30 maggio 2013 – SS. Corpo e Sangue di Cristo

Il Calendario liturgico proprio della nostra Chiesa ambrosiana fa celebrare l’odierna solennità nel suo giorno tradizionale, vale a dire il giovedì successivo a quella della Santissima Trinità. Essa ci invita a ravvivare la fede nella presenza del Signore Gesù nel pane e nel vino dell’Eucaristia. Una presenza da intendersi come “vera”, “reale” e “sostanziale”.

 

Il Lezionario

 

Registriamo le seguenti lezioni bibliche: Lettura: Genesi 14,18-20; Salmo 109 (110); Epistola: 1Corinzi 11,23-26; Vangelo: Luca 9,11b-17. (Le orazioni e i canti della Messa sono quelli propri della solennità nel Messale ambrosiano).

 

Lettura del libro della Genesi (14,18-20)

 

In quei giorni. 18Melchisedek, re di Salem, offrì pane e vino: era sacerdote del Dio altissimo 19e benedisse Abram con queste parole:

«Sia benedetto Abram dal Dio altissimo, / creatore del cielo e della terra, / 20e benedetto sia il Dio altissimo, / che ti ha messo in mano i tuoi nemici». / Ed egli diede a lui la decima di tutto.

 

I due versetti introducono il misterioso personaggio di Melchisedek (= il mio re è giustizia), re di Salem (= Gerusalemme) , del quale si dice che era «sacerdote del Dio altissimo», lo stesso Dio di Abram. Qui si parla dell’offerta di pane e vino da lui fatta ad Abram, su cui invoca la benedizione divina.

 

Prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi (11,23-26)

 

Fratelli, 23io ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane 24e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: «Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me». 25Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me».26 Ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga.

 

I versetti, qui riportati, fanno parte di un più ampio contesto nel quale l’Apostolo dà particolareggiate disposizioni su come celebrare la «cena del Signore» (vv. 17-34). In particolare Paolo afferma che quanto sta per “trasmettere” è ciò che egli stesso ha “ricevuto” (v. 23). Segue il racconto della “cena”, nella quale il Signore pronunzia sul pane (v. 24) e quindi sul calice (v. 25) la benedizione con le parole che ne fanno rispettivamente il «suo corpo» e il «suo sangue» e l’ingiunzione di fare ciò in sua memoria. Il v. 26, infine, chiarisce che mangiando il pane e bevendo al calice i credenti ripresenteranno la morte redentrice del Signore.

 

Lettura del Vangelo secondo Luca (9,11b-17)

 

In quel tempo. Il Signore 11bprese a parlare alle folle del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure.

12Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo, qui siamo in una zona deserta». 13Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». 14C’erano infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». 15Fecero così e li fecero sedere tutti quanti. 16Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla. 17Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.

 

Il racconto è inserito nel più ampio insegnamento di Gesù sul regno di Dio e nel racconto della  sua opera di guarigione dei malati (v. 11b). Intervengono per primi i Dodici che chiedono a Gesù di congedare la folla che lo segue (v. 12). A essi, in modo sorprendente, Gesù risponde ordinando di sfamare loro stessi la folla, cosa ritenuta impossibile dagli Apostoli (vv. 13-14). I vv. 14-16 riportano il comando di Gesù circa la composizione ordinata della folla, i suoi gesti sul pane e sui pesci accompagnati dalla preghiera di benedizione e la loro distribuzione alla moltitudine. Il v. 17, infine, sottolinea l’abbondanza del cibo procurato da Gesù e capace di sfamare fin oltre la sazietà: sono infatti dodici le ceste di avanzi.

 

Commento liturgico-pastorale

 

L’odierna solennità del Signore, istituita nel Medioevo per rafforzare tra i fedeli la convinzione di fede nella presenza reale del Signore Gesù nel pane e nel vino della Messa, è un’ulteriore occasione per penetrare con sguardo pieno di amore e di ammirato stupore nel grande mistero dell’Eucaristia.

