25
giu

Il senso del limite

Torno sul tempo da dedicare quotidianamente ai terminali elettronici.

Al proposito il secondo punto che mi pare importante è questo: piuttosto che imporre limiti, meglio insegnare il senso del limite. Tutto ciò che piace (così come ciò che dispiace) normalmente giunge, trascorre e se ne va. A tavola non ci si rimpinza, così come non si dorme all’infinito e non si sta fuori a oltranza la sera. Quello del giocare è un tempo bello e importante, che dura quanto basta per dare alla giornata un equilibrio tra piaceri e doveri.

Direi che nell'insegnare (e imparare) a mettersi un limite sta molta parte del più sano ruolo educativo, quello che aiuta a cavarsela da soli davanti alle scelte e alle priorità. Nel caso del rapporto con il mondo digitale, il limite non è insito nei contenuti e nemmeno nei terminali. Se qualcosa hanno in comune il mondo della nuova tv e quello di pc, console, tablet, smartphone, è proprio quello di proporre una fruizione illimitata. Fateci caso: c’è sempre qualcos’altro d’interessante che si può vedere, c’è sempre un passo avanti che resta da fare nel gioco o nell’esplorazione.

E siccome l’esperienza non pone limiti ma anzi li abolisce, occorre che i limiti li mettiamo noi per essere padroni di noi stessi e del nostro mondo. Con i videogiochi questa opportunità può imporsi come una tragica evidenza, dal momento che alcuni sono pressoché “infiniti”.

Un adulto può sforzarsi di possedere questo senso del limite, che non è mai scontato. Farlo proprio e mostrare che esiste, specie davanti alle esigenze o alla presenza altrui, è un ottimo cemento familiare. Ma come si fa a farlo capire a un bambino o a un ragazzo? Alla prossima.

Intanto, è stata annunciata la versione online di "The Elder's Scroll: Skyrim", un gioco di ruolo (per adulti) di cui qui abbiamo parlato. Tipico esempio di gioco senza fine. Ecco il trailer:

Pubblicato il 25 giugno 2012 - Commenti (0)
20
giu

Quanto tempo ai terminali digitali?

Sul web s'incontrano molte foto eloquenti come questa
Sul web s'incontrano molte foto eloquenti come questa

Conviene mettere un  limite al tempo che bambini e ragazzi trascorrono al computer per navigare, chiacchierare online, giocare?

Cominciamo a distinguere. Parlare di “tempo” in generale non aiuta a capire: infatti è sempre più normale che si usi il pc anche per studiare, per collaborare, per scambiarsi opinioni. Nemmeno parlare di “pc” aiuta poi tanto, dal momento che con molti cellulari si svolgono perfettamente parecchie operazioni analoghe: si scrive, si chatta, si guarda, si scaricano e si caricano materiali come foto e video.

Mi sembra importante individuare i principi a cui “agganciare” le priorità che si vogliono stabilire: l’autoritarismo fine a sé stesso (“perché lo dico io”) non è il modo migliore per insegnare convinzioni condivise e durevoli.

Primo punto. In certi momenti non si sta al computer (o al telefono) perché in famiglia ci sono altre cose più belle e più importanti da fare. Se, in linea di massima, è stabilito che durante il pranzo e la cena non si fanno e non si ricevono telefonate sul cellulare, questa è una scelta significativa che resta impressa ai figli quando la vedono adottata risolutamente da papà e mamma: la legge vale per tutti…

L’altra sera al ristorante ho assistito a una scena paradossale. Due persone vengono accompagnate al loro tavolo. Giovani e ben vestiti sia lui che lei, fanno pensare a un incontro romantico. Si siedono. Conversano qualche minuto sottovoce, occhi negli occhi. Poi suona il cellulare di lui. Lui si affretta a tirarlo fuori e risponde senza neanche guardare chi chiama. Lei ammutolisce e resta a guardarlo. La conversazione si protrae senza alcun cenno di interruzione. Suona anche il telefono di lei. Che sorride e risponde. Parlano tutti e due a voce alta, come se attorno non ci fosse nessuno. Sono da soli. Soli col loro terminale digitale.

