6/11/2011 – Nostro Signore Re dell’Universo


1. L’ultima domenica dell’anno liturgico: Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo

La solennità odierna conclude il corrente anno liturgico dedicato alla ripresentazione nel tempo del mistero della nostra salvezza che è Cristo Signore Crocifisso e Risorto, Re dell’Universo. Il Lezionario prescrive la proclamazione dei seguenti brani biblici: Lettura: 2 Samuele 7,1-6.8.9.12-14a.16-17; Salmo 44; Epistola: Colossesi 1,9b-14; Vangelo: Giovanni 18,33c-37. Nella Messa vespertina del sabato viene letto: Luca 24,1-8 quale Vangelo della Risurrezione.


2. Vangelo secondo Giovanni 18,33c-37


In quel tempo. 33Pilato disse al Signore Gesù: «Sei tu il re dei Giudei?». 34Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». 35Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?». 36Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». 37Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».

               


3. Commento liturgico-pastorale

 

Il brano evangelico odierno fa parte del più ampio racconto della Passione che in Giovanni occupa i  capitoli 18-19 e 20. In particolare riferisce un passaggio dell’interrogatorio di Gesù condotto dal governatore romano Ponzio Pilato (18,28-19,16), al quale era stato “consegnato” dopo il processo subito presso il sommo sacerdote Caifa. La scena vede come protagonisti Gesù e Pilato che, una volta appresa l’accusa rivolta a Gesù dai maggiorenti d’Israele, gli rivolge la domanda: «Sei tu il re dei Giudei?» (v. 33).

La domanda allude alla trepida attesa presente in Israele del Messia, il quale doveva certamente restaurare il regno dando inizio a una nuova stagione esaltante per il popolo di Dio. Tale attesa era tenuta desta dagli oracoli profetici e in particolare dalla solenne promessa di Dio a Davide proclamata nella Lettura: «Io susciterò un tuo discendente dopo di te...» (2 Samuele 7,12). Curiosamente Gesù prima di dare una risposta interroga a sua volta Pilato (v. 34) tentando di aprirgli gli occhi sulla sottile manovra ordita «da altri», ovvero dai capi dei Giudei che lo hanno consegnato a lui.

La risposta piccata di Pilato: «Sono forse io Giudeo?» dice che egli non ha compreso l’avvertimento di Gesù e che considera la cosa una vicenda tutta interna che oppone a Gesù alla sua gente e ai capi dei sacerdoti che lo hanno consegnato a lui (v. 35). A questo punto abbiamo la prima delle due solenni affermazioni con le quali il Signore dichiara la sua regalità (v. 36) e quindi il suo essere effettivamente re (v. 37b).

Dapprima spiega la provenienza della sua regalità, che egli esercita con il «venire in questo mondo». Tale provenienza distingue essenzialmente la regalità di Gesù da quella che è comunemente esercitata in terra da un regnante, tanto è vero che non si è verificato nessun combattimento tra i servitori di Gesù «perché non fossi consegnato ai Giudei» (v. 36b).

Perché fosse ancora più evidente l’origine non terrena della sua regalità Gesù ripete: «Il mio regno non è di quaggiù», anche se con la sua parola e le sue opere la esercita di fatto anche qui, tra gli uomini che egli invita ad ascoltare la sua voce e a porsi sulle sue orme. Ancora una volta Pilato non coglie il messaggio profondo veicolato nelle parole di Gesù e ripresenta la stessa domanda: «Dunque tu sei re?» (v. 37). Omettendo però la precisazione «dei Giudei» (v. 33), che limita l’estensione  della sua regalità, di fatto ne proclama la dimensione universale.

Dopo aver affermato la veridicità dell’affermazione del suo giudice: «Tu lo dici: io sono re», Gesù fornisce la spiegazione relativa alla modalità della sua regalità mettendo in luce come effettivamente essa viene esercitata: «Per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità» (v. 37). Tenendo conto di ciò che si legge in merito nel vangelo giovanneo, la testimonianza riguarda la missione di portare in questo mondo ciò che Gesù, che è il Verbo di Dio fatto uomo, ha visto e ha udito presso il Padre.

In una parola, si tratta della rivelazione di Dio portata nel mondo dal suo Figlio unigenito che è destinata ad ogni uomo invitato ad “ascoltare la voce” di Gesù e dunque ad impostare concretamente la vita secondo la proposta di entrare in comunione con Dio che è il cuore della verità ossia della rivelazione.

Pur con un linguaggio diverso, l’apostolo Paolo presenta la regalità del Signore con la categoria più nota della salvezza portata nel mondo e che, nel disegno di Dio, riguarda il mondo intero. È Dio, infatti, che nel suo Figlio «ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del Figlio del suo amore, per mezzo del quale abbiamo la redenzione, il perdono dei peccati» (Epistola: Colossesi 1,13-14).

Queste parole alludono alla croce sulla quale il Signore ha dato piena testimonianza alla verità contenuta nella sua regalità, che nel progetto divino è destinata a «portare a compimento il mistero della nostra salvezza» che comporta la liberazione dell’umanità dal potere alienante del male e la conseguente consegna al Padre di  «un regno universale ed eterno: regno di santità e di grazia, regno di giustizia, di amore e di pace» ( Prefazio).

L’apostolo Paolo esorta quanti sono stati assoggettati alla signoria del Signore Crocifisso a obbedire a lui in tutto e a comportarsi «in maniera degna del Signore, per piacergli in tutto, portando frutto in ogni opera buona e crescendo nella conoscenza di Dio» (Colossesi 1,10) come autentici cittadini del Regno.

La partecipazione al «Pane della vita immortale» ci dona la grazia e la forza per obbedire «con gioia a Cristo, Signore dell’universo, per regnare anche noi un giorno nella gloria senza fine» (Orazione Dopo la Comunione ).

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In queste pagine potete trovare il commento alla liturgia domenicale e festiva secondo il RITO AMBROSIANO, curata da don Alberto Fusi.

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