4 marzo 2012 – II domenica di Quaresima


È denominata domenica “Della Samaritana” perché è caratterizzata dalla lettura evangelica riguardante l’incontro di Gesù con una donna samaritana al pozzo di Giacobbe (Giovanni 4,5-42).
 

Il Lezionario
 
La Lettura è presa dal Deuteronomio 5,1-2.6-21, l’Epistola dalla Lettera agli Efesini 4,17 e il Vangelo da Giovanni 4,5-42. A partire da questa domenica fino alla domenica delle Palme il Vangelo della Risurrezione, proclamato nella messa vespertina del sabato, viene sostituito da una Lettura vigiliare. Per questa II domenica di Quaresima è presa da Marco 9, 2b-10.


Lettura del libro del Deuteronomio (5,1-2.6-21)

In quei giorni. 1Mosè convocò tutto Israele e disse loro: «Ascolta, Israele, le leggi e le norme che oggi io proclamo ai vostri orecchi: imparatele e custoditele per metterle in pratica. 2Il Signore, nostro Dio, ha stabilito con noi un’alleanza sull’Oreb. 6“Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile. 7Non avrai altri dèi di fronte a me. 8Non ti farai idolo né immagine alcuna di quanto è lassù nel cielo né di quanto è quaggiù sulla terra né di quanto è nelle acque sotto la terra. 9Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai. Perché io, il Signore, tuo Dio, sono un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione, per coloro che mi odiano, 10ma che dimostra la sua bontà fino a mille generazioni, per quelli che mi amano e osservano i miei comandamenti. 11Non pronuncerai invano il nome del Signore, tuo Dio, perché il Signore non lascia impunito chi pronuncia il suo nome invano. 12Osserva il giorno del sabato per santificarlo, come il Signore, tuo Dio, ti ha comandato. 13Sei giorni lavorerai e farai ogni tuo lavoro; 14ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio: non farai alcun lavoro, né tu, né tuo figlio, né tua figlia, né il tuo schiavo, né la tua schiava, né il tuo bue, né il tuo asino, né il tuo bestiame, né il forestiero che dimora presso di te, perché il tuo schiavo e la tua schiava si riposino come te. 15Ricordati che sei stato schiavo nella terra d’Egitto e che il Signore, tuo Dio, ti ha fatto uscire di là con mano potente e braccio teso; perciò il Signore, tuo Dio, ti ordina di osservare il giorno del sabato. 16Onora tuo padre e tua madre, come il Signore, tuo Dio, ti ha comandato, perché si prolunghino i tuoi giorni e tu sia felice nel paese che il Signore, tuo Dio, ti dà. 17Non ucciderai. 18Non commetterai adulterio. 19Non ruberai. 20Non pronuncerai testimonianza menzognera contro il tuo prossimo. 21Non desidererai la moglie del tuo prossimo. Non bramerai la casa del tuo prossimo, né il suo campo, né il suo schiavo, né la sua schiava, né il suo bue, né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo”».

Il brano vetero-testamentario è avviato dai primi due versetti del cap. 5 che rappresentano l’introduzione generale a tutta la successiva legislazione data da Dio al suo popolo compreso il decalogo (i dieci comandamenti) dei vv. 6-21.

Il comando dato da Dio di “ascoltare”, “imparare” , “custodire” e “mettere in pratica” i suoi precetti si poggia sul fatto che egli ha liberato il suo popolo dalla schiavitù d’Egitto (v. 6) e ha stabilito con esso la sua “alleanza” (v. 2).


Lettera di san Paolo apostolo agli Efesini (4,1-7)

Fratelli, 1io, prigioniero a motivo del Signore, vi esorto: comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto, 2con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell’amore, 3avendo a cuore di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace. 4Un solo corpo e un solo spirito, come una sole è la speranza alla quale siete stari chiamati, quella della vostra vocazione; 5un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. 6Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti. 7A ciascuno di noi, tuttavia, è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo.

I versetti oggi proclamati sono presi dall’inizio della seconda parte della Lettera nella quale l’Apostolo rivolge accorate esortazioni alla comunità di Efeso perché i suoi membri vivano in pienezza la chiamata alla fede (v. 1), nell’esercizio quotidiano dell’accoglienza e della reciproca carità (v. 2) per conservare il più grande tesoro: «l’unità dello spirito» (v. 3).

