Don Sciortino

di Fabrizio Fantoni

Fabrizio Fantoni, 54 anni, sposato, tre figli. Psicologo psicoterapeuta, esperto di adolescenti.

 
25
ott

Nuovi orientamenti 2

Un corretto orientamento richiede sempre due cose: una buona conoscenza di sé e una completa conoscenza delle offerte formative della zona in cui si vive. Entrambe poi richiedono validi criteri per essere valutate.  Che cosa possono fare i genitori in tutto questo?

In primo luogo, possono utilizzare questa fase per ripensare al figlio che crescendo sta cambiando, facendo il punto e chiedendosi «Chi è nostro figlio?». Non è una risposta facile da dare, pensando al carattere, alle qualità e ai limiti, ai desideri, ai progetti, alle preoccupazioni e alle paure degli adolescenti di 13/14 anni. Inoltre non è una risposta che posseggono i soli genitori: man mano che un figlio cresce, sempre meno i genitori possono ritenere di conoscerlo in modo completo. Molti padri e madri, che dicono di conoscere i figli ‘come le proprie tasche’ in realtà si illudono, perché non riescono a pensare a un figlio come separato da sé, portatore di un suo mondo interno, non sempre accessibile

Per questo motivo, occorre porre la domanda anche agli altri adulti che conoscono i ragazzi: insegnanti, educatori dell’oratorio, capi scout, allenatori sportivi, maestri di attività espressive (danza, musica…). Sono gli snodi della rete educativa che nel corso del tempo abbiamo costruito per sorreggere e proteggere la crescita dei figli. In questa fase (ma non solo) nei colloqui con i docenti, prima di chiedere se il figlio è un bravo allievo, provate a chiedere loro che cosa conoscono di questo ragazzo, che cosa hanno capito della personalità di questa ragazza… Magari non tutti comprendono la domanda, e riprendono a parlare di voti, di verifiche e condotta, ma si troverà sicuramente qualcuno che tratteggerà un ritratto dei nostri ragazzi più complesso, e non sempre coincidente con quello che abbiamo in mente.

In particolare, poi, approfondiamo l’interrogativo iniziale: proviamo a chiederci e a chiedere a che cosa il ragazzo è maggiormente portato, nell’ambito della conoscenze scolastiche (le attitudini), quali di queste ha sviluppato (le conoscenze e le competenze acquisite), ciò che maggiormente stimola le sue attività, sia dentro che fuori la scuola (i suoi interessi). A questo proposito, e cioè guardando le attività che svolge con più piacere nel tempo libero, chiediamoci se magari preferisce stare con le persone, o lavorare con gli oggetti, o con le forme e le immagini, oppure ragionare e utilizzare le idee… sono diversi ambiti di interesse che possono orientare verso indirizzi scolastici più aderenti al ragazzo

Chiediamoci infine quali sono i limiti dei nostri ragazzi. Anche nell’ambito degli apprendimenti: alcuni territori della conoscenza possono essere troppo lontani dalle loro attitudini e competenze per diventare l’oggetto dei prossimi cinque anni di studio. 

 

Pubblicato il 25 ottobre 2010 - Commenti (0)
11
ott

Ottobre, andiamo. E’ tempo di orientare…

Vorrei dedicare al tema dell’orientamento una serie di interventi a cadenza settimanale, che si aggiungano agli altri post periodici. E vorrei rivolgermi non solo ai genitori dei ragazzi del III anno di scuola secondaria di I grado, più direttamente interessati. Mi piacerebbe che queste riflessioni sull’orientamento si allargassero alla educazione a scegliere, Di fatto la scelta della scuola superiore è la prima importante che un ragazzo o una ragazza si trovano a compiere. Gli adulti danno una mano, aiutano a capire i criteri, a conoscersi di più, a leggere la realtà circostante. Ma non si possono sostituire al ragazzo.

Si dirà : è difficile scegliere a 13/14 anni. Sono ancora piccoli. La situazione è complessa e in cambiamento. Ci sono così tante scuole diverse

Ma l’orientamento è prima di tutto auto-orientamento, in cui al centro c’è la persona, che impara a compiere scelte libere e motivate, ‘corrette’ più che ‘giuste’. Solo alla fine della scuola superiore un ragazzo o una ragazza potranno dire se la scelta compiuta fu quella giusta. Quella orientativa diviene la prima scelta di vita che un ragazzo o una ragazza sono chiamati a compiere, la prima di una lunga serie... Solo loro devono scegliere, anche se non da soli!

 

Pubblicato il 11 ottobre 2010 - Commenti (2)
08
ott

Sui post della comunicazione in famiglia

Prima di tutto, una breve premessa. Nella società della comunicazione sembra che parlarsi, e anche dialogare, sia qualcosa di scontato. Forse ci dimentichiamo che una comunicazione di sostanza va costruita con pazienza nel tempo, e che i tempi e i modi non sono gli stessi per tutti. Che cosa ci spinge a 'mettere in comune’ i nostri pensieri con alcune persone? Non c’è un obbligo; bisogna sentirne la necessità.

Qualche figlio si nasconde, dietro a un fumetto (ele15) o a un computer (ba). Chi si nasconde magari vuole giocare a nascondino, vuole essere cercato. Un po’ corteggiato. Si fa pregare. Con il piacere, alla fine, di essere trovato. Talaltra ha bisogno di nascondersi. Mantenere un po’ di distanza, perché molte volte gli adolescenti temono un’eccessiva vicinanza, che evoca i fantasmi dell’infanzia, della  dipendenza affettiva da mamma e papà. Temono di sperimentare che i confini della loro personalità sono ancora fragili, in costruzione. E’ allora che sbottano in un “Quanto mi stai addosso!”

Non è detto che nella comunicazione si possa usare con tutti la stessa modalità. Con gli adolescenti spesso è meglio inviare messaggi in bottiglia, cioè indiretti. A tavola qualche volte è meglio parlare tra genitori, come se i figli non ci fossero. I figli ascoltano, anche se non sembra. Se poi noi adulti abbassiamo la voce, subito drizzano le antenne paraboliche… Qualche altra volta si può provare con mezzi per noi adulti un po’ strani, ad esempio Facebook o Msn, come anche bastardobuono ci consigliava in un precedente commento. Superando l’impaccio della registrazione, come fanno le persone che mi inviano i loro commenti, e che ringrazio.

Mi sembra che i figli ascoltino più di quanto i genitori pensino. Certo, un adolescente magari non dà la soddisfazione al genitore di dargli ragione, o solo di mostrare di avere ricevuto un messaggio. Poi però riporta ad altri il pensiero dei genitori. Magari allo psicologo in studio o allo sportello scolastico, che moltissime volte si sente riportare dai ragazzi le parole di mamma e papà, accompagnate da “… e hanno anche un po’ ragione!”.

I figli ascoltano più di quanto i genitori pensino. Purché i genitori evitino alcuni atteggiamenti: ripetitività (“i miei dicono sempre le stesse cose”), tono accusatorio (“ti ho colto in fallo!”), lungaggine (“per dire una cosa, mio padre parla per mezz’ora”). Qualcuno ricorderà il suggerimento di San Paolo nella lettera agli Efesini : “Voi padri, non esasperate i vostri figli!”. Mi sembra proprio la situazione in cui i figli siano meno disponibili ad ascoltarci.

La prossima volta tornerò sui temi dell’uso del computer e sulla comunicazione dei figli maschi col padre.

 

Pubblicato il 08 ottobre 2010 - Commenti (0)
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