Ci guida la Parola divina che ancora una volta ci consegna ciò che il Signore ha fatto nell’ultima Cena consumata con i suoi discepoli prima di consegnarsi alla morte di Croce.

La consegna ci arriva per bocca dell’apostolo Paolo il quale ha «ricevuto dal Signore» stesso quanto ha poi incessantemente trasmesso alle generazioni dei credenti fino ad oggi (Epistola: 1Corinzi 11,23). La consegna riguarda le parole e i gesti compiuti dal Signore sul pane e sul calice rispettivamente designati come il suo corpo e come il suo sangue, quello dell’Alleanza nuova ed eterna tra Dio e l’uomo (v. 25) e l’ingiunzione: «Fate questo in memoria di me» (v. 25). 

L’ordine, si badi, è quello di ripetere i suoi stessi gesti e le sue stesse parole sul pane e sul calice «in memoria di me», al fine di ripresentare nel pane e nel vino, la sua morte, ossia l’evento fondativo della salvezza.

Nella sua morte evocata nel pane e nel vino, segni sacramentali del suo corpo offerto e del suo sangue versato, il mondo è redento, riscattato dalla condizione di totale sottomissione al potere delle tenebre, le colpe cancellate e rimesse, l’uomo è restituito alla comunione con Dio distrutta dal peccato in un vincolo indistruttibile perché sigillato nel sangue del suo Figlio.

Il testo evangelico, incentrato sull’evento prodigioso della moltiplicazione dei pani e dei pesci, mette in luce come il Signore, sfamando la folla con un cibo materiale, intende annunciare il dono di un cibo spirituale che egli darà e che è il suo Corpo e il suo Sangue significati nel pane e nel vino profeticamente offerti da Melchisedek, misterioso re di Salem, ad Abramo e accompagnati da una preghiera di benedizione al Dio Altissimo (cfr. Lettura: Genesi 14).

Nell’Eucaristia è lo stesso Signore Gesù a procurare agli uomini che lo seguono e lo cercano tra le asperità della vita, un cibo che dà forza e una bevanda che lava ogni colpa (cfr. Prefazio II). Un cibo inesauribile, dato in sovrabbondanza e senza misura perché «una sola fede illumini e una sola carità riunisca l’umanità diffusa su tutta la terra» (Prefazio I).

Questo è ciò che noi fedeli abbiamo ricevuto e che noi dobbiamo a nostra volta trasmettere: nel Corpo e nel Sangue del Signore Gesù c’è pace, vita, salvezza, riconciliazione, nutrimento per una vita senza tramonto.

Notiamo, infine, come Gesù, alla dichiarazione di impotenza dei Dodici a dare da mangiare alla folla che lo seguiva (Luca 9,13), reagisce procurando lui stesso il cibo necessario ma lo affida ad essi perché lo distribuissero alla moltitudine (v. 16).

La Chiesa, raffigurata nei Dodici, ha sempre a disposizione il “cibo celeste” e lo distribuisce con totale generosità perché tutti assaporino la bontà del Signore e vivano nella riconciliazione e nella sua pace.

Al Signore Gesù che riconosciamo nel pane e nel vino dell’altare diciamo con fede: «Ti lodiamo, Signore onnipotente, glorioso  re di tutto l’universo. Ti benedicono gli angeli e gli arcangeli, ti lodano i profeti con gli apostoli. Noi ti lodiamo, o Cristo, a te prostrati, che venisti a redimere i peccati. Noi ti invochiamo, o grande Redentore, che il Padre ci mandò come pastore. Tu sei il Figlio di Dio, tu il Messia che nacque dalla Vergine Maria. Dal tuo prezioso sangue inebriati, fa’ che siam da ogni colpa liberati» (canto Alla Comunione).

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In queste pagine potete trovare il commento alla liturgia domenicale e festiva secondo il RITO AMBROSIANO, curata da don Alberto Fusi.

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