L’esortazione si poggia sul fatto che tutti i credenti costituiscono «un solo corpo» (v. 4) in Cristo; tutti hanno un solo Signore, «una sola fede, un solo battesimo» (v. 5) e, dunque, tutti hanno «un solo Padre» che distribuisce i doni necessari per far crescere la Chiesa (vv. 6-7).


Lettura del Vangelo secondo Giovanni (4,5-42)

In quel tempo. 5Il Signore Gesù giunse a una città della Samaria chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio; 6qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. 7Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». 8I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. 9Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani. 10Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». 11Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? 12Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?». 13Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; 14ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». 15Signore – gli dice la donna –, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua». 16Le dice Gesù: «Va’ a chiamare tuo marito e ritorna qui». 17Gli risponde la donna: «Io non ho marito». Le dice Gesù: «Hai detto bene: “Io non ho marito”. 18Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero». 19Gli replica la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta! 20I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». 21Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. 22Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. 23Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. 24Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». 25Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà ci annuncerà ogni cosa». 26Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te». 27In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con una donna. Nessuno tuttavia disse: «Che cosa cerchi?», o: «Di che cosa parli con lei?». 28La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente: 29«Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?». 30Uscirono dalla città e andavano da lui. 31Intanto i discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». 32Ma egli rispose loro: «Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». 33E i discepoli si domandavano l’un l’altro: «Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?». 34Gesù disse loro: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. 35Voi non dite forse: “Ancora quattro mesi e poi viene la mietitura”? Ecco, io vi dico: alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. 36Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. 37In questo infatti si dimostra vero il proverbio: uno semina e l’altro miete. 38Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato e voi siete subentrati nella loro fatica». 39Molti Samaritani di quella città credettero in lui per la parola della donna, che testimoniava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto». 40E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. 41Molti di più credettero per la sua parola 42e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo».


Commento liturgico-pastorale

Il testo è diviso in due grandi sezioni. La prima, vv. 5-26, riporta il dialogo di Gesù con “una donna samaritana” mentre la seconda, vv. 27-42, è incentrata sulla rivelazione dell’“opera” per la quale il Padre ha inviato Gesù nel mondo. In particolare i vv. 5-7 ambientano la scena in Samaria e precisamente presso il pozzo che Giacobbe, il grande patriarca, aveva fatto scavare presso la cittadina di Sicar.

L’evangelista sottolinea che Gesù vi arrivò «affaticato per il viaggio» e nell’ora più calda del mezzogiorno (v. 6). Di qui la sua richiesta alla donna samaritana che entra in scena al v. 7. I vv. 8-15 riportano, con la risposta della donna alla richiesta di Gesù, le importanti parole del Signore sul dono dell’acqua viva capace di togliere la sete e diventare, in chi la beve, «una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna».

La prima sezione si chiude ai vv. 16-26 con una svolta nel dialogo tra Gesù e la donna alla quale viene rivelata la sua vita disordinata e traviata rispetto alla Legge di Dio (v. 18) inducendola, così, a muovere i suoi primi passi nella fede in Gesù riconosciuto dapprima come un profeta (v. 19). A Lui, uomo ispirato da Dio, pone la questione riguardante il “luogo” dove è possibile incontrare Dio: per i Samaritani era il monte Garazim mentre per i Giudei era il Tempio di Gerusalemme (vv. 20-21).

A questa domanda Gesù risponde con parole di rivelazione di grande permanente attualità e valore (vv. 23-24) con le quali elimina le diatribe legate al “luogo” in cui si deve rendere culto a Dio. Con la sua venuta nel mondo, è «venuta l’ora» in cui il culto divino è sganciato da luoghi e da templi materiali e viene invece compiuto «in spirito e verità» (vv. 23-24) ossia da quanti sono rinati dallo Spirito e si lasciano da lui guidare all’accoglienza piena di fede della Rivelazione portata da Gesù che, di conseguenza, è il Messia che, con la sua venuta svelerà ogni cosa (vv. 25-26).

Con la solenne dichiarazione messianica di Gesù: «Sono io, che parlo con te» si chiude il dialogo con la samaritana. Prende così avvio la seconda sezione (vv. 27-42) inaugurata dall’accorrere a Gesù degli abitanti di Sicar e dell’importante dialogo di Gesù con i suoi discepoli e riguardante il “cibo” con il quale egli si nutre: il compimento della volontà del Padre che lo ha inviato nel mondo per salvare il mondo (vv. 31-34).

