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La prima tentazione di Gesù

Gesù precipita Satana di Mattia Preti (1613-1699). Napoli, Museo di Capodimonte.
Gesù precipita Satana di Mattia Preti (1613-1699). Napoli, Museo di Capodimonte.

"Gesù fu condotto nel deserto dallo
Spirito per essere tentato dal diavolo".
(Matteo 4,1)

L’ultima tentazione di Cristo è il titolo di un romanzo che lo scrittore greco Nikos Kazantzakis pubblicò nel 1955 e che è divenuto famoso per la libera e provocatoria resa cinematografica eseguita nel 1988 dal regista americano Martin Scorsese. In realtà, la vera prima tentazione di Cristo è narrata dai Vangeli Sinottici agli esordi della sua missione pubblica: Marco (1,12-13) si affida a sole quattro frasi essenziali, mentre Matteo (4,1-11) e Luca (4,1-13) “sceneggiano” l’evento in un trittico di quadri che hanno come fondali il deserto, il punto più alto del tempio di Gerusalemme e un monte molto elevato. Ciò che imbarazza il lettore è proprio l’avvenimento in sé con questa strana sorta di trasferimento “aereo” che vede Gesù in balìa di Satana.

È indubbio che la tentazione sia stata un’esperienza storica reale narrata da Cristo stesso, perché difficilmente la comunità cristiana delle origini avrebbe inventato un simile episodio che vedeva il suo Signore alla mercé del diavolo che lo provocava. Gesù stesso probabilmente ha raccontato questa vicenda traumatica forse evocando tre luoghi diversi in cui egli la visse. In essa la tentazione si configurava come la proposta di imboccare vie alternative per la sua missione messianica rispetto a quella che il Padre gli aveva assegnato: la strada di un messianismo puramente sociale (i pani) o taumaturgico (il prodigio della caduta dal pinnacolo del tempio rimanendo illeso) o politico (i regni della terra).

Certo è che la narrazione crea sorpresa, perché Satana sembra esercitare un certo potere su Gesù, ma questo elemento sorprende di meno, se si riconduce la tentazione al suo significato primario. Essa è come una messa in opera della libertà umana, della sua capacità di decisione, di scelta, di volontà. Ora, si deve ribadire con forza che l’umanità di Gesù non è una vaga somiglianza a noi ma è una realtà genuina, e quindi deve comprendere il rischio della libertà che è specifico della creatura umana. Come Adamo è sotto l’albero della conoscenza del bene e del male, cioè sotto l’albero della scelta morale libera, sottoposto allo stimolo tentatore del serpente diabolico, così anche Gesù, vero uomo, è davanti a una libera opzione che riguarda la sua missione.

Egli, però, a differenza di Adamo, fondandosi sulla parola di Dio – che cita nelle sue risposte al demonio in una specie di dibattito teologico (anche il diavolo usa riferimenti a testi biblici) – sceglie di aderire al progetto divino in maniera totale, rigettando le alternative sataniche. Emerge, in tal modo, la figura non solo del nuovo e perfetto uomo-Adamo, ma anche quella del nuovo Israele che, diversamente dal popolo ebraico in marcia nel deserto, non cade nella rete diabolica della tentazione e diviene, così, un esempio per noi, uomini e donne, spesso coinvolti e travolti dalle prove morali. La persona di Cristo, infatti, si erge alla fine come colui che ha resistito al demonio con vigore e serenità, rimanendo fedele alla volontà del Padre celeste, «ed ecco, degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano» (Matteo 4,11).

Pubblicato il 02 febbraio 2012 - Commenti (2)

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Postato da Teresi Giovanni il 02/02/2012 17:01

I vangeli non descrivono la sensibilità umana o la costituzione psicologica di Gesù; tuttavia bisogna riconoscere che egli ha fatto, durante tutto il suo ministero, delle scelte in contrasto non solo con le pressioni che gli venivano dai detentori del potere religioso e politico, ma anche con le suggestioni delle folle e dei suoi discepoli. Non mancano nel Nuovo Testamento i passi in cui appare che Gesù è stato provato durante la sua vita terrena. Si dice, per esempio, che fu “provato in ogni cosa, a somiglianza di noi, escluso il peccato”. Le tre tentazioni diaboliche hanno un comune denominatore: l’uso dei mezzi materiali, il pane, i prodigi, il potere politico, non per attuare un progetto qualsiasi, ma quello che Dio ha rivelato a Gesù nel momento del suo battesimo. In altre parole il confronto riguarda la persona di Gesù e in prospettiva l’instaurazione del regno di Dio. Il superamento della terza tentazione consente a Gesù di essere servito dagli angeli (v. 11; cfr. Mc 1,13). Il tentatore aveva suggerito che essi avrebbero protetto Gesù se si fosse gettato giù dal pinnacolo del tempio. Ora essi provvedono veramente a lui in nome di Dio proprio perché non aveva preteso arbitrariamente il loro intervento. Anche Israele durante l’esodo era stato assistito dagli angeli; tuttavia non aveva saputo corrispondere alla benevolenza di Dio. Gesù invece, in forza della sua fedeltà, riceve da Dio per mezzo degli angeli tutto ciò di cui ha bisogno. Giovanni Teresi

Postato da Andrea Annibale il 02/02/2012 14:29

In definitiva, mi pare che questo passo del Vangelo ci dica qualcosa sulla identità stessa del diavolo e di Dio, rimarcandone le differenze. Il problema della libertà umana di Gesù si interseca con quello della identità di Dio. La vittoria di Gesù sul diavolo è preconosciuta da Dio? Gesù poteva fallire la Sua missione? Devono rispondere i teologi, io mi limito a porre degli interrogativi. Mi sembra però che la venuta del Regno di Dio trovi un suo momento epico nella sconfitta del diavolo ad opera di Gesù. Quando preghiamo “venga il Tuo Regno”, intendiamo questo regno come Gesù ce lo presenta in questo episodio che si commenta e come viene esposto giustamente dal Cardinale Ravasi. A mio modesto avviso, il diavolo non poteva vincere contro Gesù per la natura divina di Gesù stesso, quindi per la identità stessa di Dio. Non si tratta di negare l’umanità e la libertà di Gesù ma di ricordare che Dio è sopra il diavolo che è solo un angelo decaduto e non un “dio delle tenebre” come vuole il manicheismo. Il Regno di Dio, nella sua venuta come ce la presenta Gesù, smentisce tre idee della sua natura come giustamente espone il Cardinale Ravasi. Il Regno annunciato da Gesù non è la fine della fame, non è la fine della morte e non è la fine della Signoria di Dio sui giusti che regnano, tanto è vero che i potenti appartengono al Signore e non al diavolo, come ricorda in più punti la Bibbia dicendo che Gesù “è il Re dei re ed il Signore dei signori”. L’autorità viene da Dio che può rovesciare i potenti dai troni. In sintesi, mi pare che le tentazioni di Gesù nel deserto si riferiscano agli effetti della venuta del Regno con riferimento alla dottrina del Peccato Originale, peccato le cui conseguenze, come la guerra, il dolore e la fame, verranno estirpate solo con la seconda venuta di Gesù alla fine dei tempi. Facebook: Andrea Annibale Chiodi; Twitter: @AAnnibale.

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Autore del blog

Gianfranco Ravasi

Gianfranco Ravasi

Gianfranco Ravasi è un cardinale, arcivescovo cattolico e biblista italiano, teologo, ebraista ed archeologo.
Dal 2007 è presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa e presidente della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra.

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