Don Sciortino

di Fabrizio Fantoni

Fabrizio Fantoni, 54 anni, sposato, tre figli. Psicologo psicoterapeuta, esperto di adolescenti.

 
15
giu

Promozione sospesa

Sul cartellone finale del I anno, all’altezza del cognome di Silvia, non ci sono i voti, ma la dicitura “giudizio sospeso”. Lo stesso vale per Davide, Martina, Carolina, Andrea, Giulia, Ludovico…
Tutti se lo aspettavano. Una o due materie da studiare durante l’estate, in più rispetto ai compiti per le vacanze assegnati a tutti. Ne parlo con Silvia, che arriva trafelata dall’oratorio feriale dove sta spendendo le energie dei suoi 15 anni. “Sì, me l’avevano preannunciato. Meno male che la prof d’italiano ha tirato su il 5 e mezzo: era indecisa se darmi anche la sua materia. Ma adesso vado a ripetizioni, e così mi preparo bene!... I miei? Niente, già lo sapevano.
 Una promozione a rischio, così come lo è stato tutto l’anno scolastico, oscillante tra insufficienze a volte clamorose e sufficienze non sempre abbondanti, ma comunque fonte di soddisfazione e rassicurazione. Ha studiato Silvia quest’anno. Magari non sempre, e, soprattutto nella prima metà dell’anno, con un atteggiamento poco adatto alla scuola  superiore: scarso approfondimento dei contenuti e dei particolari, come se bastasse un’infarinatura generale, apprendimento a memoria, poca attenzione alla correttezza e alla fluidità dell’esposizione orale, studio solo in occasione delle interrogazioni e delle verifiche…
E adesso? Fino a settimana prossima, l’oratorio feriale; poi, da metà luglio, una settimana di vacanza con i genitori e due di campo scout; ad agosto, poi, in campagna con nonni e parenti vari. Prendo il calendario: da qui ai primi di settembre, togliendo vacanza di famiglia, campo scout e scampoli di oratorio, restano  4 + 4 = 8 settimane in cui potrà studiare. Silvia resta un po’ perplessa, ma il tempo è quello.
Quando si studia? Al mattino, certo… ma nei prossimi giorni ci sono attività dell’oratorio per le quali si è già impegnata, e dal 27 giugno al 10 luglio, la scuola organizza anche dei recuperi al mattino. Non tutte le mattine e non per tutta la mattina. Però è un ulteriore impegno: utile, ma che non sostituisce lo studio personale. E in campagna, si riuscirà a studiare? Certamente! Sarà lì che si faranno le ripetizioni...
Le 4 settimane di agosto saranno impegnative. Propongo a Silvia di organizzarsi bene: su un foglio, indicare con precisione i giorni, le ore che si dedicheranno alle materie da riparare (al netto delle ore di recupero a scuola o di ripetizione), i contenuti suddivisi  e gli esercizi che ci si propone di fare (che in parte saranno i lavori per le vacanze assegnati). Senza dimenticare che ci sono anche i compiti ordinari delle altre materie da svolgere, ai quali attribuire il giusto tempo. Settimanalmente, poi, andrà verificato se la tabella di marcia è adeguata o magari è eccessivamente esigente.
utto questo sarà il segno di una sua capacità di affrontare in modo autonomo i propri impegni scolastici. Un esercizio per comprendere ancora di più che la scuola, man mano che si cresce, non è e non può essere affare dei genitori o dei professori, ma che è in mano all’adolescente. Non si studia per gli altri, per la soddisfazione e l’orgoglio di mamme e papà, ma per sé.
La strada per comprenderlo è lunga (5 anni!), ma occorre che sia chiaro per i ragazzi. E per i loro genitori, talvolta pressanti e ansiosi, che si sentono investiti della responsabilità del buon andamento scolastico dei figli. Finché un adolescente non percepisce che i risultati scolastici appartengono a lui solo, ogni supporto, ogni aiuto, ogni esortazione cadono nel vuoto.     

