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Una discesa dal pendio innevato a bordo di una camera d’aria con un’amica, come hanno fatto tutti prima di lei. Una rete sfondata, un salto nel vuoto. Così è morta Chiara, scout di 16 anni. Dopo è Il lutto, il senso di colpa. E’ la rabbia, la paura, il dolore.
A distanza di pochi giorni dall’accaduto, mi incontro con i genitori del reparto scout a cui apparteneva Chiara. Hanno figli che vanno dalla II media alla II superiore. Ci si sente particolarmente vicini ai genitori della ragazza, con i quali ci si identifica; al loro posto, poteva esserci chiunque di noi a piangere il proprio figlio. Si scrive loro una lettera, per manifestare affetto e vicinanza e ringraziarli della loro testimonianza. Si solidarizza con i capi scout, ragazzi poco più che ventenni, che avvertono all’improvviso tutta la responsabilità di condurre nelle imprese ragazzi e ragazze. Ci si accorge come il ringraziamento nei confronti di questi giovani non sia mai abbastanza, per ciò che fanno, per l’aiuto grande che danno a genitori alle prese con un rapporto educativo non facile con i figli adolescenti.
C’è bisogno di stare insieme, di condividere e far circolare i sentimenti; vale per i ragazzi del reparto, ma anche per i loro genitori, alle prese con figli che piangono o fanno come se nulla fosse accaduto, che ricordano continuamente i particolari della tragedia o, all’opposto, sembra come se non fossero neppure presenti.
E dopo i giorni delle celebrazioni, delle veglie di preghiera, dei funerali, come in sospeso, vengono quelli della ripresa. Ricominciare le attività, ma come? Come si torna all’ordinario, sapendo che non è più come prima? C’è smarrimento. Ci vuole attenzione per tutti, cura sensibile per ciascuno.
Un grande dolore non è vano se fa crescere: va espresso, nei suoi molteplici volti (la rabbia, la paura, l’impotenza, la colpa…), in modo anche da curare pian piano le ferite emotive e non lasciarle incancrenire. Va contenuto: le lacrime bisogna trasformarle in pensieri e in parole, affinché non si riducano ad una reazione emotiva forte ma passeggera. Va accompagnato: ritrovarsi insieme, guardarsi negli occhi, condividerlo rende più profonde e autentiche le relazioni tra le persone.
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11 gennaio 2013 - Commenti
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