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L'unica cosa che è necessaria

Cristo in casa di Marta di Giovanni da Milano (secolo XIV). Firenze, Santa Croce.
Cristo in casa di Marta di Giovanni da Milano (secolo XIV). Firenze, Santa Croce.

"Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti
per molte cose...
Maria ha scelto la parte migliore."

(Luca 10,41-42)

Gesù è accolto festosamente nella casa di una famiglia amica: è una scena di serenità e di pace che vari pittori hanno voluto ricreare nelle loro tele, da Tintoretto nel 1500 (Monaco) a Velázquez nel 1618 (National Gallery di Londra), da Vermeer nel 1653 (a Edimburgo), fino a Overbeck nel 1815 (a Berlino). È solo l’evangelista Luca (10,38-42) a narrarci questo episodio che presenta due donne, Marta e Maria, mentre Giovanni introdurrà un’altra scena parallela ma differente che vede ancora le due donne nello stesso atteggiamento che tra poco descriveremo (12,1-11).

Nella narrazione giovannea, però, non solo si indica la località, Betania, un sobborgo di Gerusalemme, ma si fa anche emergere la figura del fratello Lazzaro, il quale era stato oggetto di un intervento clamoroso di Cristo: come si sa, egli l’aveva riportato in vita (11,1-45). Ma ritorniamo all’episodio descritto da Luca. Ciò che accade entro quelle pareti è noto: Marta funge da padrona di casa (non si cita Lazzaro), ed è subito coinvolta nei calorosi riti dell’ospitalità, una realtà molto sentita e vissuta in Oriente. La sorella Maria, invece, si intrattiene nell’ascolto dell’ospite.

Le parole che Gesù riserva a Marta, infastidita per l’assenza di collaborazione della sorella, hanno dato alla scena un valore simbolico, interpretato dalla tradizione come la raffigurazione di due modelli di vita, quella attiva e impegnata nel sociale e quella contemplativa e mistica. La prima sarebbe stata svalutata dalla risposta di Gesù a scapito della seconda.

Anche il poeta francese Paul Claudel, nel suo dramma Lo scambio (1894), darà il nome di Marta alla protagonista umile e laboriosa facendone l’emblema della dedizione alla famiglia, all’esistenza quotidiana, agli impegni concreti. In realtà, le cose stanno diversamente se si approfondisce il testo evangelico, a partire dalle parole di Cristo che suonano così: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una sola cosa c’è bisogno [altri codici antichi hanno invece questo testo: «ma c’è bisogno di poco, anzi di una sola cosa»]. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».

Ebbene, di Marta nel racconto di Luca si diceva che «era tutta presa», quasi «distolta» a causa del servizio a cui si era totalmente dedicata. Qui è la chiave per comprendere la puntualizzazione di Gesù. Marta si è lasciata assorbire completamente dalle cose esteriori. Maria, invece, incarna il modello del discepolo che, in qualsiasi contesto, è in ascolto della Parola divina e tiene sempre la barra rivolta verso «la parte migliore» e fondamentale. Detto in termini generali, non è il lavoro in sé che allontana da Dio e dallo spirito (Gesù con tutto il suo predicare, guarire, incontrare, ascoltare non era forse anche lui un “attivo”?), bensì è l’alienazione nell’agire, è l’essere catturati totalmente dalle cose, senza più un atteggiamento interiore, implicito o esplicito, rivolto verso Dio, una sorta di canale intimo aperto verso di lui.

Pubblicato il 07 febbraio 2013 - Commenti (2)

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Autore del blog

Gianfranco Ravasi

Gianfranco Ravasi

Gianfranco Ravasi è un cardinale, arcivescovo cattolico e biblista italiano, teologo, ebraista ed archeologo.
Dal 2007 è presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa e presidente della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra.

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