05
mar

"GTA V": modi e rischi dell'immedesimazione

Grand Theft Auto V arriverà a settembre. Mancano molti mesi, ma l’attesa è grande, trattandosi di uno dei videogiochi più diffusi (la serie ha raggiunto i 125 milioni di copie vendute) e forse del più discusso di sempre.

In sostanza si tratta di vivere in prima persona una storia come quella di Il padrino, o Il Soprano. Con la differenza, non piccola, che per l’appunto sembra svanire qualsiasi distanza critica fra la storia e il suo pubblico. Un conto è stare seduti in poltrona e guardare Al Pacino e Robert De Niro che fanno i malvagi, tenendo ferma la distanza di sicurezza che ci separa dallo schermo, e tutt’altro è impersonare il protagonista e farne proprie le discutibili vicende.

Molte critiche a questo gioco hanno riguardato alcuni suoi aspetti esteriori e violenti: celebre la possibilità di investire a piacimento qualsiasi passante mentre si guida un’auto, oppure trucidarlo senza un perché a colpi d’armi varie. Questi momenti impressionano, ma sono tutto sommato poca cosa rispetto alla sfida principale, quella di immedesimarsi nella mente di un malvivente che vuole – a modo suo – fare carriera nel crimine.

Qui, tuttavia, la questione si fa più sottile. L’attore che impersona Hannibal the Cannibal in Il silenzio degli innocenti è lui stesso cattivo come il personaggio a cui presta il volto e il corpo? Forse che recitare al meglio non è proprio il sintomo della sua bravura, ciò che ce lo fa apprezzare? Chi si occupa di narrazione interattiva deve riflettere su queste dinamiche, perché l’immedesimazione è il fulcro di queste modalità d’interazione. Senza voler giustificare in alcun modo la complicità con la violenza, occorre riflettere sul fatto che nei videogiochi come questo si verifica qualcosa di simile a ciò che avviene al teatro: ma i confini fra proscenio e platea si sfumano e l’azione conquista tutto il campo.

In un certo senso, Grand Theft Auto evidenzia, con la maestria di un vero e proprio capolavoro tecnologico e narrativo nel suo genere, le potenzialità psicologiche di un discorso in cui per sperimentare una trama si accetta di coincidere con essa. Prima di condannarne alcuni esiti, conviene comunque rendersi conto di ciò che accade, del modo in cui simili narrazioni ci coinvolgono. In certi casi situazioni interattive vengono sfruttate per agevolare la capacità di scelta attraverso eventi immaginari ma plausibili, dei “come se” che potrebbero capitare in circostanze dove decidere in un modo o nell’altro fa la differenza. Un simulatore di volo, per esempio, insegna a non perdere la calma e a ragionare per il meglio in fase d’atterraggio senza per questo esporre chi sperimenta (e i suoi passeggeri) al dilemma del tutto o niente, alla condizione di vita o di morte.

Qui sotto riporto il secondo trailer pubblicato dall'editore Rockstar Games, in cui si evidenzia il clima del gioco (la violenza è certamente senza risparmio):

Sottolineo che un gioco come GTA è riservato ai maggiorenni. Ciò esclude senz’altro la sua frequentazione da parte dei minori, ma richiede agli adulti una riflessione critica su ciò che, sia pure giocando e mantenendo consapevolezza della differenza tra realtà e finzione, non possono scegliere con leggerezza. Nella nuova versione non manca la solita contestualizzazione, ma ci saranno più personaggi da muovere in contemporanea, quasi ad accrescere il distacco critico rispetto all’assunzione costante di una singola personalità. Vedremo. A ogni modo, queste righe vengono al caso per non minimizzare gli effetti reali di qualsiasi accettazione, anche “virtuale” e a tutta prima innocente, di questo o quel ruolo. Al centro, sempre, ci siamo noi, e non siamo mai irresponsabili.

Pubblicato il 05 marzo 2013 - Commenti (0)
26
feb

Tecnologia e poesia

Sulla scorta del bel libro di Lynch, di cui parlavo nello scorso post, sottopongo ai lettori qualche reminiscenza poetica in tema.

 Parto dal fatto che nel titolo, Il profumo dei limoni, si può intuire una citazione da Eugenio Montale. È una delle poesie più celebri della raccolta Ossi di seppia e si intitola proprio “I limoni”. Questi sono i versi conclusivi:

La pioggia stanca la terra, di poi; s’affolta
il tedio dell’inverno sulle case,
la luce si fa avara – amara l’anima.
Quando un giorno da un malchiuso portone
tra gli alberi di una corte
ci si mostrano i gialli dei limoni;
e il gelo del cuore si sfa,
e in petto ci scrosciano
le loro canzoni
le trombe d' oro della solarità.
 

