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La stella e lo scettro

L’adorazione dei Magi, lastra marmorea della tomba di Severa (300 ca.) dalle catacombe di Priscilla a Roma. Vaticano, Museo Pio Cristiano.
L’adorazione dei Magi, lastra marmorea della tomba di Severa (300 ca.) dalle catacombe di Priscilla a Roma. Vaticano, Museo Pio Cristiano.

"Lo vedo,
ma non ora;
lo contemplo,
ma da lontano:
una stella spunta
da Giacobbe,
uno scettro sorge
da Israele".
(Numeri 24,17)

In un mondo in cui la magia raccoglieva sotto il suo manto molteplici espressioni spirituali, culturali e folcloristiche, la figura del mago Balaam – del quale si hanno tracce anche in testimonianze extrabibliche – aveva un rilievo particolare. Assegnato dal racconto del libro dei Numeri ora al popolo degli Aramei, ora a quello degli Ammoniti, Balaam incrocia la vicenda di Israele in marcia verso la terra promessa, dopo aver lasciato alle spalle l’oppressione egiziana. Questa massa di fuorusciti ha ormai raggiunto le steppe di Moab in Transgiordania. Battaglieri e pronti a tutto, accompagnati dalla fama di popolo protetto da un Dio potente, gli Israeliti seminano il panico tra gli indigeni moabiti e ammoniti.

Costoro decidono di ricorrere non tanto alle armi quanto piuttosto alla magia, e il re Balak di Moab interpella appunto Balaam perché, con le sue efficaci maledizioni, riesca ad arrestare questa orda di invasori. Ma ecco la grande sorpresa: con tutta la sua buona volontà, il mago non riesce a emettere se non benedizioni, divenendo paradossalmente un “profeta” di Israele, malgrado sé stesso, il suo desiderio e l’attesa del suo committente, il sovrano moabita. Il racconto dei capitoli 22-24 del libro dei Numeri è vivacissimo e, data la sua arcaicità, rivela anche qualche spunto favolistico, come quello dell’asina parlante la quale si schiera, anch’essa, dalla parte degli Ebrei (22,22-35).

Affidiamo ai nostri lettori l’impegno di seguire integralmente quella narrazione, soffermandosi soprattutto sui quattro oracoli di benedizione che Balaam pronunzia, in luogo delle attese maledizioni (23,7-10; 23,18-24; 24,3-9; 24,15-24). Nell’ultimo oracolo incontriamo il passo che proponiamo ora, un testo divenuto celebre per la rilettura messianica che ha subito nel giudaismo. Lo sguardo del mago-profeta si allunga verso un futuro ancora nebuloso e lontano e là egli intravede due segni, una stella e uno scettro, simboli regali.

La stella mattutina “Lucifero” era lo stemma ideale del re di Babilonia (Isaia 14,12). Ecco che la traduzione antica del nostro frammento ebraico nella lingua più popolare in epoca successiva, cioè l’aramaico, ha questa resa della prima immagine: «Un re spunta da Giacobbe». La stella si è trasformata in un sovrano, il re Messia. Così accadrà per Cristo, svelato ai Magi (ideali colleghi di Balaam) da una stella, e definito nell’Apocalisse «stella radiosa del mattino» (22,16). La luce, simbolo divino, accompagnerà anche il canto messianico di Isaia: «Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse» (9,1).

Più immediato è il valore simbolico dello scettro, segno dell’autorità regale. Ma anche qui l’antica versione aramaica, riflettendo la tradizione giudaica, traduce invece di “scettro”: «Un messia sorge da Israele». Era ciò che balenava già nella benedizione che il patriarca Giacobbe aveva riservato alla tribù di Giuda dalla quale sarebbe nato Davide e, quindi, il re messianico: «Non sarà tolto lo scettro da Giuda né il bastone del comando tra i suoi piedi, finché verrà colui al quale esso appartiene e a cui è dovuta l’obbedienza dei popoli» (Genesi 49,10). Abbiamo, così, nelle parole di quel remoto mago d’Oriente un bagliore che anche i cristiani leggono, come gli Ebrei, quasi fosse il ritratto del Messia. Solo che per i cristiani quella stella e quello scettro rimandano a una persona precisa, Gesù Cristo, figlio di Maria, figlio di Dio.

