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Gianluca, oggi in I superiore, mi racconta della sua bella esperienza di scuola media, specie nell’ultimo anno, in cui aveva tanti amici in classe (al contrario dell’attuale classe…). Eppure… anche in quella situazione così favorevole, egli temeva il giudizio dei compagni. Si curava molto nell’abbigliamento, si pettinava più volte prima di uscire, in modo che tutto fosse in ordine.
Ancora una volta trovo conferma al fatto che, tra le emozioni della prima fase dell’adolescenza, la vergogna occupi un posto speciale. Essa nasce in genere dal timore di un confronto troppo diretto ed impietoso tra una immagine di sé ancora poco definita e ciò che si vorrebbe essere. Si teme lo sguardo altrui, che giudica e valuta. Perfino dagli amici più stretti si ha paura di essere abbandonati, traditi, perché non si corrisponde ad un modello ideale.
Spesso questi timori riguardano l’aspetto fisico. Il corpo è sollecitato dallo sviluppo puberale, che oggi sembra essere spesso più precoce di un tempo, sia sul piano fisico che su quello psicologico, a causa di pressioni di varia natura.
Diversi studi confermano che l’alimentazione, l’uso aumentato di farmaci e cosmetici porta ad un anticipo della pubertà, specie femminile. Così come, sul piano psicologico, le spinte pubblicitarie per acquisire nuovi consumatori e la tendenza di molti genitori a spingere i figli alla competizione nelle prestazioni tendono a trasformare già i bambini e i fanciulli in uomini e donne in miniatura. Molti modelli televisivi, ma anche spesso la realtà, propongono bambini e preadolescenti già adultizzati, alla pari dei grandi che li circondano, e che non di rado li coinvolgono nelle loro vicende come fossero persone di pari livello.
Per molti adolescenti la vergogna nasce da un corpo non corrispondente ai canoni dell’attrattiva fisica corrente. Ragazzi e ragazze sovrappeso, ad esempio, oppure che non si ritengono abbastanza alti, possono soffrire la loro situazione, e a poco servono alcune rassicurazioni, come quella che lo sviluppo si completa solo al termine dell’adolescenza. In realtà, queste preoccupazioni riflettono sul corpo le fragilità psicologiche di ragazzi che spesso temono il processo di separazione dalle relazioni principali dell’infanzia, quelle con i genitori. A volte perché qualcosa è mancato, soprattutto nel rispecchiamento con il genitore dello stesso sesso. A volte invece perché è difficile rinunciare, al genitore come al figlio, ad una relazione avvolgente che non consente all’adolescente di diventare grande.
Occorre cogliere con sensibilità, senza enfatizzare ma neppure minimizzare, le possibili ‘vergogne’ dei nostri figli. Rassicurarli non solo con le nostre parole e la nostra stima, ma soprattutto proponendo loro di affrontare esperienze che possano far sperimentare le loro risorse migliori, che li confermino di essere in grado di vincere le resistenze alle separazioni e alla novità. Aiutandoli a capire che c’è una vergogna che schiaccia e fa sentire inadeguati, che si può affrontare e superare nel tempo, man mano che si consolida l’immagine di sé. E c’è anche una vergogna più ‘sana’, che si chiama pudore, che non riguarda solo la nudità, ma anche la manifestazione dei sentimenti, l’esposizione di sé, e che è una risorsa. Aiuta a proteggere il proprio nucleo più profondo e a coglierne la preziosa bellezza. A rafforzare il senso dell’intimità e a rifuggire l’inutile esibizione.
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16 maggio 2011 - Commenti
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