Abbiamo un grande bisogno di sorprese come queste, quando la nostra luce si fa avara. È un bel richiamo a guardare oltre le porte socchiuse, a non accontentarci della superficie.

A questo proposito – e ho sempre in mente la conversazione sul rapporto fra vita e tecnologia, nel segno di una gerarchia di valori a cui tutti dovremmo tenere come a una questione vitale – mi torna in mente un’altra poesia della stessa raccolta, che in questo contesto possiede una sorprendente “chiave di lettura tecnologica”. Ecco il testo completo:

Eugenio Montale, premio Nobel 1975 per la letteratura
Eugenio Montale, premio Nobel 1975 per la letteratura

Forse un mattino andando in un’aria di vetro,
arida, rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo:
il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro
di me, con un terrore di ubriaco.

Poi come s’uno schermo, s'accamperanno di gitto
alberi case colli per l'inganno consueto.
Ma sarà troppo tardi; ed io me n’andrò zitto
tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto.

È una poesia che può colpire per l’horror vacui che ne traspare. Ma se l’applichiamo alla “realtà virtuale” della tecnologia, se interpretata come “altro mondo” in cui tanti si rifugiano, ecco che la si può rileggere al rovescio: quando siamo nel mare digitale sì che conviene essere fra gli “uomini che si voltano”. E che riflettono.

Pubblicato il 26 febbraio 2013 - Commenti (0)
19
feb

Limoni e "digiuno tecnologico"

Sono stato invitato da una scuola milanese a presentare l'autore di un libro e il suo pensiero. Il libro s'intitola Il profumo dei limoni (Tecnologia e rapporti umani nell'era di Facebook) (Lindau) e l'ha scritto Jonah Lynch, un giovane prete statunitense che vive a Roma ed è vicerettore del seminario della Fraternità Sacerdotale dei Missionari di San Carlo Borromeo. Per prepararmi ho letto il libro con attenzione e mi sento di consigliarlo.

Tema del libro è la riflessione sull'uomo tecnologico, ovvero sul rapporto tra umanità e tecnologia. Prevale la domanda sul tempo che dedichiamo a noi stessi, ad approfondire chi siamo noi e chi sono gli altri, oppure che deleghiamo a connessioni che nascondono più di quanto rivelino.

Lynch è convinto che non sia affatto vero che la tecnologia è neutra. Secondo lui il luogo comune che il giudizio dipenda dall'uso che se ne fa è falso per insufficienza: bisogna anzitutto considerare che gli strumenti di comunicazione ci modificano mentre li usiamo, qualsiasi uso ne facciamo. Una riprova è la difficoltà oggi diffusa a leggere con calma e con attenzione: la fretta ci attanaglia e ci fa correre avanti, senza fermarci ad assaporare frasi che ci risuonano dentro.

Nessuna condanna globale a strumenti che ci rendono servizi preziosi. Eppure non c'è conclusione possibile che non sia quella di privilegiare sempre e comunque la pienezza del reale, quel profumo dei limoni che in rete non si sente. È un invito a tornare alla contemplazione, alla meditazione interiore, più o meno lo stesso che il papa con esempio clamoroso sta dando al mondo rinunciando ad agire a ogni costo: è Dio che provvede, l’“aiutati” vale solo se conti che il Cielo ti aiuti.

Jonah Lynch
Jonah Lynch

Lynch propone a un certo punto di assaggiare momenti di "digiuno tecnologico": il consiglio non è nuovo, ma mi pare particolarmente azzeccato per la famiglia. Spegnere i cellulari a tavola o in momenti di vita familiare intensa, privarsi dell'internet per periodi anche brevi, ma che marchino netta la cesura fra ciò che ci accade e ciò che davvero vogliamo. Un consiglio da mettere in pratica.

Pubblicato il 19 febbraio 2013 - Commenti (0)
11
feb

Ruzzle, catene di parole per stare assieme

Ecco come appare il pannello di controllo con cui si gioca a Ruzzle
Ecco come appare il pannello di controllo con cui si gioca a Ruzzle

Mi sono messo a giocare a Ruzzle, la popolarissima app per smartphone che si ispira allo Scarabeo aggiungendo la corsa contro il tempo e la competizione via internet. Ciascuno gioca sul proprio cellulare e alla fine l’app decreta il vincitore.

Di interessante c’è che ci si confronta fra persone vere, che possono essere amici (anche di Facebook) e persone care, piuttosto che sconosciuti pescati a caso.

