5 dicembre 2010 - IV Domenica di Avvento


1. L’ingresso messianico del Signore      

La tradizione liturgica della nostra Chiesa ambrosiana ha marcato questa domenica di Avvento con la proclamazione della pericope evangelica riguardante l’ingresso trionfale di Gesù in Gerusalemme letto in chiave di epifania del Messia e per orientare, così, la comprensione del mistero del Natale del Signore. Il Lezionario, pertanto, riporta i seguenti brani biblici: Lettura: Isaia, 40,1-11; Salmo: 71; Epistola: Ebrei 10,5-9a; Vangelo: Matteo 21,1-9: Nella Messa vigiliare vespertina viene letto Matteo 28,8-10 come Vangelo della risurrezione.  


2. Vangelo secondo Matteo 21,1-9      

1In quel tempo. Quando furono vicini a Gerusalemme e giunsero presso Bètfage, verso il monte degli Ulivi, il Signore Gesù mandò due discepoli, 2dicendo loro: «Andate nel villaggio di fronte a voi e subito troverete un’asina, legata, e con essa un puledro. Slegateli e conduceteli da me. 3E se qualcuno vi dirà qualcosa, rispondete: “Il Signore ne ha bisogno, ma li rimanderà indietro subito”». 4Ora questo avvenne perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta: 5«Dite alla figlia di Sion: Ecco, a te viene il tuo re, mite, seduto su un’asina e su un puledro, figlio di una bestia da soma». 6I discepoli andarono e fecero quello che aveva ordinato loro Gesù: 7condussero l’asina e il puledro, misero su di essi i mantelli ed egli vi si pose a sedere. 8La folla, numerosissima, stese i propri mantelli sulla strada, mentre altri tagliavano rami dagli alberi e li stendevano sulla strada. 10La folla che lo precedeva e quella che lo seguiva, gridava:  «Osanna al figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nel più alto dei cieli!».  


3. Commento liturgico-pastorale      

Il brano evangelico inaugura la sezione riguardante l’attività di Gesù in Gerusalemme (Mt 21,1-23,39) che prelude agli avvenimenti conclusivi della sua vita terrena con la sua morte e risurrezione. Viene proclamato in questa domenica con lo scopo di indirizzare i fedeli a vedere, nel Natale di Gesù, il compimento delle promesse  riguardanti l’invio nel mondo del Messia e Salvatore del quale, il testo di Matteo, traccia un chiaro peculiare profilo.

Il brano può essere così suddiviso: i primi tre versetti, con la precisa ambientazione dell’evento, descrivono i preparativi dell’“ingresso” di Gesù in Gerusalemme; i vv. 4-5 chiariscono, alla luce delle parole del profeta Zaccaria 9,9, l’identità del Messia che entra nella Città santa; i vv. 6-9, infine, descrivono i fatti legati all’ingresso del Signore, ponendo in rilievo il ruolo dei discepoli (vv. 6-7) e quello della folla con le acclamazioni di lode e di giubilo mutuate dal Salmo 118,25.

Proclamato nel tempo di Avvento, il presente brano evangelico, preludio alla passione, morte e risurrezione del Signore, va letto specialmente nella sua capacità di tracciare l’identità del Messia del quale l’evangelista Matteo rimarca i tratti della “mitezza” e della “mansuetudine”. Non a caso nella citazione del profeta Zaccaria al v. 5 viene dato risalto unicamente al carattere “pacifico” della venuta del Messia in mezzo al suo popolo e alla sua mansuetudine con il rilievo dato alla cavalcatura da lui scelta: “un’asina” con il suo “puledro” e non splendidi cavalli come erano soliti fare i re dell’epoca.

I Padri e gli antichi scrittori cristiani hanno poi visto rappresentati “nell’asina” e nel suo “piccolo” rispettivamente il popolo di Dio della Prima Alleanza e quello  preso da tutte le “genti”. Gesù, il Messia, viene, perciò, a portare “pace” e salvezza a tutti i popoli della terra.

Tali tratti caratterizzanti il Messia sono pure riscontrabili nell’annunzio profetico che è risuonato nelle prime parole della Lettura: «Consolate, consolate il mio popolo – dice il vostro Dio. Parlate al cuore di Gerusalemme e gridatele che la sua tribolazione è compiuta»; e specialmente in quelle conclusive: «Come un pastore egli fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna; porta gli agnellini sul petto e conduce dolcemente le pecore madri» (Isaia 40,1-2.11).

Le Divine Scritture, in tal modo, imprimono nei nostri cuori un impulso interiore capace di orientarli verso Gesù, il Signore, che nel mistero del suo primo ingresso nel mondo, viene nella amabilità e nella piccolezza del Bambino. Egli, in verità, viene a recare salvezza, liberazione, redenzione come canta il Prefazio della Messa: «...nella pienezza dei tempi hai mandato (o Dio) lo stesso tuo Verbo nel mondo perché, vivendo come uomo tra noi, ci aprisse il mistero del tuo amore paterno e, sciolti i legami mortali del male, ci infondesse di nuovo la vita eterna del cielo».

Tutto ciò induce a  unire le nostre voci a quelle della moltitudine di Gerusalemme (Matteo 21,9) nel lodare e “benedire” Dio per aver mandato il Messia, il suo figlio Gesù come nostra “salvezza”. In pari tempo comprendiamo che viene chiesto anche a noi di assumere lo stesso atteggiamento del “re di pace”: imparare cioè a vivere come uomini di pace nella mansuetudine e nella mitezza e, soprattutto, accettare di vivere in questo mondo con gli stessi sentimenti e atteggiamenti del Figlio di Dio così riassunti nell’Epistola: «Ecco, io vengo a fare la tua volontà» (Ebrei 10,9).

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In queste pagine potete trovare il commento alla liturgia domenicale e festiva secondo il RITO AMBROSIANO, curata da don Alberto Fusi.

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