di Fabrizio Fantoni
Fabrizio Fantoni, 54 anni, sposato, tre figli. Psicologo psicoterapeuta, esperto di adolescenti.
29 ago
Storce il naso, Marco, quando gli dico che a 19 anni non può più definirsi adolescente, quando si vede alla sera con i suoi oramai ex compagni di scuola. Finita la maturità, nella lunga estate che precede l’università, Marco e i suoi amici si ritrovano nella città semideserta per le vacanze, a casa dell’uno o dell’altro… Uscire tutte le sere per divertirsi significa spendere, e i soldi non sono molti, specie se si è fatto (o si farà a settembre) un viaggio all’estero. Meglio stare nelle case libere dai genitori, più fresche delle strade urbane, a guardare film in streaming, chiacchierare, cantare e suonare la chitarra, giocare alla play. Faranno in tempo ad annoiarsi nel lungo mese di settembre che precede l’inizio delle lezioni.
Storce il naso e sorride, Marco, quando sottolineo che ‘adulto’ è il sostantivo, e ‘giovane’ solo un aggettivo. Ma poi riconosce che anche lui si accorge che c’è qualcosa che lo differenzia dagli adolescenti. Gli amici di minore età sono più rigidi, fanno questioni di principio, se la prendono di più. Lui e i suoi coetanei sono di clima più ‘temperato’. Guardano alle cose con un po’ più di distacco. Non sempre, ma… insomma…. Forse perché iniziano a ragionare più in prospettiva, meno legati all’immediato presente, che fa apparire ogni cosa come in una lente d’ingrandimento.
Non è facile, per noi adulti, entrare in contatto. Specialmente quando sono i nostri figli. Come genitori, oscilliamo continuamente tra la distanza di rispetto dovuta a una persona che è necessario considerare grande, e il desiderio di metterci in relazione con loro in modo più diretto e anche più esigente. Diventa un esercizio di equilibrio: occorre sorvegliare costantemente la tentazione di sostituirsi a loro (quanti genitori in questo periodo in coda alle segreterie universitarie al posto dei figli!). Evitare di volerli troppo simili a noi, con i nostri criteri, il nostro modo di fare, di organizzarsi, di affrontare gli impegni. Qualche volta ci dimentichiamo delle nostre superficialità, delle nostre facilonerie, dei nostri errori alla loro età. Tendiamo a considerare noi stessi da giovani un po’ migliori di come eravamo. A non ricordare come i nostri genitori spesso fossero più capaci di noi oggi di prendere le distanze dai figli e di lasciarci fare le nostre esperienze.
Parlo con i genitori di Marco di questo difficile esercizio. Propongo a figlio e genitori di stabilire insieme delle priorità e individuare dei momenti durante l’anno in cui fare il punto della situazione: i genitori di Marco sostengono che prima di tutto Marco organizzi il nuovo studio universitario, in modo da sostenere gli esami nei tempi stabiliti (e magari con profitto). Marco condivide e propone di fare una prima verifica a dicembre e poi dopo la prima sessione di esami. Marco si rende più disponibile a settembre, prima che inizino le lezioni, per dare una mano in casa. Genitori e figlio si trovano d’accordo. Io vi farò sapere….
Pubblicato il 29 agosto 2011 - Commenti (4)
08 ago
Da poco più di una settimana ho interrotto il lavoro per le vacanze estive. E’ stato un periodo molto intenso, e ne ha fatto le spese anche questo blog, che ultimamente ho trascurato. E’ arrivato il momento per ripensare all’anno trascorso. Per mettere ordine tra le cose che mi hanno insegnato gli adolescenti e i loro genitori. Per fare bilanci, propositi, progetti, approfittando dei tempi più dilatati e sereni delle vacanze. Per dedicarmi, come tutti, in modo più leggero e creativo al sempre difficile compito di pensare…
Se mi soffermo sulle persone incontrate in questo anno professionale da poco interrotto, mi tornano alla mente per prime le situazioni di alcuni ragazzi e ragazze che stanno vivendo i momenti di passaggio: la preadolescenza e la tarda adolescenza. Due fasi schiacciate dallo strapotere dell’adolescenza, che, da età cenerentola, poco studiata e poco praticata, oggi appare come un modello dominante di lettura dei comportamenti giovanili (e non solo): i bambini sono descritti come degli adolescenti in miniatura, con le stesse oppositività e spinte all’indipendenza; i giovani adulti vengono spesso considerati come degli adolescenti di lungo corso, in fondo ancora sedicenni… per non parlare dei tanti adulti i cui comportamenti vengono rubricati come ‘da eterni adolescenti’.