Devo dire che è molto stimolante, mentre il cronometro ticchetta, scovare le parole da comporre strisciando il dito sullo schermo, come fossero serpentelli virtuali di vocali e consonanti. Al tempo stesso c’è qualcosa di sovrumano e impersonale, perché quando hai individuato trionfalmente le tue 10-15 parole scopri che nascoste nel piccolo tabellone ce n’erano altre 200 possibili (fra cui alcune francamente inarrivabili a mente e occhio umani). È questo, in realtà, che anima la competizione.

Ecco un trailer; è in inglese (non l'ho trovato in italiano), ma è comprensibile; il gioco è ovviamente in italiano.

So che c’è gente che è impazzita per questo gioco, Gerry Scotti compreso che ne vuol fare una versione per la tv. Bene sapere anche che per potersi esercitare da soli si deve comprare la versione a pagamento, 2,46 euro, altrimenti con quella gratuita ci si butta nella mischia nuotando per imparare a nuotare.

Ruzzle è l’emblema della semplicità che si fa genio. Credo che in famiglia si potrebbe usarlo – senza esagerare – come un modo per stare un po’ insieme quando ciascuno è fisicamente lontano. Ma si possono combinare belle sfide anche quando si è riuniti nella stessa stanza, ciascuno col suo telefonino in mano. Combinando, nell’uno e nell’altro caso, catene di parole per sentirsi vicini.

Pubblicato il 11 febbraio 2013 - Commenti (0)
04
feb

Sicurezza: il consiglio di ING Direct

Il folletto scelto come simbolo dell'iniziativa
Il folletto scelto come simbolo dell'iniziativa

Il rapporto tra bambini e internet merita attenzione. Conviene sgombrare il campo da alcuni equivoci istintivi se si guarda alla questione da una prospettiva “adulta”. Ai bambini il concetto di “navigazione libera e sconfinata” interessa poco, specie se è connesso alla necessità di leggere, fondamentale nella maggior parte dei siti web. Se cominciano a esplorare, è perché incuriositi dalla possibilità stessa di farlo, e magari incoraggiati – quando ne hanno l’età – dall’esigenza di ricerche scolastiche.

Altra cosa sono i social network, a partire da Facebook. Qui giova ricordare che i gestori del “libro-faccia” proibiscono di attivare profili personali a chi abbia meno di 13 anni. Il fatto che molti ignorino il divieto (facilissimamente aggirabile) consegue spesso alla permissività di genitori ai quali le conseguenze non sembrano problematiche: tanto “lo fanno tutti”!

Il consiglio (certo anche pubblicitario, ma sincero) di ING Direct, la banca online, è di montare sul pc quello che in inglese si chiama Walled Garden, ossia giardino cintato. Sul sito di “Coltiva il tuo sogno” (www.coltivailtuosogno.com), si trova e si scarica – su pc Windows – un browser, “Navigabimbo”, che sovrappone i propri controlli a quelli abituali del computer e, protetto da password, consente l’accesso soltanto a siti abilitati e per una durata temporale prefissata. Si tratta per la maggior parte di siti di giochi, cartoni e fiabe.

Il tutto nel contesto di un progetto educativo piuttosto articolato, giunto alla quinta edizione con concorsi nelle scuole italiane sulla cultura del risparmio. Ecco un video:

Coltiva il tuo sogno suggerisce di prestare attenzione alla giornata del “Safer Internet Day”, che cade il 5 febbraio.

Mi fa piacere: qualcuno pensa che aiutare le famiglie sia un buon modo di farsi pubblicità. E quindi sottolineo l’iniziativa. Come ho già scritto, chi in generale voglia saperne di più sul mondo delle protezioni sull’internet non trova di meglio dei consigli reperibili su www.ilfiltro.it.

Pubblicato il 04 febbraio 2013 - Commenti (0)
29
gen

PlayStation Network come Ustica?

Quel che resta dell'aereo e di una tra le tante tragedie italiane "misteriose"
Quel che resta dell'aereo e di una tra le tante tragedie italiane "misteriose"

Due notizie di questi giorni, in apparenza disparate ma in sostanza più vicine di quanto non appaia.

Notizia uno: dopo trent’anni, la giustizia italiana sancisce che l’areo Itavia che cadde presso l’isola di Ustica il 27 giugno 1980 fu abbattuto da un missile. Lo Stato dovrà risarcire i familiari degli 81 passeggeri per non aver garantito, con sufficienti controlli dei radar civili e militari, la sicurezza dei cieli.

