4 novembre 2012

4 novembre 2012 – II domenica dopo la Dedicazione

 

 

Presenta il mirabile disegno divino che, nella Chiesa, manifesta la sua volontà di rendere partecipi tutte le genti alla salvezza.

 

Il Lezionario

 

Riporta i seguenti brani biblici: Lettura: Isaia 56,3-7; Salmo 23 (24); Epistola: Efesini 2,11-22; Vangelo: Luca 14,1a.15-24. Nella messa vigiliare del sabato viene proclamato Marco 16,9-16 quale  Vangelo della risurrezione. (Le orazioni e i canti della Messa sono quelli della XXXI Domenica del Tempo «per annum» nel Messale Ambrosiano).

 

Lettura del profeta Isaia (56,3-7)

 

In quei giorni. Isaia disse: / «3Non dica lo straniero che ha aderito al Signore: / “Certo, mi escluderà il Signore dal suo popolo!”. / Non dica l’eunuco: / “Ecco, io sono un albero secco!”. / 4Poiché così dice il Signore: / “Agli eunuchi che osservano i miei sabati, / preferiscono quello che a me piace / e restano fermi nella mia alleanza, / 5io concederò nella mia casa / e dentro le mie mura un monumento e un nome / più prezioso che figli e figlie; / darò loro un nome eterno / che non sarà mai cancellato. /  6Gli stranieri, che hanno aderito al Signore per servirlo / e per amare il nome del Signore, / e per essere suoi servi, / quanti si guardano dal profanare il sabato / e restano fermi nella mia alleanza, / 7li condurrò sul mio monte santo / e li colmerò di gioia nella mia casa di preghiera. / I loro olocausti e i loro sacrifici / saranno graditi sul mio altare, / perché la mia casa si chiamerà / casa di preghiera per tutti i popoli”».

 

Il brano è preso dalla terza parte del libro profetico che canta le meraviglie operate da Dio per il suo popolo riportato in patria dopo l’esilio babilonese. In particolare, i versetti qui riportati aprono a una prospettiva universalistica l’appartenenza al popolo di Dio del quale potranno farne parte quanti ne erano esclusi: eunuchi, privi di una discendenza naturale e ai quali, se osservanti del sabato, ossia se fedeli all’alleanza, Dio promette un «nome eterno» (vv. 3b-5), e agli stranieri ugualmente fedeli all’alleanza, significata dal riposo sabbatico, ai quali promette di gradire le offerte e le preghiere innalzate nel suo Tempio (v. 3a.6-7), che viene qui già descritto come punto di convergenza  o «casa di preghiera per tutti i popoli».

 

Lettera di san Paolo apostolo agli Efesini (2,11-22)

 

Fratelli, 11ricordatevi che un tempo voi, pagani nella carne, chiamati non circoncisi da quelli che si dicono circoncisi perché resi tali nella carne per mano d’uomo, 12ricordatevi che in quel tempo eravate senza Cristo, esclusi dalla cittadinanza d’Israele, estranei ai patti della promessa, senza speranza e senza Dio nel mondo. 13Ora invece, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate lontani, siete diventati vicini, grazie al sangue di Cristo.

14Egli infatti è la nostra pace, / colui che di due ha fatto una cosa sola, / abbattendo il muro di separazione che li divideva, / cioè l’inimicizia, per mezzo della sua carne. / 15Così egli ha abolito la Legge, fatta di prescrizioni e di decreti, / per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo, / facendo la pace, / 16e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, / per mezzo della croce, / eliminando in se stesso l’inimicizia. / 17Egli è venuto ad annunciare pace a voi che eravate lontani, / e pace a coloro che erano vicini. / 18Per mezzo di lui infatti possiamo presentarci, gli uni e gli altri, / al Padre in un solo Spirito.

19Così dunque voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio, 20edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, avendo come pietra d’angolo lo stesso Cristo Gesù. 21In lui tutta la costruzione cresce ben ordinata per essere tempio santo nel Signore; 22in lui anche voi venite edificati insieme per diventare abitazione di Dio per mezzo dello Spirito.

