7 ottobre 2012


7 ottobre 2012 - VI domenica dopo il Martirio di San Giovanni il Precursore

 

Celebra la grandezza di Dio che, per pura grazia, chiama incessantemente, da tutti i popoli e da ogni condizione di vita, uomini e donne, a divenire “discepoli” del Regno inaugurato in terra dal suo Figlio, il Signore Gesù.

 

Il Lezionario

 

Riporta i seguenti brani biblici: Lettura: Isaia 45,20-24a; Salmo 64 (65); Epistola: Efesini 2,5c-13; Vangelo: Matteo 20,1-16. Nella Messa vespertina del sabato, il Vangelo della Risurrezione è preso da Luca 24,13b.36-48. (Le orazioni e i canti della Messa sono quelli della XXVII domenica del Tempo «per annum» del Messale Ambrosiano).

 

Lettura del profeta Isaia (45,20-24a)

 

Così dice il Signore Dio: / «20Radunatevi e venite, / avvicinatevi tutti insieme, / superstiti delle nazioni! / Non comprendono quelli che portano / un loro idolo di legno / e pregano un dio / che non può salvare. / 21Raccontate, presentate le prove, / consigliatevi pure insieme! / Chi ha fatto sentire ciò da molto tempo / e chi l’ha raccontato fin da allora? / Non sono forse io, il Signore? / Fuori di me non c’è altro dio; / un dio giusto e salvatore / non c’è all’infuori di me. / 22Volgetevi a me e sarete salvi, / voi tutti confini della terra, / perché io sono Dio, non ce n’è altri. / 23Lo giuro su me stesso, / dalla mia bocca esce la giustizia, / una parola che non torna indietro: / davanti a me si piegherà ogni ginocchio, / per me giurerà ogni lingua». / 24Si dirà: «Solo nel Signore / si trovano giustizia e potenza!».

 

I versetti oggi proclamati fanno seguito alla dichiarazione riguardante la bontà della creazione voluta da Dio (vv. 18-19) e contengono l’invito rivolto ai popoli a ritornare a lui, la contestazione del culto idolatrico e la riaffermazione della sua unicità. Lui solo, al contrario degli idoli, è un Dio «giusto e salvatore» (vv. 20-21), in grado cioè di agire efficacemente in favore di chi crede in lui. Per questo invita tutte le genti a volgersi a lui, fedele alla sua parola e nel recare salvezza (vv. 22-24a).

 

Lettera di san Paolo apostolo agli Efesini (2,5c-13)

 

Fratelli, 5cper grazia siete salvati. 6Con lui ci ha anche risuscitato e ci ha fatto sedere nei cieli, in Cristo Gesù, 7per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia mediante la sua bontà verso di noi in Cristo Gesù.

8Per grazia infatti siete salvati mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio; 9né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene. 10Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone, che Dio ha preparato perché in esse camminassimo.

11Perciò ricordatevi che un tempo voi, pagani nella carne, chiamati non circoncisi da quelli che si dicono circoncisi perché resi tali nella carne per mano d’uomo, 12ricordatevi che in quel tempo eravate senza Cristo, esclusi dalla cittadinanza d’Israele, estranei ai patti della promessa, senza speranza e senza Dio nel mondo. 13Ora invece, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate lontani, siete diventati vicini, grazie al sangue di Cristo.

 

L’Apostolo sta mettendo in luce il risultato concreto della salvezza ottenuta come grazia gratis data e che fa partecipi, fin da adesso, i credenti del contenuto salvifico proprio della risurrezione e dell’esaltazione del Signore Gesù alla destra di Dio (v. 5c-6), ovvero della sua Pasqua. In ciò si manifesta la bontà divina che, in Gesù, offre salvezza come dono al di là di ogni merito e dà la possibilità di compiere le stesse opere del suo Figlio a lui gradite (vv. 7-10). Nei vv. 11-13 l’Apostolo evidenzia la condizione miserabile dei «pagani nella carne», ossia dei non appartenenti al popolo di Dio, dalla quale, «grazie al sangue di Cristo», sono stati tratti per poter partecipare anch’essi alla promessa fatta a Israele.

 

Lettura del Vangelo secondo Matteo (20,1-16)

 

In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «1Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. 2Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. 3Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, 4e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. 5Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno, e verso le tre, e fece altrettanto. 6Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. 7Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”.

8Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e da’ loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. 9Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. 10Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. 11Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone 12dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”. 13Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? 14Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: 15non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. 16Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».

