1. La partecipazione delle genti alla salvezza
È il titolo assegnato a questa domenica che orienta a cogliere il peculiare messaggio delle odierne Scritture destinate a illuminare il “mistero” della Chiesa di cui tutti siamo membra. Il Lezionario prevede per questo le seguenti lezioni bibliche: Lettura: Isaia 25,6-10a; Salmo 35; Epistola: Romani 4,18-25; Vangelo: Matteo 22,1-14. Viene proclamato Marco 16,9-16 quale Vangelo della risurrezione nella Messa vigiliare del sabato. Le orazioni e i canti sono presi dalla XXXI domenica del Tempo «per annum» nel Messale ambrosiano.
2. Vangelo secondo Matteo 22,1-14
In quel tempo. 1Il Signore Gesù riprese a parlare loro con parabole e disse: 2«Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. 3Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. 4Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. 5Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; 6altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. 7Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. 8Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; 9andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. 10Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. 11Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. 12Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. 13Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. 14Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».
3. Commento liturgico-pastorale
Il brano evangelico riporta l’ultima delle tre parabole sul rifiuto del regno dei Cieli (21,28-46; 22,1-14) pronunciate da Gesù in polemica con i capi del popolo. La parabola, caratterizzata da subito come parabola del Regno (v 2), si sviluppa in tre momenti narrativi: il primo (vv 2-6) riguarda l’invito del re alla festa nuziale «per suo figlio» e il rifiuto da parte degli invitati potremmo dire “ufficiali”.
Il secondo momento (vv 7-10) registra la reazione violenta del re e l’estensione dell’invito a gente di per sé estranea la quale accetta volentieri. Il terzo momento (vv 11-13) riporta la scena drammatica dell’ingresso del re nella sala di nozze e l’espulsione di un commensale privo dell’«abito nuziale».
Il v 14, infine, è rappresentato da una massima che aiuta a capire il senso della parabola. Questa nell’immagine del banchetto di nozze del figlio del re allude a Gesù quale Messia inviato da Dio anzitutto al suo popolo Israele per impiantare il regno dei Cieli.ù
Negli invitati che rifiutano l’invito loro rivolto dai “servi” del re nei quali possiamo ravvedere i Profeti, sono indicati i capi del popolo anzitutto e, più in generale, l’intero popolo d’Israele che è l’invitato potremmo dire di “diritto” al Regno. La reazione sdegnata e violenta del re rappresenta il “giudizio” pronunziato da Dio sul suo popolo incredulo.
Al “giudizio” segue la decisione del re di mandare i suoi servi, vale a dire i missionari del Vangelo, a invitare al banchetto nuziale del Figlio: «andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze» (v 9). In essi sono raffigurati i popoli pagani ai quali viene finalmente predicato il Vangelo ed estesa la chiamata al Regno.
Questa decisione del re segna una svolta nel racconto della parabola ma, più ancora, ha dato come il via libera decisivo, nella storia della Chiesa delle origini, alla predicazione del Vangelo del Regno a tutti gli uomini indistintamente: ebrei e, ora, i pagani.
Uno dei “servi” più zelanti nell’andare «ai crocicchi delle strade» è stato senza dubbio l’apostolo Paolo il quale, nella chiamata delle “genti”, vede avverata la promessa di Dio ad Abramo, quella di fare di lui il «padre di molti popoli» forti nella fede al pari di lui (Epistola: Romani 4,17).
Già il profeta Isaia aveva annunziato la volontà di Dio di fare partecipi tutti i popoli della “salvezza” raffigurata nell’immagine del «banchetto di grasse vivande, un banchetto di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati» (Lettura: Isaia 25,6) e concretamente descritta come rimozione del «velo» e della «coltre» funerea «distesa su tutte le nazioni», ossia l’ignoranza della fede, e specialmente come eliminazione della «morte per sempre» asciugando così le «lacrime su ogni volto».
Questo progetto divino, come sappiamo e crediamo, si è avverato nel banchetto delle nozze dell’Agnello di cui parla il libro dell’Apocalisse, ovvero nell’immolazione sacrificale del Signore Gesù sulla croce.
La Chiesa, perciò, lungo i secoli dovrà incessantemente predicare il Vangelo e invitare tutti gli uomini a partecipare al “banchetto nuziale del Signore”, ossia a sperimentare fin da ora la gioia della salvezza. Con una speciale consapevolezza e avvertenza: al “banchetto” si accede con «l’abito nuziale» che è certamente la fede nel Signore Gesù ma specialmente la carità.
Occorre farsi trovare da Dio degni di entrare nella definitiva salvezza e questa “dignità” è rappresentata dall’obbedienza all’unico precetto a noi dato dal suo Figlio: quello della carità. L’amore infatti e, perciò, la felicità e la gioia sono le caratteristiche del regno dei Cieli che la Chiesa è mandata ad annunciare e ad anticipare in tutta verità.
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