 

Nei vv. 11-13 l’Apostolo descrive la condizione dei pagani prima della chiamata alla salvezza «in Cristo Gesù» che da “lontani”, da estranei, da esclusi, da senza Dio, li ha resi “vicini” mediante il dono del suo sangue, ossia della sua vita. I vv. 14-18 rappresentano come una professione di fede nell’opera salvifica compiuta dal Signore Gesù, personificazione stessa della pace, resa possibile dall’abbattimento del muro invalicabile che separa giudei e pagani, facendo di due «una cosa sola» (v. 14) grazie all’abolizione dell’osservanza della Legge mosaica (v. 15). Il v. 16 fissa nella Croce la dissoluzione dell’inimicizia che separa giudei e pagani, riconciliati entrambi con Dio e resi «un solo corpo», mentre sintetizza la missione di Cristo sulla terra come portatrice della pace ovvero della riconciliazione con Dio sia per gli ebrei come per i pagani. Essi ora sono presentati al Padre «in un solo Spirito», quello del Figlio che li ha resi “figli”! I vv. 20-22 infine descrivono la mutata condizione dei redenti che vengono a formare un unico edificio che ha come pietra d’angolo lo stesso Signore e nel quale Dio abita come nel suo tempio santo.

 

Lettura del Vangelo secondo Luca (14,1a.15-24)

 

1Un sabato il Signore Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei. 15Uno dei commensali gli disse: «Beato chi prenderà cibo nel regno di Dio!». 16Gli rispose: «Un uomo diede una grande cena e fece molti inviti. 17All’ora della cena, mandò il suo servo a dire agli invitati: “Venite, è pronto”. 18Ma tutti, uno dopo l’altro, cominciarono a scusarsi. Il primo gli disse: “Ho comprato un campo e devo andare a vederlo; ti prego di scusarmi”. 19Un altro disse: “Ho comprato cinque paia di buoi e vado a provarli; ti prego di scusarmi”. 20Un altro disse: “Mi sono appena sposato e perciò non posso venire”. 21Al suo ritorno il servo riferì tutto questo al suo padrone. Allora il padrone di casa, adirato, disse al servo: “Esci subito per le piazze e per le vie della città e conduci qui i poveri, gli storpi, i ciechi e gli zoppi”. 22Il servo disse: “Signore, è stato fatto come hai ordinato, ma c’è ancora posto”. 23Il padrone allora disse al servo: “Esci per le strade e lungo le siepi e costringili ad entrare, perché la mia casa si riempia. 24Perché io vi dico: nessuno di quelli che erano stati invitati gusterà la mia cena”».

 

Il v. 1a inquadra, nel contesto di un pranzo nella casa di uno dei capi dei farisei, alcuni detti del Signore, non riportati nel testo oggi proclamato, e riguardanti, rispettivamente, il guarire in giorno di sabato (vv. 2-6); la ricerca dei primi posti nei banchetti (vv. 7-11) e su chi invitare a pranzo (vv. 12-14). Questo ultimo detto offre lo spunto a uno dei commensali per far coincidere la beatitudine, ossia la definitiva salvezza, nel poter sedere a mensa nel regno di Dio (v. 15). A quel commensale Gesù risponde con la parabola della grande cena e dei molti invitati (v. 16). In conformità agli usi orientali il padrone di casa manda un suo servo a casa degli invitati per accompagnarli al banchetto (v. 17). Questi, uno dopo l’altro, trovano motivi per ritenersi scusati dal rifiuto a partecipare (vv. 18-20). Segue una seconda uscita del servo inviato a raccogliere «i poveri, gli storpi, i ciechi e gli zoppi» che normalmente affollano le strade e le piazze della città (v. 21). Il v. 22 ci informa che vi erano ancora posti liberi nella sala del banchetto. Per questo, su incarico del padrone, il servo esce una terza volta con l’incarico di costringere addirittura la gente equivoca e di malaffare che si aggira tra le siepi a venire al banchetto perché la «casa si riempia» (v. 23). Il brano si conclude con la severa parola di esclusione dalla cena, ovvero dalla salvezza, dei primi invitati (v. 24). 