Notizia due: il Garante inglese per la privacy (Information Commissioner’s Office) ha comminato alla Sony una multa di 250mila sterline, quasi 300mila euro, la più alta finora inflitta per una violazione al Data Protection Act, il codice della privacy britannico. Il fatto si riferisce all’attacco di hacker che il network mondiale Sony (oltre 80 milioni gli iscritti) aveva subito nell’aprile 2011, con furto di dati personali riguardante circa 25 milioni di utenti coinvolti. Le motivazioni della multa asseriscono che l’attacco si sarebbe potuto evitare se il software della piattaforma fosse stato aggiornato, e se le password richieste agli utenti fossero state più sicure; negligenza tanto più grave considerate l’esperienza e le risorse tecniche in possesso della società.

Il logo di Playstation Network, un enorme "luogo virtuale" per incontrarsi, giocare, acquistare per chi ha la console Sony
Il logo di Playstation Network, un enorme "luogo virtuale" per incontrarsi, giocare, acquistare per chi ha la console Sony

In entrambi i casi si parla, quindi, di aggressioni che cittadini innocenti hanno subito in situazioni che avrebbero dovuto essere “di sicurezza”. Lesioni alla fiducia, oltre che alla privacy e alla vita stessa. Accostare le due circostanze mi pare utile perché credo che i danni che potrebbero derivarci dalla navigazione in rete siano potenzialmente incalcolabili: in senso letterale, posto che nell’internet i contenuti non scompaiono mai nel tempo e nello spazio, così come le conseguenze delle azioni nostre e altrui.

Più ancora, sono convinto che non esisterà mai un’internet a misura d’uomo e di famiglia se non sarà posta in essere una tutela certa e forte. In un certo senso, è questa la ragione per cui Sony viene multata: perché il suo network asseriva di garantire una protezione molto maggiore di quella concessa normalmente nella “libera frequentazione”. Sarebbe dovuto essere un territorio protetto, una cittadella fortificata. E per questo la tranquillità dei suoi “cittadini” sarebbe dovuta restare al riparo dalle imboscate.

È e sarà sempre più questa la zona civile della rete globale: un insieme di tutele sociali e di libertà garantite, di network protetti e di filtri aggiornati, perché da soli non ce la si cava.

Già che ci siamo, su www.ilfiltro.it si trovano utili indicazioni per proteggersi tecnologicamente e culturalmente. Ma, comunque, trovate e sceglietevi “città” ben presidiate. Se poi malauguratamente non si dimostrassero tali, almeno le aspettino multe e risarcimenti.

 

Pubblicato il 29 gennaio 2013 - Commenti (0)
23
gen

Faidatè per danza e fitness

Una schermata di Zumba fitness. Dall'altra parte dello schermo noi, inquadrati da sensori di movimento che riproducono e valutano le nostre mosse
Una schermata di Zumba fitness. Dall'altra parte dello schermo noi, inquadrati da sensori di movimento che riproducono e valutano le nostre mosse

C’è una particolare categoria di videogiochi che sta spopolando: l’unica che tenga il passo con i “blockbuster” per adulti tipo Assassin’s Creed o gli evergreen per tutti come Fifa. Si tratta dei giochi di danza o di fitness, di cui i capofila sono oggi rispettivamente Just Dance 4 (Ubisoft) e Zumba fitness (505 Games).

Si tratta di opere  concepite per l’interazione spaziale: sicché console come la Wii Nintendo sono il meglio che si possa concepire; naturalmente il discorso si estende a PS3 Move e a Microsoft Kinect per Xbox. Aiutano notevolmente nell’apprendimento dei corretti movimenti per la danza e la ginnastica, e al tempo stesso consentono di confrontarsi con altre persone che praticano la stessa attività, con un atteggiamento ludico che può trasformarsi in competizione e con una programmazione ampia, variegata e seria.

A mio parere sta qui il futuro dell’“interazione corporea” con il computer. Altre simulazioni di sport, come il calcio o il tennis, se praticate a un livello serio diventano troppo faticose e praticamente impossibili da gestire in un ambiente chiuso e solitamente piccolo come quelli delle nostre case. In realtà se voglio giocare a pallone o a tennis mi accordo con gli amici e vado al campo, mentre l’equivalente digitale “formato casa” resta relegato al ruolo di giocattolo che presto viene a noia.

Sotto, un trailer di Zumba Fitness: <

La versione Kinect di Just Dance 4
La versione Kinect di Just Dance 4

Il che implica, a sua volta, che tutto il territorio tecnologico prospettato in questi anni dalle console è destinato a un ridimensionamento. Chi vuole “giocare a calcio” col pc preferisce smanettare e basta piuttosto che saltare e contorcersi. Sopravvivono, in questi settori, i cosiddetti “party games”, giochini competitivi brevi e semplici, che possono essere vissuti come semplici giochi di società.

