7 aprile 2013 – II domenica di Pasqua

Conclude lottava di Pasqua ed è tradizionalmente denominata “In Albis depositis” perché i battezzati nella Veglia pasquale, a partire dal giorno precedente, si presentavano avendo «oramai tolto le vesti battesimali».

 

Il Lezionario

 

Presenta  ogni anno i seguenti brani biblici: Lettura: Atti degli Apostoli 4,8-24a; Salmo: 117 (118); Epistola: Colossesi 2,8-15; Vangelo: Giovanni 20,19-31. Alla Messa vespertina del sabato viene proclamato: Giovanni 7,37-39a quale Lettura vigiliare. (Le orazioni e i canti della Messa sono quelli propri per questa Domenica proposti nel Messale Ambrosiano).

 

Lettura degli Atti degli Apostoli (4,8-24a) 

 

In quei giorni. 8Pietro, colmato di Spirito Santo, disse loro: «Capi del popolo e anziani, 9visto che oggi veniamo interrogati sul beneficio recato a un uomo infermo e cioè per mezzo di chi egli sia stato salvato, 10sia noto a tutti voi e a tutto il popolo d’Israele: nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, che voi avete crocifisso e che Dio ha risuscitato dai morti, costui vi sta innanzi risanato. 11Questo Gesù è la pietra che è stata scartata da voi, costruttori, e che è diventata la pietra d’angolo. 12In nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati». 13Vedendo la franchezza di Pietro e di Giovanni e rendendosi conto che erano persone semplici e senza istruzione, rimanevano stupiti e li riconoscevano come quelli che erano stati con Gesù. 14Vedendo poi in piedi, vicino a loro, l’uomo che era stato guarito, non sapevano che cosa replicare. 15Li fecero uscire dal sinedrio e si misero a consultarsi fra loro dicendo: 16«Che dobbiamo fare a questi uomini? Un segno evidente è avvenuto per opera loro; esso è diventato talmente noto a tutti gli abitanti di Gerusalemme che non possiamo negarlo. 17Ma perché non si divulghi maggiormente tra il popolo, proibiamo loro con minacce di  parlare ancora ad alcuno in quel nome». 18Li richiamarono e ordinarono loro di non parlare in alcun modo né di insegnare nel nome di Gesù. 19Ma Pietro e Giovanni replicarono: «Se sia giusto innanzi a Dio obbedire a voi invece che a Dio, giudicatelo voi. 20Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato». 21Quelli allora, dopo averli ulteriormente minacciati, non trovando in che modo poterli punire, li lasciarono andare a causa del popolo, perché tutti glorificavano Dio per l’accaduto. 22L’uomo infatti nel quale era avvenuto questo miracolo della guarigione aveva più di quarant’anni. 23Rimessi in libertà, Pietro e Giovanni andarono dai loro fratelli e riferirono quanto avevano detto loro i capi dei sacerdoti e gli anziani. 24Quando udirono questo, tutti insieme innalzarono la loro voce a Dio.

 

Il brano riporta il discorso fatto da Pietro davanti al Sinedrio (vv. 8-12) dopo essere stato arrestato con Giovanni in seguito alla guarigione dello storpio alla porta Bella del Tempio (Atti 3,1-11). I vv. 13-15 registrano lo stupore del Sinedrio davanti alla “franchezza” con la quale Pietro e Giovanni annunziavano il nome del Signore di cui vengono riconosciuti come «quelli che erano stati con Gesù». Segue ai vv. 15-18 il resoconto della consultazione tra i membri del Sinedrio sul da farsi e della decisione di proibire agli Apostoli «di non parlare in alcun modo né di insegnare nel nome di Gesù». Proibizione alla quale Pietro e Giovanni non intendono uniformarsi (vv. 19-20). Il brano si conclude con il rilascio di Pietro e Giovanni (vv. 21-22) che riferiscono prontamente alla comunità dei fratelli quanto era loro accaduto (vv. 23-24).

