di Fabrizio Fantoni
Fabrizio Fantoni, 54 anni, sposato, tre figli. Psicologo psicoterapeuta, esperto di adolescenti.
23 ago
Al telefono, la voce di Claudia è un po’ allarmata: - Hai visto sul sito del Corriere? Un diciassettenne in coma etilico a Pietrasanta… Anche Valentina è lì, in campeggio con i suoi amici, tutti ragazzi di 16/17 anni. Speriamo che non capiti niente! –
Mi racconta di come sua figlia Valentina, con la sua compagnia di coetanei, abbia ottenuto il permesso di trascorrere quattro giorni in campeggio in Versilia. I genitori hanno oscillato per un po’ tra la preoccupazione di lasciare dei minorenni da soli, lontani dal luogo di residenza, e la consapevolezza di lasciargli fare questa esperienza. Sono sei ragazzi (due femmine e quattro maschi) tutto sommato tranquilli, di buon senso, abbastanza quadrati… ma non si sa mai che cosa possa accadere in questi luoghi di divertimento senza giorno e senza notte.
Già, perché è soprattutto la notte a preoccupare Claudia : gli spostamenti al buio, i locali, la mancanza di controllo sugli orari… e su tutto il resto.
Il papà di Valentina, pur con qualche perplessità, è più favorevole all’esperienza: riconosce i dubbi della moglie, ma sostiene che i ragazzi debbano fare esperienze per imparare a distinguere i comportamenti corretti da quelli dannosi, per sé o per gli altri. Sanno la teoria, ma devono fare pratica.
Provo a tranquillizzare la mamma di Valentina, facendo leva sulla lunga frequentazione della figlia con questi amici, sul senso di responsabilità che hanno manifestato più volte tutti insieme. – Comunque, mi dice Claudia in chiusura di chiamata, sarò pienamente tranquilla solo quando sarà a casa! –
Mi richiama ieri, contenta: - Valentina è tornata, ed è un fiume in piena di racconti. Le giornate in spiaggia, le serate in giro con gli amici. Tutto è andato bene. Hanno anche incontrato altri tre coetanei con cui hanno trascorso le giornate e le nottate. Uno ha un po’ alzato il gomito, ma gli altri lo hanno contenuto, e anche protetto. Anche Valentina si è sentita protetta dagli amici, con cui si è divertita e con cui ha condiviso le responsabilità delle cene da cucinare, della spesa, dell’organizzazione…, degli orari di treni e pullman per il viaggio. E, perché no, della gestione delle relazioni nel piccolo gruppo…
E riporta i lunghi racconti di Valentina su divertimenti, preoccupazioni, irritazioni, anche paura (la notte che sono tornati per la via buia che portava dalla spiaggia al campeggio… neanche i ragazzi l’avrebbero fatto da soli!). Per diventare esperienza, non basta che le cose accadano: vanno pensate. Attraverso la narrazione gli eventi e le emozioni trovano il loro posto nella mente dei ragazzi e diventano utili per crescere.
Pubblicato il 23 agosto 2012 - Commenti (0)
14 ago
Sto passeggiando in un parco cittadino, godendo la bellezza degli alberi e qualche soffio di vento sottile, quando i miei occhi incrociano quelli di un ragazzo che, passando in bicicletta, mi sta guardando. Volta la bici e mi si rivolge: «Lei è il dottor Fantoni, vero? Sono un ragazzo della scuola dove viene a fare lo sportello, quest’anno è entrato anche nella mia classe a parlarci di affettività. Non so se si ricorda di me... A settembre andrò in III superiore». Lo saluto, conversiamo brevemente.
«Non vai via per le vacanze, quest’anno? Starai in città in agosto?» «Sono appena tornato dall’Inghilterra, ho trascorso due settimane per una vacanza studio; poi andrò al mare con i miei, settimana prossima… Anche se non è un momento molto tranquillo per i miei genitori. Sono tesi, si arrabbiano facilmente tra loro…» «Non preoccuparti, gli rispondo, magari hanno bisogno di un po’ di vacanza. E’ normale che ci siano periodi così nelle coppie, si accumula la stanchezza, a questo punto dell’anno; magari qualche preoccupazione sul lavoro che si scarica a casa… ci possono essere tanti motivi». Tento di ridimensionare in modo un po’ goffo.
«Sì, è vero… ma c’è un’altra cosa… ieri, sul cellulare di mio papà, ho trovato un messaggio di una persona, una signora, che diceva che papà le manca molto e che spera di rivederlo presto. Non so di chi sia…» Lo ascolto in silenzio e lo guardo. «Chi sarà? Magari qualcuno del lavoro che vuole augurargli buone vacanze, no?» «Forse». Sembra preoccupato e in colpa per avere scoperto così questo indizio. «E’ stato il papà a lasciarmi il suo cellulare perché dovevo uscire e il mio era scarico».
Sono imbarazzato, quanto lo è lui. Ancora una volta un adolescente riesce a far provare ad un adulto qualcosa di ciò che sta vivendo: preoccupazione per un possibile inganno, vergogna per ciò che si sa, imbarazzo per uno sguardo rivolto a vicende personali, incertezza per quanto avverrà.
Il ragazzo è agitato dal contrasto tra il desiderio di avere certezze, per capire meglio ciò che sta avvenendo tra i genitori, e quello di non sapere nulla di tutto ciò. Tra il dispiacere per il padre e quello per la madre. Provo a dirgli che in fondo queste sono cose che riguardano gli adulti, che lui deve cercare di restarne fuori; ma so che adesso serve a poco.
Gli chiedo se in questi giorni è a casa da solo con i suoi, o se c’è ancora in giro qualche amico. «Domani vado a trovare la mia ragazza : non è vicina, è a un’ora di treno da qui. Ma sarà bello». Glielo auguro anch’io.
P.S. Ricordo alle persone che desiderano contattarmi per quesiti di carattere personale che possono farlo inviando le loro richieste all’indirizzo di redazione famigliacristiana@stpauls.it con la specifica indicazione per me.
Pubblicato il 14 agosto 2012 - Commenti (0)
|
|