Danzare o fare fitness, invece, sono esercizi fisici che – svolti da soli o in compagnia – traggono vantaggio dall’ausilio del computer, anche perché in pratica chi si sposta in una palestra trova spesso più o meno gli stessi elementi: ambiente chiuso, macchine statiche. Con l’aggiunta magari di luoghi affollati, code sfiancanti, caldo e sudore, costi eccessivi. Chi si accontenta, rinunciando a insegnanti professionali e optando per l’autoapprendimento, può trovarsi bene anche così, come pure chi pratica questi esercizi saltuariamente e per diletto.

Ecco un video di Just Dance:

Pubblicato il 23 gennaio 2013 - Commenti (0)
16
gen

Genitori, figli, schermi

Qualche giorno fa sono stato a Torino, dove ho partecipato a un convegno su “Violenza e nuove tecnologie: quale influenza sullo stile di vita dei giovani?”. Si trattava della conferenza finale di Safe Social Media – Stop violence on Social Media, un progetto internazionale per sensibilizzare all’uso sicuro dei social media rivolto a ragazzi, genitori e insegnanti, che prevedeva una ricerca nelle scuole italiane e spagnole.

Il progetto, finanziato dall’Unione Europea, è stato portato avanti dagli italiani di Davide.it insieme a Intermedia e Cece, la confederazione di scuole spagnole che riunisce un gran numero di istituti pubblici e privati.

Moltissime le informazioni utili fornite dalle relazioni. Fra tutte, una che mi ha francamente atterrito: dalla ricerca risulta che ben il 42,2% dei genitori non controlla che cosa i figli facciano davanti allo schermo della tv, quando giocano con i videogame o quando sono connessi all’internet; il 48,3% non fornisce assistenza o consigli per l’uso di queste piattaforme, il 73,3% non gioca mai con i videogiochi con i propri figli.

Dati impressionanti: vogliono dire in pratica che in un caso su due vostro figlio potrebbe trovarsi in una casa dove non c’è alcun controllo su ciò che guardano lui e i suoi amici. Per informazioni più dettagliate, http://it.safesocialmedia.eu/.

Durante la giornata di lavoro – era presente anche un nutrito gruppo di studenti – è stato fatto anche vedere un video impressionante che si trova su YouTube e mostra, purtroppo, di che cosa sono capaci le “provocazioni virtuali” che il cyberbullismo induce sulla rete. Carolina Picchio era una quattordicenne, si è suicidata il 5 gennaio scorso. Ecco il video, fatto da suoi amici e coetanei:

 

Pubblicato il 16 gennaio 2013 - Commenti (0)
07
gen

Tablet per bambini

Buon anno. Speriamo che lo sia. Lo sarà sicuramente per chi ai beni che si consumano antepone i beni durevoli: la famiglia, gli affetti, le amicizie, le relazioni.

In questa dimensione – che alcuni hanno definito “economia della felicità” – c’è un posto importante per il gioco, che è un’attività pienamente e seriamente umana. Giocare significa condividere con fiducia uno spazio e un tempo gratuiti, dove nessuno coltiva interessi personali che non siano quello di stare insieme.

Riparliamo di tablet, ovvero dell’iPad e dei suoi fratelli di altre marche. Utili al lavoro e nella vita quotidiana di un adulto, si sono rivelati vere e proprie calamite di attenzione per i più piccini, anche grazie alle infinite app dedicate a loro. Più in generale, il loro linguaggio risulta naturale, istintivo, immediato. Ecco un “famoso” video di YouTube che lo conferma:

È comprensibile che per ovvie ragioni di prudenza “economica”, papà e mamma possano essere restii ad abbandonare la propria costosa e preziosa tavoletta digitale nelle mani dei figli. D’altra parte il più delle volte finiscono col farlo ugualmente, sopraffatti dal desiderio e dalla costatazione che sembrano trarne piacere e beneficio. Del resto – e questa considerazione risulta importante – condividere lo stesso strumento è una componente significativa dell’“essere insieme” in famiglia.

Negli ultimi mesi sono apparsi in commercio strumenti meno costosi ma non meno funzionali, tablet concepiti apposta per l’età dai 3 ai 12 anni. Qualche settimana fa un articolo del Corriere della Sera forniva un buon panorama (http://27esimaora.corriere.it/articolo/i-tablet-per-i-piccoli-con-il-control-incorporato-provati-per-voi/).

La raccomandazione conclusiva dell’articolo è la stessa che torna spesso in questa rubrica: non usate gli schermi, siano o no interattivi, per “parcheggiare” i vostri figli. Detto questo, è anche vero che il prossimo futuro renderà necessario moltiplicare in famiglia questi strumenti, per ragioni di informazione, di lavoro, di intrattenimento e anche di educazione scolastica.

