Don Sciortino

di Fabrizio Fantoni

Fabrizio Fantoni, 54 anni, sposato, tre figli. Psicologo psicoterapeuta, esperto di adolescenti.

 
27
set

Interventi di manutenzione

Molti genitori si lamentano di figli che parlano poco, che non raccontano: che cosa si può fare? Pensiamo a qualche intervento di manutenzione della comunicazione in famiglia. In primo luogo, tenere viva noi adulti l’abitudine del raccontare. Ci sono figli silenziosi a fronte di genitori laconici.  In molte case poi ci si parla soprattutto per motivi pratici : «Oggi chi fa la spesa? Con chi esci? A che ora torni? Hai tanti compiti da fare?» 

 Si parla per far funzionare la famiglia, non per il piacere di raccontare e di ascoltare. Per questo, si preferisce magari fare spazio a quello che viene dal mondo esterno attraverso la televisione (notiziari, spettacoli…), perché sembra più vario e interessante. «Possibile che a nessuno in casa mia passi per la testa di chiedermi come sto?», mi diceva un diciassettenne imbronciato e torrenziale, benché i genitori me lo avessero presentato come un Ufo che si aggirava muto per casa.

In altre case, quel che si dice sembra sempre l’occasione per emettere giudizi, perlopiù critici e negativi: verso gli altri, quelli fuori casa, ma anche verso figli che con i loro comportamenti un po’ provocano, un po’ ci tengono a marcare la differenza tra come sono e come li vorrebbero i genitori. Un padre o una madre ‘criticoni’ fanno pensare al figlio che, come succede agli arrestati nei telefilm polizieschi, ogni parola potrebbe essere usata contro di lui. Allora, meglio tacere e non sbilanciarsi. Oppure raccontare qualcosa (poco) ma solo dopo molto tempo che è successo.

 In qualche altra famiglia, invece, si parla e ci si ascolta volentieri, ma l’adolescente sembra ritirarsi da questo scambio continuo. Forse lo fa per chiarire meglio a se stesso che cosa vorrebbe dire, forse per bisogno di prendere le distanze da una famiglia sentita come troppo avvincente e interessante. Il suo silenzio allora va rispettato, anche se come genitori non possiamo rinunciare a ‘fargli la corte’ in modo discreto, come innamorati che temono il distacco.  

Pubblicato il 27 settembre 2010 - Commenti (6)
22
set

Il piacere di un incontro

 “Forse è meglio stare con i coetanei che con i familiari” scrive "bastardobuono" nel suo commento. Lo ringrazio per lo spunto, soprattutto per il forse iniziale (e lo ringrazio anche per il post sulla morte). Perché i coetanei hanno più appeal dei genitori? E poi, è così vero? Certo, se ciascuno ripensa alla propria esperienza o si guarda attorno,  sa benissimo che un ragazzo o una ragazza trovano negli altri coetanei l’occasione per un contatto alla pari, per una condivisione di esperienze, attività, discorsi…

  Però mi sembra che la relazione con i coetanei e quella con i genitori siano cose diverse, e quindi non confrontabili. Che cosa succede quando i ragazzi stanno con i loro familiari? Spesso i genitori hanno l’impressione che i figli trascorrano del tempo con loro come un obbligo di cui liberarsi rapidamente. A tavola, appena finito il pranzo, i ragazzi si alzano e se ne vanno alla TV o al computer. La proposta di un’uscita insieme è accolta con lo stesso entusiasmo di una verifica di matematica o di un concerto di musica sinfonica. Le vacanze trascorse insieme per alcuni si sono trasformate nella fatica di dover mediare in continuazione sulle cose da fare o nella convivenza con figli con il muso perenne.
 
 Sembra mancare il piacere di questo incontro, cioè il desiderio di condividere la vita dell’altro, ciò che gli accade, i suoi desideri e le sue preoccupazioni, per il gusto di farlo, e non per carpire qualcosa della sua vita o per valutare e giudicare. E’ lo stesso piacere che si prova quando si è innamorati e si ha voglia di raccontare ciò che ci succede a quella persona. Penso che questo sia il segreto della durata di molte coppie, che consente alla loro relazione di non inaridire… Per i genitori, è un piacere segreto. Non va esibito, né deve essere fonte di malcelato orgoglio, pena l’allontanamento dei figli, infastiditi da certi sguardi troppo vicini e partecipi.
 