Desidero allora puntare l’attenzione su queste due fasce d’età: oggi sulla preadolescenza, nel prossimo post sui giovani adulti. Le ragazze e i ragazzi della scuola media (che oggi si chiama ‘secondaria di I grado’) che ho incontrato mi sono apparsi centrati sull’accelerazione e la radicalità dei mutamenti corporei, cioè la pubertà fisica, con tutto quello che comporta sul piano del pensiero, dell’immagine di sé, dei rapporti con gli altri (la pubertà mentale). Un corpo con nuove potenzialità, che permette di fare cose prima impensate; fonte di attrazione per gli altri, che ne ammirano la forza, la prestanza, la bellezza. Un corpo che dà da fare, che suscita insieme imbarazzo e soddisfazione. Un corpo da ripensare. Per questo spesso i preadolescenti appaiono dominati dal disorientamento e dalla confusione. Disorganizzati nelle loro attività, inclini alla rassicurante ripetizioni dei giochi, disponibili a mantenere i legami infantili, qualche volta pigri e timorosi verso le novità; ma insieme pronti ad abbandonarsi alle spinte prepotenti del corpo, del movimento, dell’aver voglia di fare qualcosa di mai tentato, di mai provato… Andare a scuola da soli, aprirsi ad una vacanza nuova, senza mamma e papà, mettere da parte le passioni e gli interessi consolidati (dal calcio ai videogiochi, dai cartoni animati alle chat) per fare qualcosa di diverso sembra per alcuni un’impresa impossibile.
I genitori propositivi spesso conoscono bene le resistenze che devono affrontare per convincere alcuni dodici-tredicenni ad affrontare un’esperienza diversa dal solito, anche solo una pizza con gli amici dello sport o dell’oratorio. A un certo punto, e in modo improvviso, i primi adolescenti si aprono alle novità, spesso senza troppo pensarci, buttandosi, anche contro il parere (o i divieti) dei genitori. Così, le prime condivisioni con qualche amico o amica di pensieri nuovi e interessanti (che riguardano le coetanee o i coetanei carini, sessualmente attraenti, o le ‘trasgressioni’), la voglia di libertà e di movimento, che diventano anche fuga silenziosa dai luoghi più vicini a casa, quelli dove i genitori si sentono più sicuri, per esplorare un mondo più vasto e insicuro. E così, si alternano fasi di innovazione e di conservatorismo, apparentemente senza senso, segnali appunto della confusione dei preadolescenti.
Disorientamento e confusione nascono dal rimescolarsi di movimenti interni, consci ed inconsci, che provocano turbolenze proprio come avviene quando le acque di due mari si incontrano negli stretti e provocano forti correnti in superficie e in profondità. Da un lato, l’investimento sul mondo esterno, così stimolante, al di fuori dai legami familiari, che vengono percepiti come infantili, regressivi, quasi fonte di vergogna. Guai al genitore che si permette di baciare il figlio davanti a scuola, e soprattutto di fronte ai suoi compagni e compagne! Dall’altro lato, il timore di abbandonare le sicurezze affettive infantili, di dover rinunciare alla rassicurante protezione di mamma e papà, di farli soffrire se si sentono abbandonati (soprattutto quando in famiglia c’è un solo genitore di riferimento, che potrebbe soffrire la solitudine).
Ancora una volta, si tratta di oscillazioni e turbolenze non risolvibili con un taglio netto. Occorre aprire lo spazio al pensare insieme, attraverso la conversazione, il contenimento (anche di orari) e l’azione di indirizzo. Creare le condizioni perché si possa stare insieme a conversare, ad ascoltarsi senza pesantezze, trascorrendo tempo insieme, sfruttando la rilassatezza del tempo di vacanza. Anche interessandosi di più a ciò che interessa ai ragazzi, con pazienza (anche quando per un adulto ciò comporta un po’ di noia). Per restare nelle metafore vacanziere, è bene che i genitori apprendano a stare a galla anche quando le acque sono un po’ agitate, senza farsi prendere dal panico. Che significa guardare alla maturazione dei ragazzi con una prospettiva di lungo periodo e non solo nella breve prospettiva. Godere lo spettacolo della crescita, provando a discernere quanto nel figlio c’è di una salutare infanzia, che non va perduta, e quanto dei futuri giovani uomini e donne. Permettendo così anche ai ragazzi di conoscersi un po’ di più e di sentirsi meno confusi e disorientati.
Pubblicato il 08 agosto 2011 - Commenti (1)
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