Pubblicato il 07 gennaio 2013 - Commenti (0)
28
dic

Scrittura creativa "interattiva"

Mi è arrivata una  notizia interessante. La scrittrice Lodovica Cima, autrice di libri per bambini e ragazzi e responsabile dell’area ragazzi dell’editrice San Paolo, organizza un corso online dedicato alla scrittura creativa.

L’iniziativa è organizzata da Langue & parole e si svolgerà dal 7 gennaio all’8 febbraio 2013. Tutte le informazioni sono su www.langueparoleformazione.com. Il corso si rivolge ad aspiranti autori di opere per bambini e ragazzi e si propone di insegnare le tecniche di scrittura più adeguate e di dare una panoramica sull’editoria di settore.

Trascrivo qui il programma, che dà l’idea degli argomenti trattati:

1° Incontro

- Introduzione: quale scrittura per bambini? quale scrittura per ragazzi?

- Linguaggi narrativi a confronto.

- Partiamo da una storia da leggere… e da analizzare.

 

2° Incontro

- La palestra di scrittura.

- Giocare con le parole.

- L’acrostico, il mesostico, il logogrifo, l’anagramma, la rima, il limerick, la filastrocca, la poesia visiva.

- Esercitazione (i partecipanti potranno esercitarsi nella scrittura sui modelli presentati. Il lavoro  verrà ritirato, corretto e commentato, poi riconsegnato prima dell’incontro successivo).

 

3° Incontro

- Obbiettivo personaggi.

- Identikit creativi dei personaggi.

- La lettera.

- L’intervista.

- Esercitazione.

 

4° Incontro

- La descrizione.

- La forza dei dettagli.

- Il gioco delle metafore.

- Esercitazione.

 

 5° Incontro

- Pronti a produrre un testo narrativo.

- La costruzione della storia.

- Il binomio fantastico.

- La ricerca dello stile.

- Esercitazione.

6° Incontro

Incontro conclusivo

Interessante il fatto che si tratti di un corso online. Tramite il pc, da casa propria, chi ha un sogno di questo genere nel cassetto si potrà confrontare con il mondo professionale della narrativa per i giovani. Potrà partecipare così a lezioni collettive e far seguire un lavoro personale guidato da un tutor. Un esempio di interattività didattica che non è certo inedito ma si conferma insostituibile in situazioni come questa.

Se non ci rileggessimo a breve, buone feste a tutti!

Pubblicato il 28 dicembre 2012 - Commenti (0)
11
dic

Ancora sui videogiochi "per adulti"

"Mass effect 3", giudicato miglior videogioco del 2012
"Mass effect 3", giudicato miglior videogioco del 2012

Un’indagine fra i più importanti siti italiani dedicati ai videogiochi, svolta da ItaliaTopGames.com, ha stilato la classifica annuale dei migliori videogame.

Due considerazioni in merito. Anzitutto, il vincitore è stato Mass Effect 3 (Bioware), un’avventura fantascientifica il cui principale pregio consiste nell’incentrarsi sulle decisioni del giocatore per determinare la trama e l’esito finale. La sceneggiatura è così ben congegnata che anche le scelte di dialogo – le domande e le risposte che si rivolgono ad altri personaggi – contribuiscono a modificare le relazioni tra le persone e, quindi, le scelte di campo, lo svolgersi degli eventi e, più in generale, la reputazione e il comportamento etico del protagonista. Mass Effect è tra i più maturi esempi dei “videogiochi comportamentali”, ovvero di quelle storie interattive in cui quel che più conta è l’evoluzione del personaggio attraverso le sue scelte. L’eterno scontro fra bene e male riletto in chiave interattiva. A mio parere è il meglio che si possa chiedere a questo genere narrativo e d’intrattenimento. Ecco il trailer:

La seconda considerazione parte dal rilievo che Mass Effect 3, come quasi tutti gli altri videogame nella Top Ten dei più votati, è un’opera per adulti (da 18 anni in su). A conferma di una svolta ormai conclamata in questo mondo: da vari anni a questa parte i videogiochi di prima categoria, quelli in cui si investono più soldi e cervelli, sono rivolti a un pubblico maturo. Sopravvivono alcuni videogame “per tutti” soprattutto nel campo dei simulatori sportivi (nella classifica di ItaliaTopGames ci sono Fifa e NBA), ma ormai siamo molto distanti – se mai siamo stati vicini – dall’idea di videogiochi per bambini. I quali sono molto più tenuti presenti e sollecitati, invece, dai “nuovi giochi” che stanno proliferando su piattaforme touch screen dei tablet.

Non vedo niente di male nei videogame per adulti, purché questi ultimi sappiano riflettere prima di metterli in mano ai loro figli. Piuttosto, mi piacerebbe vedere qualche produzione che applichi lo schema “comportamentale” in maniera adeguata ai più giovani, sollecitandone scelte di qualità in contesti avvincenti e adatti a loro: questa sì che sarebbe un’esperienza interessante.

