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Beelzebul

Discesa al Limbo di Andrea Bonaiuti (1346-1379), particolare con i demoni. Firenze, Santa Maria Novella, Cappellone degli Spagnoli.
Discesa al Limbo di Andrea Bonaiuti (1346-1379), particolare con i demoni. Firenze, Santa Maria Novella, Cappellone degli Spagnoli.

"I farisei dissero:
 costui scaccia i demoni
 per mezzo di Beeelzebul,
principe dei demoni!".
(Matteo 12,24)

Il nome esotico “Beelzebul” è entrato nel linguaggio generale per indicare qualcosa di orrido, che impaurisce i bambini. La sua origine è piuttosto remota. Dobbiamo, infatti, risalire ai Cananei, la popolazione indigena della terra d’Israele, ove questo nome significava letteralmente “Baal il principe”. Baal, che vuol dire “Signore”, era l’appellativo della divinità della fecondità e della vita.

Questo dio era il principe del pantheon cananeo e aveva come simbolo il toro, segno di fertilità (si ricordi la tentazione di Israele nel deserto: rappresentare Dio sotto l’immagine di un vitello- toro d’oro). Siamo, quindi, in presenza dell’idolo per eccellenza.

Successivamente, proprio per la sua capacità di tentare il popolo ebraico all’apostasia, fu considerato «il principe o il capo dei demoni», come si intuisce nell’accusa che i farisei scagliano contro Gesù e che abbiamo proposto per la nostra decifrazione dei passi più complessi dei Vangeli. Dobbiamo anche segnalare che nell’Antico Testamento si ha la forma “Beelzebub” (2Re 1,2-3): essa è una deformazione spregiativa che letteralmente significa “Signore delle mosche”, un titolo che è stato apposto a un famoso romanzo pubblicato nel 1954 dallo scrittore britannico William Golding (in inglese Lord of the Flies). Ma ritorniamo al testo e al contesto di Matteo (12,22-30).

Gesù è, dunque, accusato di essere in combutta con Satana perché riesce a controllare i demoni con i suoi esorcismi. La sua replica è semplice e si sviluppa in due direzioni. Da un lato, fa notare che è ben assurdo un Satana così autolesionista, pronto a combattere sé stesso. Sarebbe simile a un regno o a una città o a una famiglia in preda a lacerazioni interne e votata alla rovina. D’altra parte, Gesù osserva che anche tra i farisei c’erano alcuni – da lui chiamati loro “figli”, che nel linguaggio di allora significava “adepti, discepoli” – che compivano esorcismi. Anche questi sono asserviti a Beelzebul?

Conclude la sua argomentazione indicando il vero principio della sua opera di liberazione dal male diabolico: «Se io scaccio i demoni per mezzo dello Spirito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio» (12,28). È la potenza divina che opera in Cristo a vincere Satana, inaugurando così il piano di salvezza del Padre celeste. Dobbiamo aggiungere alla scena che abbiamo ora descritto un’appendice che è presente nel cosiddetto “Discorso missionario” di Gesù. Là egli afferma: «Un discepolo non è più grande del suo maestro, né un servo è più grande del suo signore; è sufficiente per il discepolo diventare come il suo maestro e per il servo come il suo signore. Se hanno chiamato Beelzebul il padrone di casa, quanto più quelli della sua famiglia!» (Matteo 10,24-25).

La spiegazione, alla luce della scena prima descritta, è facile. Anche i discepoli, infatti, avevano ricevuto questo incarico dal loro Signore: «Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demoni!» (10,8). Ebbene, come è stato trattato il loro Maestro e Signore, così anche loro verranno accusati, forse con più veemenza, di essere al servizio di Satana-Beelzebul, mentre anche la loro è una missione sostenuta dallo Spirito divino liberatore per l’estensione del regno di Dio.

Pubblicato il 05 aprile 2012 - Commenti (2)

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Autore del blog

Gianfranco Ravasi

Gianfranco Ravasi

Gianfranco Ravasi è un cardinale, arcivescovo cattolico e biblista italiano, teologo, ebraista ed archeologo.
Dal 2007 è presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa e presidente della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra.

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