 

Lettera di san Paolo apostolo ai Colossesi (2,8-15)

 

Fratelli, 8fate attenzione che nessuno faccia di voi sua preda con la filosofia e con vuoti raggiri ispirati alla tradizione umana, secondo gli elementi del mondo e non secondo Cristo. 9È in lui che abita corporalmente tutta la pienezza della divinità, 10e voi partecipate della pienezza di lui, che è il capo di ogni Principato e di ogni Potenza. 11In lui voi siete stati anche circoncisi non mediante una circoncisione fatta da mano d’uomo con la spogliazione del corpo di carne, ma con la circoncisione di Cristo: 12con lui sepolti nel battesimo, con lui siete anche risorti mediante la fede nella potenza di Dio, che lo ha risuscitato dai morti. 13Con lui Dio ha dato vita anche a voi, che eravate morti a causa delle colpe e della non circoncisione della vostra carne, perdonandoci tutte le colpe e 14annullando il documento scritto contro di noi che, con le prescrizioni, ci era contrario: lo ha tolto di mezzo inchiodandolo alla croce. 15Avendo privato della loro forza i Principati e le Potenze, ne ha fatto pubblico spettacolo, trionfando su di loro in Cristo.

 

L’Apostolo che ha appena esortato i cristiani di Colosse a rimanere saldi nella fede in Cristo Gesù (2,6-7), passa ora a metterli in guardia dalle dottrine mondane e ingannevoli che si oppongono al Vangelo (v.8). Ai vv. 9-12 leggiamo la proclamazione di fede sulla divinità di Cristo della cui “pienezza” partecipano i credenti (vv.9-10). I vv. 11-13 sviluppano le modalità di una simile partecipazione a partire dal Battesimo che rappresenta la “circoncisione di Cristo”. In esso si fa esperienza personale di ciò che rappresenta, a livello salvifico, la morte, la sepoltura e la risurrezione del Signore a partire dal perdono di «tutte le colpe» e dall’annullamento del «documento scritto», che decreta la condanna dei peccatori (vv.13-14). Nella Pasqua del suo Figlio, pertanto, Dio stesso ha trionfato su ogni potenza contraria ai suoi progetti di salvezza (v.15).

 

Lettura del Vangelo secondo Giovanni (20,19-31)

 

In quel tempo. 19La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». 20Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». 22Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. 23A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

24Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. 25Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».

26Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». 27Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». 28Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». 29Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto: beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».

30Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. 31Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

 

Il testo evangelico si presenta chiaramente diviso in due parti riguardanti rispettivamente l’apparizione del Signore Risorto la sera di Pasqua  (vv. 19-23) e il successivo suo incontro “otto giorni dopo” con la presenza, stavolta, dell’apostolo Tommaso (vv. 24-29). I vv. 30-31, infine, riportano alcune considerazioni conclusive dell’evangelista in ordine al suo Vangelo, messo per iscritto con l’intento di suscitare la fede in Gesù come Messia e Figlio di Dio e, ottenere in tal modo, la “vita” ossia la comunione filiale, per mezzo di Cristo, con il Padre.

 

Commento liturgico-pastorale

 

Il presente brano evangelico, che  ogni anno viene proclamato nella seconda domenica di Pasqua, è di decisiva importanza per la comprensione dell’esistenza stessa della Chiesa e della sua missione. Va anzitutto sottolineata l’importante precisazione riguardante il raduno dei discepoli «la sera di quel giorno», quello, s’intende, della Risurrezione, in un unico luogo (v. 19). Ciò sembra indicare che, quanto viene narrato, riguarda la comunità ecclesiale di allora, come di oggi e di sempre. Al centro dell’attenzione c’è il Signore Gesù che si presenta ai suoi riuniti a porte chiuse «per timore dei Giudei». Viene così evidenziato che non vi sono ostacoli e barriere che possano impedire al Signore di “stare in mezzo” alla sua Chiesa e di offrire il dono pasquale della pace, dovuta proprio alla sua presenza. Con il Signore Risorto, perciò, nel cuore dei discepoli la pace subentra al timore. A essi Gesù si fa riconoscere mostrando «loro le mani e il fianco», con i segni della trafittura dei chiodi e della lancia del soldato romano, facendo sgorgare la gioia nei loro cuori alla vista del  Maestro che videro pendere dalla Croce (v. 20).