Pubblicato il 11 dicembre 2012 - Commenti (0)
04
dic

Emergenze e fattorie virtuali

Alcuni videogiochi mi piacciono perché non si propongono genericamente di “salvare il mondo”, come alcune altisonanti epopee fantasy e dintorni, ma più concretamente di salvarne una piccola parte.

È il caso per esempio di Emergency 2013, di Deep Silver, che segue il filone dei “simulatori di soccorso”, proponendo una serie di catastrofi davvero terrificanti a cui far fronte: da un cataclisma in piazza San Pietro a un vulcano che erutta nel cuore dell’Europa. Il giocatore è chiamato a guidare di volta in volta uomini e strategie di protezione civile, pompieri, polizia, forze di salvataggio. Il videogioco, per pc, ha anche il pregio di costare poco rispetto alla media (come anche l'altro che consiglio). Ecco un video:

Anche Farming Simulator 2013 (Giants Software) ha qualcosa di diverso dalla gran massa dei videogame. Anch’esso per pc, ha attirato con le versioni precedenti una solida platea di appassionati che amano guidare una realistica simulazione di mezzi agricoli e, già che ci sono, gestire una verosimile fattoria con annessi animali e connessi vegetali. Niente a che vedere con il frenetico cliccare di Farmville: qui l’agricoltore digitale è chiamato a impiegare il classico “cervello fino” in maniera molto dettagliata. Ecco un video, che si concentra su trattori e simili:

Chissà che in un Natale meno consumistico come il prossimo un videogioco dedicato a “mestieri” o a “missioni” risulti più gradito che battaglie, danze e sfilate di moda.

Pubblicato il 04 dicembre 2012 - Commenti (0)
28
nov

La Wii è tornata

Come non parlarne? Il 30 novembre arriva nei negozi la nuova console Nintendo Wii, chiamata “Wii U” (si legge come you, dando del tu e del voi ai giocatori). Promette di introdurre grandi novità e, come minimo, di fare la parte del leone nel mondo dei doni natalizi.

Insieme alla console usciranno una dozzina di giochi, alcuni originali e altri nella versione specifica che si unisce a quelle disponibili per altre console.

La novità principale di Wii U è il nuovo controller, che senza chiudere la porta sulla strada già intrapresa (i “telecomandi” continuano a esistere), aggiunge possibilità inedite. Si tratta di un incrocio fra un tablet, per lo schermo tattile a portata di dito e di stilo, e un controller tradizionale come quelli della PlayStation. Ecco un video per capire:

Di fatto la nuova Wii è concepita per non precludersi niente: tutte le sue facoltà tecnologiche (video, audio, memoria, velocità) sono state potenziate per sopravanzare qualsiasi altra console sul mercato, e in aggiunta si introducono notevoli risorse “concettuali”, capaci cioè di suggerire nuovi orizzonti e comportamenti di gioco. Notevole per esempio l’interazione con la tv, al punto da trasformare il controller in uno schermo portatile sul quale, oltre a giocare e a guardare le trasmissioni, si potranno probabilmente noleggiare film eccetera. Ne risulta ampliato anche il pubblico: continuano le proposte per famiglia, ma adesso si fa più intensa anche la concorrenza alle console tradizionali, quelle per i patiti del videogame.

Così come accadde per la prima Wii, gran parte del suo successo andrà legato ai primi software disponibili. Sport, anche in modalità sfida, e il solito SuperMario. Vedremo man mano, quando le proposte si moltiplicheranno, se la creatività saprà esaltare la tecnologia.

Pubblicato il 28 novembre 2012 - Commenti (0)
19
nov

Assassin's Creed, importante e contraddittorio

La città di Boston
La città di Boston

Impossibile non essersi accorti di Assassin’s Creed III, il videogioco edito da Ubisoft e in vendita dal 31 ottobre scorso (PlayStation, Xbox) e in arrivo al 22 novembre per la versione pc, dopo i ben cinque milioni profusi nella sola campagna pubblicitaria.

Si tratta del quinto episodio di un videogame apparso nel 2008, incentrato sulla figura di una setta di assassini misteriosi dotati di straordinarie abilità acrobatiche. Mentre in precedenza la storia era ambientata nell’Italia rinascimentale (Venezia, Roma, Firenze), l’ultima avventura ha luogo nel teatro della rivoluzione americana, a fine Settecento. In realtà tutte le vicende sono unificate attraverso la vita di un personaggio, Desmond Miles, che ripercorre virtualmente le esistenze dei suoi antenati per (naturalmente) salvare il mondo.