 

Commento liturgico-pastorale

 

Questa seconda domenica “dopo la Dedicazione” ci offre l’opportunità di sostare davanti ai grandiosi disegni divini che vogliono raccogliere in unità l’intera umanità disgregata e dispersa a motivo del peccato.

Il progetto di Dio, stando ai brani biblici oggi proclamati, mira a ricostituire l’unità della famiglia umana destinata a entrare nella sua casa, a diventare sua abitazione per sempre, a sedersi alla tavola della salvezza eterna che il brano evangelico raffigura in una grande cena allestita per un gran numero di invitati dal padrone di casa, nel quale si riconosce facilmente Dio stesso (Vangelo: Luca 14,16). Un tale disegno, a ben guardare, è già visibile nella decisione di Dio di scegliersi un popolo tra quelli della terra, per farne il suo popolo!

La Lettura profetica, infatti, rivela la volontà divina di aggregare al suo popolo santo anche stranieri ed eunuchi considerati esclusi, ma che nella loro condotta dimostrano di preferire quello che piace a Dio (cfr. Isaia 56,4) e, dunque, «restano fermi» nella sua alleanza (cfr. v. 4 e v. 6). Anch’essi potranno così offrire «olocausti e sacrifici» nel Tempio del Signore risultando a lui graditi e, di conseguenza, ricolmati di gioia (v. 7), avendo sperimentato la vicinanza di Dio e la sua disponibilità a venire incontro alle loro richieste.

Questi annunci profetici verranno attuati e addirittura superati nella predicazione evangelica della beatitudine del Regno (Luca 14,15). Qui, a essere invitati alla salvezza non sono più soltanto i fedeli all’alleanza, ma «i poveri, gli storpi, i ciechi e gli zoppi», gli esclusi per eccellenza dalla considerazione mondana (v. 21) e, addirittura, quelli racimolati «per le strade e lungo le siepi» (v. 23), vale a dire i “lontani”, i peccatori, i reprobi! Dio vuole infatti che la sua casa «si riempia» (v.23) e, di conseguenza, vuole che la salvezza sia annunziata e offerta indistintamente a tutti gli uomini.

È ciò che Gesù, il “Servo” di Dio, ha compiuto nella sua vita terrena con l’incessante predicazione del Vangelo e soprattutto «per mezzo della croce» (Epistola: Efesini 2,16). Il suo sangue, infatti, è stato sparso perché i peccatori «esclusi dalla cittadinanza di Israele, estranei ai patti della promessa, senza speranza e senza Dio nel mondo» (v. 12) diventassero addirittura membra del suo unico Corpo che è la Chiesa (cfr. v. 16) e, di conseguenza, «concittadini dei santi e familiari di Dio» (v. 19), edificato «per mezzo dello Spirito» per «diventare abitazione di Dio» (v. 22).

È ciò che sono mandati a fare i “servi” che Dio non smette di inviare ai crocicchi delle strade ossia in ogni angolo della terra, per invitare, con la predicazione del Regno e della Croce salvifica del Signore Gesù, a entrare nella sua casa sedendosi, fin da ora, al banchetto sontuoso che è la Cena dell’Agnello pregustata nella celebrazione eucaristica.

In ciò consiste  la grandezza della predicazione evangelica che ci ha convocati alla “grande cena” della salvezza e, alla quale, lo vogliamo sperare, abbiamo tutti risposto con il sì convinto della nostra fede che ci trasforma in “servi” che non si danno pace finché, per la gioia del cuore di Dio Padre, ogni uomo nostro fratello avrà preso il suo posto alla mensa del suo Regno come «concittadini dei santi» e «familiari di Dio» (Efesini 2,19).

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In queste pagine potete trovare il commento alla liturgia domenicale e festiva secondo il RITO AMBROSIANO, curata da don Alberto Fusi.

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