22
giu
Sono tra il pubblico del saggio di una scuola di musica. Bambini e adolescenti si susseguono sul palco, affrontando con tremore e passione la loro perfomance. E’ il turno di una ragazza che canterà un brano di un musical di Lloyd Webber (quello di Jesus Christ Superstar, Evita…), accompagnata dal pianoforte. Musica romantica, un po’ operistica.
Entra nel salone silenziosa, a testa bassa, vestita di nero, come neri sono i suoi occhi e il suo trucco. Avrà 16 o 17 anni. Il canto malinconico è appena accennato. Come se cantasse per se stessa. Come se gli altri non esistessero.
Non ha lo spartito, ama il rischio. Un po’ timida, un po’ narcisista.
Guarda a malapena il pubblico, l’insegnante che con gli occhi le chiede di sciogliere le braccia conserte per assumere una posizione più idonea al canto. La ragazza si irrita e si intestardisce. Non abbandona la sua postura con aria di sfida.
Il canto riprende, timido e altero, poi si interrompe. Tace anche il pianoforte. Un gorgheggio di cristallo e poi, con gesto deciso, le braccia conserte premono sul diaframma ed esce un acuto vibrante, pieno, trionfale.
Il pubblico applaude. La ragazza esce di scena con gli occhi bassi senza ringraziare.
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22 giugno 2010 - Commenti
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15
giu
La fine delle scuole è accolta con gioia dai ragazzi, con sollievo ma anche preoccupazione dai genitori. Sollievo perché i conflitti (piccoli o grandi) sullo studio trovano una tregua. A meno che non ci siano recuperi di materie poco studiate durante l’anno. Preoccupazione perché adesso il tempo a disposizione è molto. Ragazzi che si annoiano. Ragazzi che stanno fuori di casa tutto il giorno. Ragazzi che si trascinano da una panchina all’altra dei parchetti di città o delle piazze di paese. Ragazzi che dormono durante il giorno e stanno svegli di notte, per giocare o chattare. A volte poi la possibilità di controllo dei genitori è ridotta, per gli impegni lavorativi durante la giornata. Che fare?
E’ giusto insistere perché i ragazzi organizzino il loro tempo libero? Penso di sì, per almeno due motivi. Il primo è che, alla lunga, il rischio della noia è sempre presente. Il secondo è che l’estate, tempo (parzialmente) libero dagli impegni di studio, è occasione di esperienze di vita importanti e spesso utili per la crescita, per le quali non si ha tempo l’anno scolastico.
Le vacanze vanno programmate, e non solo quelle che si trascorrono lontano da casa, come i viaggi di piacere o le permanenze all’estero per studiare le lingue. Se non lo si è fatto prima, è in questi giorni che va affrontato il problema con i ragazzi. Sedendosi al tavolo insieme e provando a progettare. Spesso non è facile, emergono forti resistenze. Ma alla fine si può essere tutti più contenti.
Ci sono impegni fuori casa, come la partecipazione all’oratorio feriale, al Grest, ai Centri estivi o come in altri modi vengono chiamate queste attività. Si può essere utenti, oppure, per gli studenti di scuola superiore, animatori. Ci sono campi di lavoro, proposte di impegno che provengono dalle associazioni di volontariato (basta digitare su internet per trovare gli elenchi). Un’esperienza di servizio agli altri è sempre formativa per un adolescente, di solito centrato su di sé più che attento al resto del mondo.
Ma anche per chi sta in casa occorre pensare ad una regolamentazione condivisa. La sveglia al mattino deve suonare, certamente non all’orario in cui si va a scuola, ma neppure alle 11 o a mezzogiorno… La maggiore disponibilità di tempo consente ai ragazzi di farsi carico di alcune incombenze domestiche (riordino, letti, spesa, preparazione del pranzo o della cena). Ad esempio, si può decidere di stabilire insieme che un giorno alla settimana l’adolescente sta in cucina. Dapprima con la guida di qualcuno, poi da solo. Più autonomo, più pronto alla vita.
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15 giugno 2010 - Commenti
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07
giu
Mio figlio gioca alla pentolaccia
I genitori di Luca sono esasperati, oltre che preoccupati: il ragazzo ha lasciato da qualche settimana gli studi al secondo anno di scuola superiore, e passa i pomeriggi ai giardinetti con gli amici. Fuma, e non solo sigarette. In casa c’è poco, è sempre irritabile, se la prende con i fratelli più piccoli, specialmente con il secondo, che invece va bene a scuola, fa sport, “ lui non crea problemi…”.
Al papà, Luca sembra “uno che sta giocando alla pentolaccia: bendato, mena colpi all’impazzata. Ma non sa verso quale obiettivo”.
Con Luca ci vediamo cinque volte: parliamo della famiglia, degli amici (“sono loro la mia famiglia!”), delle canne, delle scelte scolastiche per l’anno prossimo. Del lavoro che i suoi genitori gli hanno proposto/imposto per l’estate: “non ci vado tanto volentieri, adesso che i miei amici saranno tutti a casa. Ma i miei hanno ragione. Ho fatto vacanza tutto l’inverno”.
Luca vuole davvero bene ai suoi genitori, ma è deluso, come loro lo sono di lui. Non sa più chi è e che cosa vuole. Ha perso l’orientamento, e non solo quello scolastico. Gli amici lo sostengono, ma con loro tutto si gioca nel presente, nell’immediatezza del pomeriggio ai giardini o della serata in discoteca. E il domani? E il passaggio all’età adulta? Luca si è fermato nella ricerca di soddisfazioni a breve termine, nell’anestesia delle canne e dei videogiochi, perché non sa se ce la farà a diventare adulto. Ha bisogno di ritrovare un senso in ciò che fa.
I genitori lo possono aiutare, tenendo aperta la riflessione. I mesi di lavoro gli insegneranno a stare con gli adulti, a sentire che è in grado di prendersi il carico delle responsabilità. La scelta di una scuola più idonea gli permetterà di rilanciarsi, di dare smalto alle sue parti adulte. Il percorso verso l’età adulta potrà riprendere.
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07 giugno 2010 - Commenti
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