Una battaglia navale
Una battaglia navale

Assassin’s Creed è tra i videogiochi più spettacolari mai visti. Le sue ambientazioni dettagliatissime e davvero interattive (si tratti di città o ambienti naturali, ci si muove a piacimento) hanno impressionato i critici anche al di fuori del mondo degli addetti ai lavori. A riprova degli importanti fondamenti artistici la mostra che fra ottobre e novembre ha portato un centinaio di bozzetti, filmati e modelli del videogioco al Museo della Scienza di Milano.

La nota dolente, se vogliamo chiamarla così, viene dalla sceneggiatura, che nel corso delle varie puntate talora non si è fatta scrupolo di manipolare la verità storica per far posto alla setta di assassini: più che la loro invenzione – legittimo parto della fantasia – mi riferisco ai riferimenti storici “reali”, che in parecchi casi sono stati aggiustati come nemmeno nelle più traballanti fantasie di Dan Brown. D’accordo che è un gioco, ma un po’ più di cura nella plausibilità della ricostruzione dei fatti e dei personaggi avrebbe giovato alla complessiva dimensione artistica dell’opera.

Intanto ecco uno dei molti trailer che si trovano su YouTube:

In ogni caso, ne parlo qui per due ragioni. La prima: si tratta di un gioco rivolto a un pubblico adulto (le indicazioni di copertina lo sconsigliano a chi ha meno di diciott’anni) che ha molti requisiti per essere considerato un’opera rilevante. La seconda: probabilmente l’enorme diffusione lo porterà in molte case. In famiglia converrà tener conto adeguato, più ancora delle crudezze assortite, di qualche superficialità culturale peggio assortita.

Pubblicato il 19 novembre 2012 - Commenti (0)
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Videogiochi per adulti

Uno stand in un raro momento di quiete
Uno stand in un raro momento di quiete

Nel week-end sono stato alla Games Week di Milano, tre giorni dedicati ai videogiochi nei vasti ambienti del MiCo, il palazzo dei congressi situato nei territori della “vecchia” Fiera di Milano.

Ambienti enormi e affollatissimi di persone e di frastuono, in stile discoteca. Ogni stand teneva gli amplificatori a manetta e nell’aria s’incrociavano, oltre al brusio prodotto da migliaia di esseri umani affollati, i suoni di sottofondo di decine di videogame: colonne sonore, spari, grida, rumore di motori, voci contraffatte ed effetti speciali. Centinaia di schermi luccicavano dappertutto.

Un torneo multigiocatore
Un torneo multigiocatore

La maggior parte delle persone si accontentava di lasciarsi sballottare d metro in metro, ma non pochi riuscivano a coronare il sogno di essere loro, per qualche minuto, a interagire giocando. Volendo ci si poteva anche iscrivere a tornei allestiti in uno spazio a parte, tuttavia molti si accontentavano delle postazioni di prova negli stand, per disputare partite o frammenti di partite. Interessante vedere l’evoluzione di un personaggio di gioco, impersonato infinite volte, per pochi minuti, da persone diverse. Chissà che ne avrebbe pensato, se avesse pensato.

La stragrande maggioranza dei frequentatori di Games Week era composta da giovani adulti, diciamo fra i venti e i trent’anni. E una buona parte dei videogiochi, almeno la metà, erano esplicitamente rivolti a un pubblico di maggiorenni.

Rende l'idea questo video trovato su YouTube (grazie all'autore):

Questi dati sono piuttosto distanti dalla percezione media di quanti non si interessano di videogiochi, i quali pensano spesso che si tratti di svaghi per bambini. E invece no: anche i dati di ricerca dicono il contrario: Games Week ha presentato un’indagine di Ipsos MediaCT secondo cui si dedica al videogioco il 41% degli italiani fra i 16 e i 64 anni.

Sono informazioni su cui riflettere, anche al momento di scegliere quali giochi debbano frequentare i propri figli piccoli o adolescenti, così come quando si decide di sperimentarli in prima persona, obbedendo a una passione che a quanto pare è ben radicata nel nostro Paese. È presumibile infatti che in quel 41% siano inclusi molti genitori. Che quindi dovrebbero conoscere le dinamiche di questo intrattenimento interattivo, e padroneggiarle quanto basta per guidare e accompagnare i loro figli.

Pubblicato il 12 novembre 2012 - Commenti (1)

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Autore del blog

Family Game

Giuseppe Romano

Giuseppe Romano insegna Lettura e creazione di testi interattivi all'Università Cattolica di Milano e collabora con quotidiani e riviste su temi riguardanti l’era digitale, la comunicazione interattiva, i videogame, i fenomeni di massa.

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