E’ il piacere nascosto del sentire che un figlio sta crescendo, sta facendosi una sua vita, lungo una strada che noi guardiamo un po’ in disparte. Proviamo a non guardarlo solo con l’occhio preoccupato del genitore spaventato che nota sempre quanto il figlio sia distante dal modello di ragazzo che ha in mente. A volte dobbiamo sgomberare il campo dai pregiudizi (cioè dalle valutazioni che abbiamo già fatto nel passato) alimentati dalla vita in comune per vedere qualcosa di nuovo nei figli. Altrimenti rischiamo di vedere confermato solo ciò che già sappiamo. Forse è per questo che ci stupiscono tanto certi giudizi positivi che gli altri fanno dei nostri ragazzi, quando li ospitano per una sera o per una vacanza… Se riusciamo a vederli nuovi, forse anche loro possono lasciarsi andare un po’ e godere di più della nostra presenza.      

Pubblicato il 22 settembre 2010 - Commenti (1)
06
set

Uscite di fine estate

In questo scorcio d’estate, prima che inizino gli impegni scolastici, sembra che i ragazzi debbano godere fino in fondo gli ultimi scampoli di libertà. Le uscite, pomeridiane o serali, si moltiplicano e si prolungano, anche sull’onda della maggiore libertà sperimentata nei luoghi di villeggiatura. I genitori, ripreso il lavoro, sono meno in grado di controllare e più disponibili a concedere permessi (tanto poi, ricominciano la scuola e le altre attività…).

 Il tempo fuori casa non è solamente il tempo del divertimento con gli amici, della libertà di movimento all’aria aperta, degli amori, del disimpegno. E’ anche la situazione in cui non ci si sente più bambini, guidati  e sostenuti dagli adulti, in primo luogo i genitori. In cui mettere alla prova se stessi e scoprirsi capaci di essere se stessi. In cui scoprire di essere importanti anche per altre persone, apprezzati e riconosciuti dai coetanei.  

 L’amore dei genitori, ancora necessario, non è più sufficiente.

 Si gioca una partita importante: il bene degli adulti fa sentire sempre garantiti, in un modo o nell’altro si sa che non verrà mai a mancare. Quello dei coetanei no, non è così certo. Si gode della sintonia e dell’intimità della compagnia e dell’amicizia. Del divertirsi insieme, cercando di evitare i conflitti. Ma non sempre si riesce: con gli amici occorre accettare la sfida di essere sempre un po’ precari sul piano affettivo. Chi teme maggiormente di dover fare i conti con una quota di solitudine va in cerca magari del ‘grande amore’, dell’amicizia ‘totale’. Tutti i giorni ci si deve vedere, e quando ci si lascia ci si sente su msn o facebook, o messaggiando di continuo fino a notte fonda. Un modo per eludere la noia di dover stare qualche volta da soli. Come se non si fosse contenti di ritrovarsi a tu per tu con se stessi. Come se la propria identità fosse un po’ liquida, e gli altri facessero da contenitore, da garanzia e conferma della propria solidità interiore. 

  Di fronte a tutto questo, cosa possono fare i genitori? Se c’è la smania di uscire, occorre provare a dargli un senso. Solitudine in famiglia? Bisogno del supporto affettivo degli amici per ridotta consistenza interiore? Difficoltà ad organizzare un’attività personale, un proprio interesse, in cui esprimersi anche creativamente? O altro ancora? 

La libertà va poi sempre coniugata con responsabilità. Non solo quella che i ragazzi possono esprimere fuori casa (compagnie, orari di rientro, comportamenti). Responsabilità verso i propri impegni (compiti delle vacanze, rifare il proprio letto e tenere abbastanza ordinata la propria camera). Responsabilità verso l’appartenenza alla vita familiare, dando il proprio contributo (spesa, cucina…) alla vita di famiglia, soprattutto quando i genitori sono impegnati con il lavoro.  
 
  Per i più giovani (12- 15 enni) soprattutto, ma anche per chi è più grande, poi occorre aiutare a trovare un senso della misura, un equilibrio tra permanenza in casa e vita esterna, tra divertimento e impegno, tra solitudine e compagnia. Non è facile, specie se mancano le possibilità di controllo concreto. Ci torneremo. Ma intanto : voi, come vi regolate?

Pubblicato il 06 settembre 2010 - Commenti (2)
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