È questa l’“opera” che il Padre ha affidato a Gesù e alla quale egli ora associa i suoi discepoli con l’invito: «Alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura» e con l’esplicito mandato missionario espresso con il verbo mietere. Essi, infatti, dovranno raccogliere l’umanità nella comunione con Dio, qui indicata con l’espressione “vita eterna” (vv. 35-38).

La conclusione (vv. 39-42) fa capire che i Samaritani che credono nel Signore «per la parola della donna» e ancora di più «per la sua parola» professando la fede in Gesù quale «salvatore del mondo», sono, in verità, primizie dell’“opera” salvifica commessa da Dio al suo Figlio e da questi ai suoi discepoli e, dunque, ai discepoli di tutti i tempi.

Il brano evangelico attende ora di essere letto nel peculiare contesto liturgico del tempo di Quaresima che ha lo scopo di preparare alla grazia del Battesimo e, per noi già battezzati, di attivarla mediante il ricorso alla Penitenza. Il battesimo è il dono inestimabile che incorpora nell’unico Corpo del Signore, mosso da un solo Spirito, animato da una sola fede. Un Corpo, quello di Cristo, nel quale tutti si riconoscono figli di un unico Padre.

È l’insegnamento che ci è stato trasmesso dagli Apostoli come testimonia l’Epistola paolina oggi proclamata. Si perviene alla grazia battesimale mediante la fede, vale a dire, nell’accoglienza di Gesù come rivelatore di Dio. La rivelazione portata agli uomini dal Figlio unigenito di Dio, porta a compimento e in tutta verità ciò che è racchiuso nell’immagine dell’“acqua viva” che Gesù promette alla donna samaritana rappresentante di tutta l’umanità “assetata”, alla ricerca cioè della felicità. Per l’Antico Testamento l’“acqua viva” indica la divina rivelazione riassunta dalla Legge e in particolare dal Decalogo (cfr. Lettura).

Quella rivelazione, però, attende di essere portata a compimento in Gesù, il Figlio di Dio venuto nel mondo e, dunque, in grado di annunciare e di rivelare Dio e il suo disegno sull’umanità: raccoglierla in unità nella partecipazione alla sua vita divina così come è raccolta la messe una volta mietuta.

È lui, dunque, il “pozzo” a cui attingere l’“acqua viva” che è la sua Parola capace di soddisfare il più profondo dei bisogni dell’uomo: avere parte alla “vita”, quella di Dio! Per questo, come giustamente interpreta la preghiera liturgica: «Cristo Signore nostro... chiedendo da bere a una donna samaritana, le apriva la mente alla fede; desiderando con ardente amore portarla a salvezza, le accendeva nel cuore la sete di Dio» (Prefazio).

È la stessa “sete” che il Signore tiene viva anche oggi in noi e nell’umanità del nostro tempo. Un’umanità che è alla continua vana ricerca di “pozzi” da cui bere l’acqua della felicità. Ogni uomo, in realtà, è un pellegrino alla ricerca del “pozzo”. Tocca a noi, discepoli del Signore che da lui beviamo ogni giorno l’”acqua viva” del suo Vangelo e del suo dono d’amore che è l’Eucaristia, tener vivo nel cuore di chi ci sta accanto il desiderio di Dio e accompagnarlo fino al “pozzo” che è Cristo Signore.

Dal suo fianco, infatti, aperto dalla lancia del soldato, è uscito nel segno del “sangue e dell’acqua” il fiume inarrestabile dell’acqua viva che opera in quanti accolgono con fede la sua parola e vengono rigenerati nel Battesimo alla grazia di figli di Dio, incorporati nella sua Chiesa abitata dallo Spirito Santo e nella partecipazione al suo Corpo e al suo Sangue nel banchetto eucaristico sperimentano la bellezza e la sovrabbondanza del dono divino che in essi diventa «una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna» (Giovanni 4,14).

Non a caso, perciò, così cantiamo nell’antifona Alla Comunione: «Dal tuo cuore, Signore Gesù, fiumi d’acqua viva scorreranno. Ascolta pietoso il grido di questo popolo e aprici il tesoro della tua grazia che santifica il cuore dei credenti».

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In queste pagine potete trovare il commento alla liturgia domenicale e festiva secondo il RITO AMBROSIANO, curata da don Alberto Fusi.

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