4 dicembre 2011 – IV domenica di Avvento


La quarta domenica di Avvento è incentrata su “l’ingresso del Messia”, a motivo della proclamazione evangelica dell’ingresso di Gesù in Gerusalemme che la caratterizza, secondo l’antica e costante tradizione liturgica ambrosiana.

Il Lezionario

Riporta i seguenti brani biblici: Lettura: Isaia 16,1-5; Salmo 149; Epistola: 1Tessalonicesi 3,11-4,2; Vangelo: Marco 11,1-11. Nella messa vigiliare del sabato si legge: Matteo 28,8-10 quale Vangelo della Risurrezione.


Lettura del profeta Isaia
(16,1-5)

In quei giorni. Isaia disse: «1Mandate l’agnello al signore della regione, da Sela del deserto al monte della figlia di Sion. 2Come un uccello fuggitivo, come una nidiata dispersa saranno le figlie di Moab ai guadi dell’Arnon. 3Dacci un consiglio, prendi una decisione! Rendi come la notte la tua ombra in pieno mezzogiorno; nascondi i dispersi, non tradire i fuggiaschi. 4Siano tuoi ospiti i dispersi di Moab; sii loro rifugio di fronte al devastatore. Quando sarà estinto il tiranno e finita la devastazione, scomparso il distruttore della regione, 5allora sarà stabilito un trono sulla mansuetudine, vi siederà con tutta fedeltà, nella tenda di Davide, un giudice sollecito del diritto e pronto alla giustizia».

Il testo profetico fa parte della sezione che raccoglie gli “oracoli” di Isaia contro le nazioni nemiche di Israele (capitoli 13-23), in questo caso di Moab. Si tratta di popolazioni confinanti sovente in competizione con Israele. Qui sembra che Moab chieda invece l’aiuto al re di Giuda per ricevere protezione da potenziali nemici.

Il v. 1 nell’invio dell’agnello a Gerusalemme pare significare la sottomissione di Moab al re di Giuda. La tradizione della Chiesa ha dato all’agnello un’interpretazione “messianica” fatta propria dalla lettura liturgica del testo profetico. I vv. 2-4 riportano le suppliche dei Moabiti, che si concludono al v. 5 con una dichiarazione di fiducia sull’avvenire del popolo d’Israele a motivo delle divine promesse riguardanti la stabilità del trono di Davide qui indicato come «stabilito sulla misericordia».


Prima lettera di San Paolo apostolo ai Tessalonicesi
(3,11-4,2)

Fratelli, 11voglia Dio stesso, Padre nostro, e il Signore nostro Gesù guidare il nostro cammino verso di voi! 12Il Signore vi faccia crescere e sovrabbondare nell’amore fra voi e verso tutti, come sovrabbonda il nostro per voi, 13per rendere saldi i vostri cuori e irreprensibili nella santità, davanti a Dio e Padre nostro, alla venuta del Signore nostro Gesù con tutti i suoi santi. 1Per il resto, fratelli, vi preghiamo e vi supplichiamo nel Signore Gesù affinché, come avete imparato da noi il modo di comportarvi e di piacere a Dio – e così già vi comportate –, possiate progredire ancora di più. 2Voi conoscete quali regole di vita vi abbiamo dato da parte del Signore Gesù.

Il brano si inserisce in un contesto di rallegramenti dell’Apostolo alla comunità di Tessalonica (oggi Salonicco) per le belle notizie ricevute da Timoteo, inviato da Paolo in quella città nella quale egli stesso esprime il vivo desiderio di recarsi di persona (3,1-11). Ai membri della comunità Paolo augura di crescere nell’amore «fra voi e verso tutti» (v. 12) e di vivere la vita cristiana in maniera irreprensibile in vista della venuta finale del Signore (v. 13) sulla quale ritorna nei primi due versetti del cap. 4.


Lettura del Vangelo secondo Marco
(11,1-11)

In quel tempo. 1Quando furono vicini a Gerusalemme, verso Bètfage e Betània, presso il monte degli Ulivi, il Signore Gesù mandò due dei suoi discepoli 2e disse loro: «Andate nel villaggio di fronte a voi e subito, entrando in esso, troverete un puledro legato, sul quale nessuno è ancora salito. Slegatelo e portatelo qui. 3E se qualcuno vi dirà: “Perché fate questo?”, rispondete: “Il Signore ne ha bisogno, ma lo rimanderà qui subito”». 4Andarono e trovarono un puledro legato vicino a una porta, fuori sulla strada, e lo slegarono. 5Alcuni dei presenti dissero loro: «Perché slegate questo puledro?». 6Ed essi risposero loro come aveva detto Gesù. E li lasciarono fare. 7Portarono il puledro da Gesù, vi gettarono sopra i loro mantelli ed egli vi salì sopra. 8Molti stendevano i propri mantelli sulla strada, altri invece delle fronde, tagliate nei campi. 9Quelli che precedevano e quelli che seguivano, gridavano: «Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Benedetto il Regno che viene, del nostro padre Davide! Osanna nel più alto dei cieli!». 11Ed entrò a Gerusalemme, nel tempio. E dopo aver guardato ogni cosa attorno, essendo ormai l’ora tarda, uscì con i Dodici verso Betània.

