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mag

Ascensione al cielo

                                                           "Mentre li benediceva,
si staccò da loro e veniva
portato su in cielo"
(Luca 24, 51)

Ascensione (1250-1260), Salterio. Londra, British Museum.
Ascensione (1250-1260), Salterio. Londra, British Museum.

Nella fantasia degli artisti, ma anche di molti fedeli, la scena dell’Ascensione di Cristo ha i contorni che un poeta agnostico come il francese Apollinaire così cantava nella poesia Zona (1913), immaginando Gesù come un moderno aviatore (diremmo noi oggi “astronauta”): «I diavoli dagli abissi levano il capo per guardarlo... Gli angeli volteggiano attorno al grazioso Volteggiatore». Anche sul monte degli Ulivi, nell’antico tempietto bizantino e crociato (ora musulmano) dedicato all’Ascensione, si mostra una roccia sulla quale la tradizione popolare vede impresse le impronte dei piedi del Risorto nello slancio dell’ascesa!

In realtà, questo evento – che san Luca pone a suggello del suo Vangelo e in apertura alla sua seconda opera, gli Atti degli apostoli (1,6-12) – dev’essere compreso nel suo significato profondo, andando al di là di concezioni troppo “materialistiche” e “astronautiche”. Sappiamo che l’area celeste è per eccellenza il segno del divino e del trascendente rispetto all’orizzonte in cui sono immerse le creature. In realtà, però, Dio supera e ingloba anche il cielo, essendo infinito. Ora, Gesù di Nazaret con la risurrezione passa dall’orizzonte spaziale e storico terreno alla pienezza della sua divinità, con tutto il suo essere anche corporeo che viene trasfigurato e glorificato.

La “verticalità” dell’ascensione rappresenta, perciò, il mistero che si celava in Cristo quando era nell’“orizzontalità” del nostro spazio e del nostro tempo. Si ricorre, così, alla descrizione biblica della fine dei giusti, come l’arcaico patriarca Enok e il profeta Elia che furono rapiti in cielo (Genesi 5,22; 2Re 2): il Risorto ritorna nella città celeste da cui era venuto, cioè dal mistero della divinità, e con sé attira l’umanità redenta, strappandola alla caducità del tempo e del limite, del male e del peccato (questo è anche il senso dell’assunzione di Maria al cielo). Come diceva sant’Agostino nel suo Sermone per l’ascensione, «la risurrezione del Signore è la nostra speranza, l’ascensione del Signore è la nostra glorificazione».

È interessante notare che l’evangelista Giovanni a più riprese raffigurerà la crocifissione e la risurrezione di Cristo proprio come un “innalzamento”, un’ascensione,una glorificazione: «Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo... Quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me» (3,14; 12,32). Venendo in mezzo a noi, Gesù è diventato in tutto simile a noi; con la morte egli conclude la sua parabola storica.

Con la risurrezione egli è “innalzato” dal nostro orizzonte, “ascendendo” a quel mondo divino a cui appartiene come Figlio di Dio, portando con sé quell’umanità che egli aveva assunto incarnandosi, così da condurla alla gloria. Una nota a margine: il grande Bach ha dedicato all’Himmelfahrt, cioè all’Ascensione di Cristo, un grandioso oratorio musicale eseguito nel 1735, concluso da uno stupendo corale che intreccia il dolore della separazione da Cristo con la gioia della sua glorificazione.

Pubblicato il 30 maggio 2013 - Commenti (2)

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Postato da Teresi Giovanni il 31/05/2013 19:58

Nel Vangelo, l’Ascensione completa la vita di Gesù attraverso l’esaltazione celeste del Messia: il Risorto entra nelle sua Gloria con un corpo “spirituale”, che sfugge ai sensi umani di quaggiù e davanti al quale non si può che prostrarsi in adorazione. Negli Atti, la glorificazione di Cristo vuole inaugurare il tempo della Chiesa e della sua missione: Cristo è apparso molte altre volte ai suoi apostoli per rassicurarli e conferir loro il mandato della missione. Luca è l’unico evangelista che pone di notte la scena della trasfigurazione: segnala il sonno degli apostoli e il fatto che ridiscesero dalla montagna soltanto il giorno seguente. Io ho composto una lirica ispirata alla resurrezione di Gesù e desidero farla conoscere ai lettori: RESURREZIONE / Nella veste bianca/portava i segni del martirio,/il Suo cammino era leggero sull’umida erba/e la terra sfiorava/con i piedi in calzari d’argento./ Parlò a discepoli e/ agli amici di sempre/con angelica voce/predicando ancor la Pace,/l’Amore dal profondo del cuore,/ e con i Suoi lucidi occhi/tutto il mondo scrutava/con affetto di Padre./Gli increduli volgevano lo sguardo/sulle fiorite cime dei vicini monti /velate da candide nuvole;/ lì s’ergeva l’Eterno/che la morte sconfisse/regalando il perdono. Giovanni Teresi teresi_giovanni@libero.it

Postato da Andrea Annibale il 31/05/2013 12:23

Nello spazio e nel tempo di Dio è difficile rinvenire i connotati dell’esperienza umana. Dio vive fuori dal tempo e fuori dallo spazio umano. Eppure, in Gesù, Dio ha calpestato le strade di questo mondo facendosi prossimo a tutti, a chi lo ha accettato e a chi lo ha respinto, a chi lo ha accolto e a chi lo ha deluso. Ora, un frammento di umanità entra nei Cieli di Dio con l’Ascensione di Gesù. Questi Cieli sono una dimensione parallela che, forse, si trova nello stesso luogo in cui ci troviamo noi. Le apparizioni mariane, di cui Famiglia Cristiana ha parlato pochi giorni fa, sono segno che, con la mediazione di Maria, ancora oggi Dio vuole farsi prossimo agli uomini. Il Dio con noi, il ritorno di Gesù, speranza suprema e sublime dei Cristiani è un movimento alla rovescia rispetto all’Ascensione. Tale Ascensione è uno scomparire agli occhi dei testimoni oculari. Questo scomparire è visto come un movimento ascensionale in senso non letterale, non “astronautico” come precisa il Cardinale Ravasi. Gesù che entra nella Gloria del Padre trova un trono ben diverso da quello che gli uomini gli hanno assegnato con la Croce. Entra con il suo corpo che reca i segni della Passione nello spazio e nel tempo di Dio per cui la Passione stessa viene trasfigurata, glorificata e divinizzata del tutto. Facebook: AAnnibaleChiodi; Twitter: @AAnnibale.

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Gianfranco Ravasi

Gianfranco Ravasi

Gianfranco Ravasi è un cardinale, arcivescovo cattolico e biblista italiano, teologo, ebraista ed archeologo.
Dal 2007 è presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa e presidente della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra.

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