Pubblicato il 15 giugno 2012 - Commenti (1)
01
giu

Due film

Nelle sale cinematografiche in queste settimane sono apparsi due film sugli adolescenti, girati con sensibilità da registe donne. Nel primo caso, si tratta delle due sorelle francesi Delphine e Muriel Coulin. Il titolo del film è 17 ragazze, narrazione delle diciassette gravidanze contemporanee di altrettante liceali, sullo sfondo di una città post industriale del Nord della Francia, Lorient, in disarmo per la crisi economica e di futuro.

Il film è un’amara parabola, che come tale va intesa in senso metaforico, sulla ricerca di vita da parte di queste adolescenti in cerca del loro futuro. Non trovano una proposta di progettualità negli adulti, genitori e insegnanti. E allora se la inventano restando incinte ‘in serie’, non in seguito a dei rapporti amorosi (vi è la ricerca della gravidanza, non della relazione), ma dal desiderio di generare. Un desiderio gestito in solitudine, come nei momenti in cui, con la camera fissa, sono riprese immobili e pensose nelle loro camerette inondate di oggetti infantili. Oppure condiviso nella solidarietà delle amiche, anch’esse coinvolte nell’impresa. Per le ragazze c’è questa possibilità. Per i maschi… i coetanei sono pressoché assenti nel film, tranne il fratello maggiore, di poco, della protagonista, che per procacciarsi un futuro va come militare in Afghanistan a sparare, come lui stesso afferma, a dei tipi che neanche conosce, e probabilmente senza saperne il perché, accompagnato anche lui da un peluche, uno degli oggetti che abbondano anche nelle camere delle ragazze, inutili custodi delle promesse di felicità dell’infanzia. Per i ragazzi come per le ragazze, progetti di vita o di morte sembrano equivalersi, basta che aprano ad un futuro.

Può un figlio essere una promessa di futuro? Il problema, che non viene affrontato nel film,  è che generare un figlio è mettere al mondo un’altra persona, che è diverso dal genitore e che viene cresciuto per staccarsi da lui. Non è un progetto per se stessi, ma per un altro; e questo lo rende un’impresa così difficile.

Il secondo film, Sister, anch’esso diretto da una donna, la svizzera Ursula Meyer, racconta le peripezie di un dodicenne svizzero che ogni giorno lascia il grigio casermone di pianura dove vive per salire all’empireo dei campi da sci più rinomati e frequentati da vacanzieri di tutto il mondo per rubare su commissione articoli sportivi di lusso e mantenere così sé e una confusa sorella maggiore,  tossica e alla ricerca di amori sconsiderati.

Questo film mette a tema, tra altri spunti, la compresenza nei primi anni dell’adolescenza di bisogni affettivi diversi, e ci ricorda come spesso, anche nelle società più benestanti, come quella svizzera, essi restino inascoltati e disattesi. Da un lato c’è quello del diventare adulti, espresso, come nel caso del giovanissimo protagonista, assumendosi perfino il carico del mantenimento della famiglia, con coraggio, sagacia e buon senso. Qui addirittura si può diventare grande, come purtroppo avviene in non poche situazioni, al di fuori dei percorsi ordinari della scuola e del lavoro.  Dall’altro lato ci sono i bisogni infantili di protezione, cura e calore, che permangono, soprattutto per chi, come il protagonista, non ha ricevuto soddisfazione negli anni infantili e ne è ancora assetato, al punto da doverne acquistare il soddisfacimento da chi per natura dovrebbe offrirglielo (ed è il punto emotivamente più intenso del film).

Il finale, in cui la ragazza più grande sale verso l’alto in funivia alla ricerca del piccolo protagonista, che nel frattempo sta discendendo con un’altra cabina, resta aperto: possibilità di essere di nuovo accolto e desiderato o drammatica impossibilità di qualsiasi incontro?  Lascio ai lettori il quesito.

Pubblicato il 01 giugno 2012 - Commenti (0)
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