A essi il Crocifisso/Risorto può ora consegnare il mandato per la specifica missione che dovranno compiere e che la Chiesa dovrà continuare lungo i tempi. Egli, che è l’inviato dal Padre, a sua volta manda i suoi discepoli e, in essi, quanti lungo i secoli formeranno la sua Chiesa, a compiere la sua stessa missione di salvezza garantendone l’efficacia mediante il dono dello Spirito, indicato nel gesto molto espressivo del soffiare su di essi (v. 22). La missione consiste essenzialmente nell’estendere a ogni uomo il frutto della Pasqua, vale a dire la remissione e il perdono dei peccati e con la potenza dello Spirito il dono di una vita nuova. In tal modo la Chiesa può portare nel mondo la “vita”, quella che nel Signore Gesù ha trionfato sul peccato e dunque sulla morte nella cui oscurità giace il mondo e, in esso, l’intera umanità.

In questa zona oscura si colloca Tommaso, «uno dei Dodici», con il deciso rifiuto di accogliere la testimonianza dei discepoli: «Abbiamo visto il Signore!» (v. 25).

Tommaso, che «non era con loro quando venne Gesù» la sera del giorno della sua risurrezione (v. 24), rappresenta tutti coloro che, nei secoli, dovranno fidarsi e affidarsi alla testimonianza che la comunità dei credenti offre su Gesù, il Vivente, senza esigere perciò di vedere e di mettere personalmente la mano nelle sue ferite. Tommaso supererà questa pretesa “otto giorni dopo” allorché il Signore tornerà tra i suoi recando il dono della pace e gli chiederà di mettere il suo dito e la sua mano nelle sue ferite esortandolo a «non essere più incredulo, ma credente!» (v. 27). Esortazione che va compresa, in realtà, rivolta a ogni futuro discepolo e, in prospettiva, a ogni uomo chiamato a diventarlo.

La reazione di Tommaso è quella di chi oramai è diventato credente. Ora non è più interessato a  vedere e a toccare le ferite del Signore, ma si rivolge a lui con una proclamazione di fede assoluta: «Mio Signore e mio Dio!». Con ciò riconosce che il suo Maestro, morto sulla Croce, deposto nel sepolcro, è il Risorto, è Dio!

Le parole conclusive del Signore (v. 29) sono anch’esse rivolte, tramite Tommaso, ai futuri credenti e, dunque, anche a noi che oggi le ascoltiamo nella proclamazione liturgica dell’evangelo. Fin da ora siamo da Gesù stesso proclamati beati perché crediamo in lui senza poterlo vedere e toccare. Vedere e toccare il Risorto è l’esperienza propria dei Dodici. D’ora in poi la fede dei credenti dovrà poggiarsi sulla loro testimonianza guardandosi, come avverte l’Apostolo, di cadere vittima della vuota pretesa di chi pensa e ragiona «secondo gli elementi del mondo e non secondo Cristo» (Epistola: Colossesi 2,8). Per questo abbiamo così pregato nell’orazione All’Inizio dell’Assemblea Liturgica: «Dio… avvinci a te il cuore dei tuoi servi; tu che ci hai liberato dalle tenebre dello spirito non lasciarci allontanare più dalla tua luce».

Nella celebrazione eucaristica, scandita dal solenne ritmo domenicale istituito dalle apparizioni del Risorto, è possibile per noi vivere, nel mistero, l’esperienza degli Apostoli: crescere nella fede e nell’amore del Signore e accogliere, con il “soffio” del suo Spirito, il mandato che ci abilita alla missione evangelica nel mondo.

La Lettura mostra come questa missione è stata da subito attuata dagli stessi Apostoli, i quali annunziano con estrema chiarezza che «in nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati»  (Atti degli Apostoli 4,12). L’esperienza che essi hanno fatto del Risorto, la missione ricevuta nella potenza dello Spirito Santo, è insopprimibile nei loro cuori e li spinge ad annunziare a tutti, anche a costo della vita, la reale unica possibilità di salvezza che è in Cristo Signore: «Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato» (Atti 4,20).

Anche noi, di domenica in domenica, impariamo a «camminare nella nuova realtà dello Spirito», nella quale siamo stati stabiliti dai sacramenti pasquali. In tal modo «ci è dato di superare il rischio orrendo della morte eterna, ed è serbata ai credenti la lieta speranza della vita senza fine» (Prefazio) che ci è già donata nella partecipazione al Corpo e al Sangue del Signore, nel quale «abita corporalmente tutta la pienezza della divinità» ( Colossesi 2,9).

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In queste pagine potete trovare il commento alla liturgia domenicale e festiva secondo il RITO AMBROSIANO, curata da don Alberto Fusi.

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