lui voi siete in Cristo Gesù, il quale per noi è diventato sapienza per opera di Dio, giustizia, santificazione e redenzione, 31perché, come sta scritto, «chi si vanta, si vanti nel Signore».

 

Nell’avvio della lettera l’Apostolo avanza la differenza tra la sapienza umana e la sapienza divina che si manifesta in Cristo crocifisso. Per la sapienza umana la Croce è stoltezza e debolezza. Al contrario in essa brilla una sapienza più sapiente di quella umana e una debolezza «più forte degli uomini» (v. 25). Il v. 26 fa capire che i primi credenti di Corinto provenivano dalle classi più povere e deboli proprio perché si manifestasse con più evidenza la sapienza e la potenza di Dio che sceglie «quello che è nulla» per ridurre al nulla la presunzione umana (vv. 27-28). I credenti, pertanto, non possano vantarsi di nulla perché il loro essere stati scelti e chiamati alla fede in Cristo e, dunque, alla salvezza, è opera esclusiva di Dio (vv. 29-31).

 

Lettura del Vangelo secondo Marco (8,34-38)

 

In quel tempo. 34Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, il Signore Gesù disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. 35Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà. 36Infatti quale vantaggio c’è che un uomo guadagni il mondo intero e perda la propria vita? 37Che cosa potrebbe dare un uomo in cambio della propria vita? 38Chi si vergognerà di me e delle mie parole davanti a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell’uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo con gli angeli santi».

 

Il testo riporta alcuni insegnamenti rivolti da Gesù alla folla e ai suoi discepoli riguardanti essenzialmente l’esigenza della fedeltà nella sequela. Il v. 34 elenca tre condizioni quali il rinnegare se stesso; il prendere la croce ossia essere pronto ad accettare le conseguenze più dure della fedeltà e, infine, la perseveranza nel seguire e nello stare con lui. Segue al v. 35 l’importante detto relativo al salvare e al perdere la propria vita, che comporta non solo la fine dell’esistenza, ma anche la fine della realtà più autentica dell’uomo. Questa potrà sopravvivere al di là della morte grazie alla fedeltà a Gesù e al suo Vangelo. I vv. 36-37 rappresentano quasi un commento al versetto precedente ponendo al di sopra dell’interesse dell’uomo la salvezza della propria vita! Il brano si conclude al v. 38 con la prospettiva del giudizio finale di riprovazione per coloro che, nella loro esistenza, hanno rifiutato Gesù e si sono vergognati di lui e del suo Vangelo.

 

Commento liturgico-pastorale

 

Un posto privilegiato tra i personaggi dell’Antico Testamento che preparano la venuta e la missione del Signore Gesù va certamente assegnato a Davide, successore di Saul nella guida di Israele quale re, e depositario delle divine promesse riguardanti il suo regno destinato a durare per sempre e la sua discendenza da cui Dio avrebbe suscitato il Messia.

Il passo della Lettura presenta Davide oramai saldo sul suo trono e desideroso di introdurre a Gerusalemme, la capitale del regno, l’Arca dell’alleanza, segno della presenza di Dio in mezzo al suo popolo. Il testo biblico coglie il re tutto intento a onorare Dio esprimendo con la danza la sua fede, il suo amore e tutta la gioia per la certezza della sua presenza e benefica vicinanza.

Egli, perciò, non trova disdicevole né umiliante per la sua funzione regale «danzare con tutte le sue forze davanti al Signore... cinto di un efod di lino» (Lettura: 2Samuele 6,14), cosa questa che gli attira il «disprezzo in cuor suo» di sua moglie (v. 16).

In tutto ciò Davide, pronto ad abbassarsi ancora di più (v. 22) per manifestare la sua fede e obbedienza a Dio, è figura profetica del Signore Gesù che, venendo a noi dal Cielo, si è “abbassato” assumendo la nostra stessa realtà umana fino alla morte obbrobriosa sulla Croce.

In essa, come dichiara l’Apostolo, che concentra e ricapitola in sé tutto ciò che è stolto, debole e ignobile e nulla per il mondo, si manifesta la superiore sapienza e potenza divina capace di «ridurre al nulla le cose che sono» (Epistola, 1Corinzi 1,28) e di recare invece «giustizia, santificazione e redenzione».

Coerentemente a ciò che Gesù ha fatto e poi ha insegnato, egli chiede espressamente a chi intende farsi suo discepolo di seguirlo sulla via dell’abbassamento ossia della disponibilità a «prendere la propria croce» condividendo il destino del Signore fino al rinnegamento di sé e, dunque, ad andare incontro alla morte così come alla scarsa considerazione di quanti, accogliendo la mentalità di questo mondo fondata sul potere, il successo, il dominio e l’orgogliosa autoaffermazione, seguono Mical, moglie di Davide, nell’atteggiamento di repulsione e di vergogna che li chiude, però, in una sterilità improduttiva (2Samuele 6,23).

Accogliendo le parole del Signore che, proprio nella celebrazione della sua passione e morte, ha voluto rendere perenne il suo abbassamento fino a «perdere la sua vita» per noi, ci sentiamo trafiggere intimamente in quanto colpiscono al cuore ciò che abbiamo di più caro: la nostra vita ossia l’amore esclusivo e smodato di sé che ci porta a vantarci, a ergerci, cioè, persino davanti a Dio e a cercare in tutti i modi di crescere nell’affermazione del nostro io, costi quel che costi.

Il rimedio contro questa pretesa e questo vanto che si fonda davvero sul “nulla” ci è dato nell’ascolto umile e sincero della Parola e soprattutto nel ricevere con piena consapevolezza il pane eucaristico che è il Corpo esanime del Signore nel quale è posta la potenza divina che da peccatori ci fa giusti, da estranei a Dio ci fa santi, da prigionieri e schiavi del potere delle tenebre ci fa liberi.

Perseveriamo, pertanto, nella sequela del Signore e nella progressiva spogliazione del nostro io perverso consapevoli che, dall’accettazione del nostro abbassamento, dipende il fiorire in noi della vita senza tramonto. Questa, peraltro, è la concreta testimonianza di vita che ogni fedele deve dare agli uomini del nostro tempo irretiti da una sapienza e da una forza mondane che, perciò, portano e riducono tutto al nulla (cfr. 1Corinzi 1,28) chi a esse si affida. Ci accompagni in questo cammino la preghiera che insieme abbiamo innalzato al Cielo Allo Spezzare del Pane:«Buono è il Signore con chi a lui si affida, si dona al cuore che lo ricerca. Chi si crede ricco è misero e patisce la fame, chi cerca il Signore non manca di nulla».

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In queste pagine potete trovare il commento alla liturgia domenicale e festiva secondo il RITO AMBROSIANO, curata da don Alberto Fusi.

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