Pubblicato il 22 dicembre 2011 - Commenti (2)

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Postato da Teresi Giovanni il 23/12/2011 14:54

Nella tradizione cristiana, la stella che indica il cammino ai Magi (Mt 2,1-12), evoca l'oracolo messianico di Balaam di Numeri 24,17: "Una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele” . Il pagano Balaam, come i magi, vede ciò che i "credenti" non vedono. In Matteo la stella non è soltanto una metafora o un'immagine del Messia: è anche la guida del magi, uno strumento di cui Dio si serve per indicare loro ciò che gli scribi non potranno scoprire nel testo del profeta Michea. Gli antichi consideravano le stelle come esseri animati dotati di natura spirituale o addirittura come divinità e i giudeo-cristiani vedevano in essi degli angeli. Venendo in questo mondo il Messia dà inizio al compimento delle profezie, le quali annunziano che, negli ultimi tempi, tutte le nazioni verranno in pellegrinaggio alla città santa e al tempio; ma diversamente da quanto avevano annunziato i profeti, proprio la venuta delle nazioni segna l'indurimento e l'allontanamento di Israele. Erode, e Gerusalemme con lui, non riconosce il Messia e gli tende un'insidia; al contrario i magi stranieri, simbolo delle nazioni, si recano per primi ad adorare il Signore. Si riconosce qui un tema caro a Matteo (cfr. Mt 8,10). Per Matteo è Gesù stesso che fin da Betlemme accoglie le nazioni. D'altra parte l'incomprensione di Gerusalemme (Mt 2,3) illustra bene la rottura già consumata tra Israele e la chiesa. Questa visione fortemente critica nei confronti di Israele, dettata dal clima di competizione che ha accompagnato il sorgere del cristianesimo, deve oggi essere sottoposta a un coraggioso ripensamento. La nascita di Gesù e la conseguente apertura della chiesa ai gentili non deve più essere vista come una sostituzione di Israele, infedele alle promesse divine, ma piuttosto come il mezzo attraverso il quale la proposta religiosa di Israele è stata offerta a tutta l’umanità. Giovanni Teresi

Postato da Andrea Annibale il 22/12/2011 18:57

Quale grande dono ci fa la Madonna il giorno di Natale!!! Il sacerdote alla maniera di Melchisedek, il Crocifisso, il Risorto, il sole che sorge, il Re dei Re! L’Antico Testamento mostra che il popolo di Israele è santo perché da esso scaturirà Gesù, luce delle Nazioni. Da che nasce il cristianesimo, tutti i potenti, i re, i signori cristiani riconosceranno in Gesù lo scettro, che l’Apocalisse chiama Re dei Re e Signore dei Signori. E’ un ossimoro biblico che un re che ha come trono una croce, per un destino di gloria, seduto alla destra del Dio unico di Israele, diviene poi autore, creatore e ri-creatore del potere terreno facendo nuove tutte le cose, in quanto, come ci ricorda San Paolo, l’autorità viene da Dio. Il Dio-con-noi che rovescia i potenti dai troni (Magnificat) è quello scettro che sorge da Israele. Si tratta di una profezia dell’era cristiana che modellerà tutta la Storia umana. La stella che spunta da Giacobbe mi pare sia la stella di Davide, ad indicare che il Messia dovrà essere della stirpe di Re Davide. Anche questo segno indica Gesù stesso. Da notare che Gesù è indicato anche come un sole che sorge che verrà a visitarci e oggi sappiamo che il sole è una stella! Facebook: Andrea Annibale Chiodi; Twitter: @AAnnibale.

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Gianfranco Ravasi

Gianfranco Ravasi

Gianfranco Ravasi è un cardinale, arcivescovo cattolico e biblista italiano, teologo, ebraista ed archeologo.
Dal 2007 è presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa e presidente della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra.

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