Come si chiama questo disturbo (di sicuro disturba…)? Ansia da cellulare? Automatismo stimolo-risposta? Schiavitù digitale? Fateci caso: anche negli incontri importanti, con appuntamenti presi da settimane, c’è chi si permette di tenere acceso il cellulare e rispondere, dando priorità a chiamate inattese e spesso futili rispetto all’ospite seduto lì fisicamente. Altri consultano compulsivamente il telefonino, guardando se ci sono mail in arrivo, qualsiasi cosa stiano facendo nel frattempo.

È bene che in famiglia esista un “galateo” per proteggere i momenti (rari!) di convivialità.

Ne riparleremo. Mi piacerebbe anche sapere che cosa ne pensano e quali esperienze posseggono tanti papà e mamme (e tanti figli).

Pubblicato il 20 giugno 2012 - Commenti (0)
08
giu

Il tesoro delle Coccolafiabe

Cappuccetto rosso
Cappuccetto rosso

Tutti i bambini crescono con le fiabe. Sono un tesoro di sapienza e di narrazione che tanti papà e mamme hanno appreso da piccoli e a loro volta trasmesso dolcemente ai figli piccoli. Cinquant’anni dopo, io mi porto dentro questa ricchezza fatta di personaggi e situazioni, ma anche di volti cari che me li hanno fatti conoscere.

Sono anche state le mie prime letture, come credo di quasi tutti. È per questo che mi emoziona ancora quando rintraccio belle edizioni, che per me sono quelle che sanno affiancare immagini semplici e incisive – senza barocchismi eccessivi – e testi lineari che narrano quel che va narrato così come è sempre stato, fedeli all’immaginario collettivo.

La principessa sul pisello
La principessa sul pisello

Le più belle coccolafiabe, di Lodovica Cima con illustrazioni di Sara Benecino e Francesca Carabelli (San Paolo 2011) è esattamente il libro che sognavo di sfogliare, di leggere e di regalare a qualsiasi bimbo a cui mi capiti di voler fare un dono. Contiene dodici fiabe classiche, da Cenerentola al Gatto con gli stivali, dal Brutto anatroccolo ai Tre porcellini, riscritte con semplicità, in modo che possano essere la prima lettura di un bambino o di una bambina che hanno da poco imparato a leggere. I testo sono stampati in maiuscolo, per agevolare una piacevole lettura in proprio, e sono abbastanza sintetici per offrirsi anche come “lettura della sera” da parte dei genitori. Le due cose poi andranno insieme, come spesso accade nei casi migliori, perché dall’ascolto viene la voglia di tornarci su da sé. E le illustrazioni fanno innamorare non meno della storia scritta.

Hansel e Gretel
Hansel e Gretel

Per tutte queste ragioni ne avrei comunque parlato qui, probabilmente, ma a giustificare la presenza in Family Game c’è anche quella pagina conclusiva, dopo ogni fiaba, in cui si gioca con le storie: filastrocche di parole e immagini, disegni da trasformare in parole, labirinti con disegni che rimandano a termini da indovinare. Insomma, una piccola sezione interattiva (di interattività antica) in cui soffermarsi dopo aver ultimato la lettura.

Il gatto con gli stivali
Il gatto con gli stivali

Natale è lontano, ma ci sono tante occasioni per donare un bel libro…

Pubblicato il 08 giugno 2012 - Commenti (0)

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Autore del blog

Family Game

Giuseppe Romano

Giuseppe Romano insegna Lettura e creazione di testi interattivi all'Università Cattolica di Milano e collabora con quotidiani e riviste su temi riguardanti l’era digitale, la comunicazione interattiva, i videogame, i fenomeni di massa.

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