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mag

Lo spezzare il pane

"Essi narrarono
ciò che era accaduto lunga la via
e come l'avevano riconosciuto
nello spezzare il pane."
(Luca 24,35)

La cena di Emmaus di Diego Velázquez, 1622-23. New York, Metropolitan Museum of Art.
La cena di Emmaus di Diego Velázquez, 1622-23. New York, Metropolitan Museum of Art.

Caravaggio ripropone questa scena in modo emozionante ben due volte, in tele che sono custodite rispettivamente alla National Gallery di Londra e alla Pinacoteca milanese di Brera. Certo è che la cosiddetta “Cena di Emmaus” narrata dall’evangelista Luca (24,13-35) è rimasta non solo nella fede dei credenti, ma anche nell’immaginario di tutti, specialmente attraverso quell’invocazione finale dei due discepoli: «Rimani con noi perché si fa sera e il giorno sta ormai declinando!». Come è noto, questo incontro del Cristo risorto con Cleopa (diminutivo di Cleopatro) e con un altro seguace anonimo di Gesù è “dipinto” narrativamente dall’evangelista in due quadri consequenziali.

All’inizio c’è la strada e il cammino di sessanta stadi (all’incirca undici chilometri) per raggiungere Emmaus, un villaggio la cui identificazione non è certa. È, questo, il momento della parola: considerazioni sconsolate dei due, spiegazioni intense e appassionate dell’ignoto viandante.

Ecco, poi, la seconda scena, in un interno, attorno a una mensa ove basta solo un gesto per far riconoscere in quel compagno di viaggio il Cristo: «Prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro». Perché lo “spezzare il pane” fa aprire gli occhi a quei due? La risposta è di indole teologica e liturgica. La frase appena citata echeggia, in- fatti, i gesti compiuti da Gesù nella sua ultima cena, quando appunto egli «prese il pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro» ( Luca 22,19). È, quindi, l’eucaristia l’atto dello svelamento del Cristo risorto agli occhi del credente. Non basta, per poterlo riconoscere nella sua realtà più intima, l’esperienza fisica dell’ascolto. Quest’ultima è importante perché – come i due discepoli confesseranno – fa “ardere il cuore nel petto”; ma è necessaria una via superiore di conoscenza, quella della fede, che permette l’incontro pieno sotto il segno del pane spezzato.

È per questo che la formula “spezzare il pane” (in greco klásis tou ártou) diverrà quasi “tecnica” per indicare l’eucaristia. Lo stesso evangelista Luca, quando delinea negli Atti degli apostoli le quattro colonne ideali che reggono la comunità cristiana di Gerusalemme, non esita a collocarvi anche questo rito fondamentale della Chiesa: «Erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli, nella comunione fraterna, nello spezzare il pane (klásis tou ártou) e nelle preghiere» (2,42).

Poche righe dopo (2,46), si ricorda che questa celebrazione avveniva all’interno delle abitazioni ove si radunavano i primi cristiani: «Erano perseveranti insieme nel tempio e spezzavano il pane nelle case», e ciò aveva luogo all’interno di un banchetto comunitario («prendevano cibo con letizia e semplicità di cuore»). Questo atto è rievocato altrove nel secondo scritto di Luca. Ad esempio, a Troade, alla presenza di san Paolo e dello stesso Luca, si nota: «Il primo giorno della settimana ci eravamo riuniti a spezzare il pane» (20,7). Similmente, dopo una terribile tempesta nel Mediterraneo e prima di approdare a Malta, Paolo sulla nave «prese un pane, rese grazie a Dio davanti a tutti e lo spezzò cominciando a mangiarlo» (27,35). Era stato lo stesso Apostolo, scrivendo ai fedeli di Corinto, a dare indicazioni severe per una retta celebrazione della cena del Signore nel contesto del banchetto comunitario (1 Corinzi 11,17-34).

Pubblicato il 17 maggio 2013 - Commenti (2)

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Postato da vdiste1939 il 18/05/2013 11:01

ddalla lettura di questo episodio, narrato solo da Luca mi è sempre sorto il dubbio che all'ultima cena parteciparono altri discepoli oltre i dodici, infatti la frase lo riconobbero dallo spezzare.... sembra indicare che già lo hanno visto. una seconda considerazione che mi è venuta in mente, riferondoci ad Atti,è la constatazione che lo spezzare il pane tra i primi discepoli e seguaci avveniva non in locali ben definiti, ma anche in casa. c' qualcuno che sa dare risposta a queste considerazioni?

Postato da Teresi Giovanni il 17/05/2013 15:19

Il particolare gesto con cui Gesù spezzò il pane è penetrato profondamente nelle anime dei discepoli, come possiamo evincere dal racconto dei discepoli di Emmaus. Ricordando quel gesto, essi vi hanno visto racchiuso tutto il mistero della consegna di sé messa in atto da Gesù. L'espressione «spezzare il pane» nella Chiesa nascente andò così a designare l'Eucaristia, dunque ciò che la caratterizzò e la tenne unita come nuova comunità. Dal ricordo dell'ultima cena però emergeva anche chiaramente che l'Eucaristia è più di un semplice atto di culto che si esaurisce nella celebrazione liturgica. Lo spezzare il pane era di per sé un'immagine di comunione, dell'unire attraverso la condivisione. I cristiani ora possono vedere nell'atto di spezzare il pane compiuto da Gesù un'immagine dell'ospitalità di Dio, nella quale il Figlio incarnato dona se stesso come pane di vita. Di conseguenza la frazione del pane eucaristico deve proseguire nello “spezzare il pane” della vita quotidiana, nella disponibilità a condividere quanto si possiede, a donare e così unire. È semplicemente l'amore in tutta la sua immensità che si manifesta in questo gesto, e con esso il nuovo concetto cristiano di culto e di cura per il prossimo: l'Eucaristia deve divenire “spezzare il pane” a tutti i livelli, altrimenti il suo significato non si compie. Deve divenire servizio e dono nella vita quotidiana. Giovanni Teresi

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Autore del blog

Gianfranco Ravasi

Gianfranco Ravasi

Gianfranco Ravasi è un cardinale, arcivescovo cattolico e biblista italiano, teologo, ebraista ed archeologo.
Dal 2007 è presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa e presidente della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra.

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