Il racconto dell’ingresso in Gerusalemme (vv. 8-11a) è avviato al v. 1a con l’ambientazione geografica riferita all’avvicinamento di Gesù a Gerusalemme, a cui fanno seguito le disposizioni date a due discepoli in vista del reperimento e della preparazione della cavalcatura (vv. 1b-7) . Il v. 11b serve a concludere con il riferimento all’uscita di Gesù dalla città nella quale tornerà per dare inizio alla sua Passione.

In particolare le disposizioni impartite ai due discepoli vanno lette alla luce del profeta Zaccaria 9,9, non esplicitamente citato: «Esulta grandemente, figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme! Ecco, a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino, un puledro figlio d’asina».

Anche la scena dell’ingresso in città (vv. 8-11) ricorda quelle dell’intronizzazione del re d’Israele (cfr. 1Re 1,38-40; 2Re 9,13). Le acclamazioni che le folle indirizzano a Gesù rimandano alle parole del Salmo 117 (118) 25-26 da cui viene anche il termine osanna, che letteralmente significa: il Signore «dà salvezza». Va anche evidenziato il riferimento al Regno «del nostro padre Davide» che qui viene visto realizzato in Gesù!


Commento liturgico-pastorale


È evidente che il brano evangelico dell’ingresso di Gesù in Gerusalemme, proclamato nel tempo di Avvento, vuole mettere in primo piano la natura messianica della venuta del Signore in questo nostro mondo. È certo che nell’epoca storica in cui egli è vissuto era vivissima nel popolo l’attesa che Dio compisse le sue promesse inviando il Messia, ovvero il Cristo, per riscattare il suo popolo dall’oppressione straniera e per avviare il Regno che non avrà mai fine secondo la promessa fatta al re Davide.

I riferimenti biblici scelti dall’evangelista Marco per tracciare i lineamenti di Gesù quale Messia non vanno nella direzione sopra esposta, ma lo descrivono nella linea di un Messia “umile” già annunziato nella Lettura profetica: «Allora sarà stabilito un trono sulla mansuetudine, vi siederà con tutta fedeltà, nella tenda di Davide, un giudice sollecito del diritto e pronto alla giustizia» (Isaia 16,5).

Mentre ci avviciniamo al Natale impariamo a riconoscere con fede che tutte le aspirazioni dell’umanità alla pace, alla giustizia, alla fraternità e, più in profondità, alla salvezza come liberazione dall’oppressione del potere maligno che grava sui cuori e sulla storia, sono realizzate in colui che è venuto in questo mondo non con potenza e forza, ma nell’umiltà e nella debolezza del Bambino di Betlemme, nell’uomo della Croce che è il vero agnello dell’alleanza prefigurato dalla Lettura profetica.

La preghiera liturgica, in perfetta sintonia con la Parola proclamata, nel rendere grazie al Padre per aver mandato nel mondo il suo Verbo, ne indica così le motivazioni essenziali: «Perché, vivendo come uomo tra noi, ci aprisse il mistero del tuo amore paterno e, sciolti i legami mortali del male, ci infondesse di nuovo la vita eterna del cielo» (Prefazio).

Con il suo ingresso messianico nella storia degli uomini il Signore Gesù ha in realtà stabilito il suo trono «sulla mansuetudine» e ha inaugurato quel Regno che nulla e nessuno potranno mai abbattere. Tutto ciò deve rappresentare per noi, suoi discepoli in questo mondo e in questo tempo, la via da percorrere senza indugio, la via della mansuetudine e dell’umiltà che rende testimonianza autentica al Signore Gesù che per primo l’ha percorsa venendo per noi dal Cielo.

Concretamente siamo esortati a mettere in pratica ciò che l’apostolo Paolo dice ai fedeli della comunità di Tessalonica i quali, in attesa della «venuta del Signore con tutti i suoi santi», devono rendere saldi i loro cuori ed essere «irreprensibili nella santità» della vita che consiste nel crescere e sovrabbondare «nell’amore fra voi e verso tutti» (Epistola). Non a caso, nel canto Allo spezzare del Pane così preghiamo: «O Dio con noi, nostro sovrano, che ci hai dato la legge dell’amore, tu che le genti attendono, tu che le puoi redimere, vieni a salvarci».

Il mite re che fa il suo ingresso su un’umile cavalcatura, il Bambino nato a Betlemme, l’Agnello immolato sull’altare della Croce, Cristo Signore, è lui il Messia, l’unico, e non ve ne sarà un altro. A lui possiamo gridare con l’intera umanità: «Osanna», tu che sei “in alto”, vieni ad aiutarci e a salvarci

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In queste pagine potete trovare il commento alla liturgia domenicale e festiva secondo il RITO AMBROSIANO, curata da don Alberto Fusi.

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