La Pentecoste, Luis de Morales (1509-1586). Chiesa dell’Assunzione, Caceres, Spagna.
"Sono venuto a
gettare fuoco sulla
terra, e quanto
vorrei che fosse
già acceso"
(Luca 19,49)
Giovanni Battista aveva dichiarato: «Io
vi battezzo con acqua; ma viene colui
che è più forte di me, a cui non sono
degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà
in Spirito Santo e fuoco» (Luca 3,16).
Gesù sembra raccogliere quell’annunzio con
la frase che ora proponiamo al nostro approfondimento,
anche perché essa continua così:
«Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e
come sono angosciato finché non sia compiuto!» (12,50). A questo punto vorremmo domandarci:
qual è mai questo «fuoco» che Cristo
vuole spandere sulla terra?
Una prima interpretazione è da cercare proprio
nell’immagine successiva del battesimo,
anticipata in qualche modo anche dal Battista.
Di per sé il termine “battesimo” deriva da
un verbo greco (bápto/baptízein) che letteralmente
significa una “immersione”, solitamente
nell’acqua, come avviene appunto nel rito
battesimale cristiano. Si può, tuttavia, pensare
a un’altra “immersione”, come quella che Gesù
sperimenterà con la sua sepoltura nella terra.
Si ha, così, un rimando alla morte e risurrezione
di Cristo: essa è simile a un’esplosione
di luce e di fuoco che trasforma l’umanità,
liberandola dalle scorie del male e rendendola
pura come in un crogiuolo.
Un’altra lettura di questo detto di Gesù
può essere collegata alle frasi ulteriori che
egli pronuncia, quando dichiara di essere «venuto
non a portare pace sulla terra ma divisione
» (12,51) e, subito dopo, descrive le tensioni
che l’adesione a lui crea nelle famiglie
ove «si divideranno padre contro figlio e figlio
contro padre, madre contro figlia e figlia
contro madre, suocera contro nuora e nuora
contro suocera» (12,53). Il fuoco è, dunque,
quello della sua parola che è simile a una spada
(Matteo 10,34) che lacera la superficie e
produce ferite, scopre segreti, devasta abitudini
consolidate. Sarebbe, quindi, una metafora
della vocazione cristiana che impone
una scelta ardente e radicale.
L’ingresso di Gesù nella storia causa, dunque,
uno stravolgimento perché egli è «un segno
di contraddizione», come aveva annunziato
il vecchio Simeone quando lo stringeva ancor
neonato tra le braccia (Luca 2,34). È come
se egli appiccasse un incendio che si espande
intaccando il «legno secco» (Luca 23,31) del
peccato, del vizio e del male. Ma, a conclusione,
potremmo anche allegare un’ultima interpretazione
che basiamo sulla seconda opera
di Luca, gli Atti degli apostoli.
Là, infatti, si descriveva la Pentecoste con
l’irruzione dello Spirito Santo la cui venuta
era stata a più riprese promessa da Cristo. Ebbene,
l’evangelista così tratteggiava
quell’evento: «Apparvero come lingue di fuoco
che si dividevano e si posarono su ciascuno
di loro [gli apostoli] e tutti furono colmati
di Spirito Santo» (Atti 2,3-4).
Lo Spirito Paraclito
è, dunque, simile a un fuoco, perché
arde nei cuori dei discepoli e li rende testimoni
coraggiosi e impavidi della fede. Sarebbe
questo il fuoco che Cristo starebbe per diffondere
sulla terra.
Pubblicato il 05 marzo 2013 - Commenti (2)