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La verità sul gioco d'azzardo

Nei giorni scorsi si è molto parlato delle novità sul gioco d’azzardo introdotte dal Ministero della Salute. L’obiettivo era quello di evitare la “ludopatia”, ovvero la spinta compulsiva a giocare che affligge davvero tante persone. Il fatto che questa malattia sociale sia stata identificata come pericolo è positivo, meno lo è che siano state stanziate poche risorse per fronteggiarla.

E, soprattutto, che la polemica si sia concentrata su fatti materiali che sarebbero anche provvedimenti concreti, ma sottoposti al tiramolla delle fazioni sembrano davvero di piccolo cabotaggio: 500 metri di distanza delle sale giochi da scuole e luoghi sociali oppure bastano 200 metri?

A me pare che porre la questione dal punto di vista della salute sia corretto. Ma visto che parliamo di salute, dovremmo andare oltre il dito e guardare la luna, cioè la salute collettiva che è messa in discussione da queste abitudini. Che, certo, faticheranno a sparire finché ci sono tanti interessi ambigui in gioco, compreso il ruolo di “banco” svolto spesso e volentieri dallo Stato.

C’è anche da dire che il gioco, in sé, non è una malattia. È invece una disposizione fondamentale e positiva dell’animo umano, sicché stimolarla verso il peggio è una manipolazione gaglioffa quanto “naturale” da compiere: una scorciatoia verso il mito di farcela in barba alla fatica e alla povertà.

Noi italiani siamo primi nella triste classifica dei giocatori d’Europa e terzi al mondo. Quella del gioco d’azzardo, secondo una ricerca descritta qui (http://www.quotidianosanita.it/cronache/articolo.php?articolo_id=10695) è la terza industria italiana. Confrontando questo dato con il -7,3 % tendenziale della produzione nazionale, viene da pensare – a parte molte altre considerazioni – che questo sia un sintomo di resa: sempre più persone sperano nello stellone, sempre di meno nel lavoro quotidiano.

E' il caso di darsi da fare, anche perché pure Facebook ha appena annunciato la propria apertura alle puntate in denaro.

Qui sotto un servizio della tv di "La Stampa" che riassume alcuni elementi importanti da tenere presenti.

Pubblicato il 13 settembre 2012 - Commenti (0)

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Giuseppe Romano

Giuseppe Romano insegna Lettura e creazione di testi interattivi all'Università Cattolica di Milano e collabora con quotidiani e riviste su temi riguardanti l’era digitale, la comunicazione interattiva, i videogame, i fenomeni di massa.

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