 

Il brano evangelico, introdotto dalla formula: «Il regno dei cieli è simile a» (v. 1a), riporta una delle parabole più avvincenti relative al Regno! Il racconto, nella sua prima parte (vv. 1b-7), è chiaramente imperniato sulle prime quattro uscite del padrone della vigna per assumere operai con i quali concorda un congruo compenso per il lavoro svolto (vv. 1b-5) e su una quinta e ultima uscita intorno alle cinque del pomeriggio, dunque a giornata lavorativa quasi conclusa, senza però concordare il compenso (vv. 6-7). La seconda parte (vv. 8-15) è introdotta dalla connotazione temporale: «venuta la sera» e dall’ordine impartito dal padrone al suo amministratore di effettuare il pagamento degli operai «cominciando però dagli ultimi» (vv. 8-9). Il v. 12 registra la protesta degli operai della prima ora nel constatare di essere pagati come quelli che «hanno lavorato un’ora sola». I vv. 13-15 riportano la risposta del padrone che rende ragione del suo operato apparentemente ingiusto e nel quale, in verità, si cela l’agire di Dio sorprendentemente buono e generoso con tutti specialmente se considerati ultimi e peccatori . Viene in tal modo superato il concetto di giustizia concepito come precisa corrispondenza tra diritti e doveri. Non è così presso Dio! Il brano si conclude al v. 16 con la nota riguardante la classificazione di primi e ultimi agli occhi di Dio.

 

Commento liturgico-pastorale

 

In questa domenica le divine Scritture tracciano un profilo del discepolo del Signore chiamato da tutti i popoli e da tutte le culture, come afferma il testo profetico, e a «tutte le ore», come intendiamo dalla parabola evangelica.

Con ciò è evidente la gratuità totale della nostra chiamata, dalla miseranda nostra condizione di “pagani” a seguire il Signore come insegna l’Epistola paolina! Ed è proprio la gratuità inspiegabile della grazia divina all’origine dell’appello rivolto ai «superstiti delle nazioni» a volgersi a Dio per ottenere salvezza (Lettura: Isaia 45,20).

Una gratuità che è rivelata in pienezza e definitivamente dal Signore Gesù che manifesta un Dio non legato a schemi mondani del merito e della ricompensa, ma assolutamente disposto a fare grazia, a offrire la sua salvezza a tutti con particolare preferenza per quanti, dal citato schema mondano, sono considerati immeritevoli e, dunque, esclusi.

Gesù chiede a tutti noi di accogliere Dio così com’è: buono! (v. 15) rifuggendo da ogni tentativo di avere qualcosa da rivendicare davanti a lui e dal covare risentimento nell’animo per il suo agire umanamente incomprensibile.

È una lezione imparata personalmente dall’Apostolo e che egli non cessa di impartire nelle sue Lettere, quella che vede i «senza Cristo, esclusi dalla cittadinanza d’Israele, estranei ai patti della promessa, senza speranza e senza Dio» (Epistola: Efesini 2,12), vale a dire la moltitudine dei popoli pagani ritenuti «lontani» e ora «diventati vicini grazie al sangue di Cristo» (v. 13) e dunque pienamente partecipi della salvezza operata nella sua Pasqua (v. 6).

È la lezione che nessuno di noi può e deve dimenticare. Al contrario, in questi nostri giorni attraversati da tanta incertezza e inquietudine, occorre annunciare con gioia la grandezza del nostro Dio che fa di tutto per mostrare, fino alla fine dei secoli, la «straordinaria ricchezza della sua grazia mediante la sua bontà verso di noi in Cristo Gesù» (v. 7).

Via da noi, pertanto, quella mentalità tanto cara al nostro modo di vedere le cose e che vorrebbe persino “regolare” l’agire di Dio costringendolo nei nostri schemi. Deve essere a tutti chiaro che nessun uomo può reclamare qualcosa o pensare di avere qualche credito da vantare davanti a lui. Il fatto di essere stati chiamati alla fede , a far parte della Chiesa e, perciò, a divenire “candidati” del Regno, non è frutto dei nostri meriti ma dono esclusivo di Dio. Un dono che egli vuole partecipare al maggior numero di uomini perché frutto nientemeno che del sangue del suo Figlio, nel quale brilla la sua bontà che lo porta a essere generoso con tutti e specialmente con quanti secondo i criteri umani di giudizio non sono meritevoli di ciò.

Tocca alla Chiesa perseverare nell’incessante gioiosa proclamazione della bontà di Dio che apre a tutti le porte del suo Regno. Si realizzerà così il desiderio profondo del cuore paterno di Dio svelato dalla parola profetica: «Volgetevi a me e sarete salvi, voi tutti i confini della terra» (Isaia 45,22). Per questo, prima di accostarci alla mensa eucaristica che annunzia quella del Regno, abbiamo così pregato: «Annunzierò, o Dio, le tue gesta mirabili, gioisco in te ed esulto, canto inni al tuo nome, o Altissimo» (Canto Allo Spezzare del Pane).

 

 

 

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In queste pagine potete trovare il commento alla liturgia domenicale e festiva secondo il RITO AMBROSIANO, curata da don Alberto Fusi.

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