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Sui post della comunicazione in famiglia

Prima di tutto, una breve premessa. Nella società della comunicazione sembra che parlarsi, e anche dialogare, sia qualcosa di scontato. Forse ci dimentichiamo che una comunicazione di sostanza va costruita con pazienza nel tempo, e che i tempi e i modi non sono gli stessi per tutti. Che cosa ci spinge a 'mettere in comune’ i nostri pensieri con alcune persone? Non c’è un obbligo; bisogna sentirne la necessità.

Qualche figlio si nasconde, dietro a un fumetto (ele15) o a un computer (ba). Chi si nasconde magari vuole giocare a nascondino, vuole essere cercato. Un po’ corteggiato. Si fa pregare. Con il piacere, alla fine, di essere trovato. Talaltra ha bisogno di nascondersi. Mantenere un po’ di distanza, perché molte volte gli adolescenti temono un’eccessiva vicinanza, che evoca i fantasmi dell’infanzia, della  dipendenza affettiva da mamma e papà. Temono di sperimentare che i confini della loro personalità sono ancora fragili, in costruzione. E’ allora che sbottano in un “Quanto mi stai addosso!”

Non è detto che nella comunicazione si possa usare con tutti la stessa modalità. Con gli adolescenti spesso è meglio inviare messaggi in bottiglia, cioè indiretti. A tavola qualche volte è meglio parlare tra genitori, come se i figli non ci fossero. I figli ascoltano, anche se non sembra. Se poi noi adulti abbassiamo la voce, subito drizzano le antenne paraboliche… Qualche altra volta si può provare con mezzi per noi adulti un po’ strani, ad esempio Facebook o Msn, come anche bastardobuono ci consigliava in un precedente commento. Superando l’impaccio della registrazione, come fanno le persone che mi inviano i loro commenti, e che ringrazio.

Mi sembra che i figli ascoltino più di quanto i genitori pensino. Certo, un adolescente magari non dà la soddisfazione al genitore di dargli ragione, o solo di mostrare di avere ricevuto un messaggio. Poi però riporta ad altri il pensiero dei genitori. Magari allo psicologo in studio o allo sportello scolastico, che moltissime volte si sente riportare dai ragazzi le parole di mamma e papà, accompagnate da “… e hanno anche un po’ ragione!”.

I figli ascoltano più di quanto i genitori pensino. Purché i genitori evitino alcuni atteggiamenti: ripetitività (“i miei dicono sempre le stesse cose”), tono accusatorio (“ti ho colto in fallo!”), lungaggine (“per dire una cosa, mio padre parla per mezz’ora”). Qualcuno ricorderà il suggerimento di San Paolo nella lettera agli Efesini : “Voi padri, non esasperate i vostri figli!”. Mi sembra proprio la situazione in cui i figli siano meno disponibili ad ascoltarci.

La prossima volta tornerò sui temi dell’uso del computer e sulla comunicazione dei figli maschi col padre.

 

Pubblicato il 08 ottobre 2010 - Commenti (0)

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Autore del blog

Mio figlio l'adolescente

Fabrizio Fantoni

Fabrizio Fantoni, 55 anni, sposato, tre figli. Psicologo psicoterapeuta, esperto di adolescenti.

 

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