Gesù vede Zaccheo su un sicomoro e si fa invitare a casa sua. William Hole, Vita di Gesù , 1890 circa.
"Zaccheo cercava di vedere
Gesù, ma non riusciva a causa
della folla, perchè era piccolo
di statura."
(Luca 19,3)
La vicenda vissuta da Zaccheo, in ebraico
Zakkai
, cioè “puro, innocente” – un nome un po’ paradossale per un personaggio molto discusso come poteva essere un capoesattore (architelónes
) per conto dello Stato straniero romano e dei suoi prìncipi ebrei
satelliti –
è narrata solo dall’evangelista Luca
che la ambienta nella città di Gerico, l’antichissimo e prospero centro situato in un’oasi
della valle del Giordano. Noi vogliamo evocare questo episodio per due ragioni. La prima
è nella citazione che abbiamo proposto e si
tratta solo di una curiosità.
Zaccheo sale su un albero di sicomoro,
una pianta tipica del clima subtropicale, perché – essendo basso di statura – non riusciva a vedere Gesù che attraversava la città circondato dalla folla. La curiosità è nell’ipotesi fantasiosa (e improbabile nel testo) che
quella “piccolezza” fosse propria della statura di Gesù.
Questa interpretazione stravagante riflette il desiderio frustrato di sapere
qualcosa di più, attraverso i Vangeli, sulla figura concreta di Cristo. Nei primi secoli si è
cercato di colmare il silenzio evangelico ricorrendo ad applicazioni libere di immagini
bibliche messianiche.
Così, si è creato un Gesù dal viso sgraziato
per adattargli quel passo del quarto canto del
Servo sofferente del Signore che suona così:
«Non ha apparenza né bellezza per attrarre il
nostro sguardo, non splendore per poterne
godere» (Isaia
53,2). E Origene, nel III secolo,
aveva concluso, sulla scia anche della nostra
citazione lucana: «Gesù era piccolo, sgraziato,
simile a un uomo da nulla». All’antipodo si
colloca, a partire dal IV secolo, su influsso anche degli ideali classici greco-romani, il profilo di un Cristo avvenente, incarnazione di un
altro passo messianico anticotestamentario,
il carme nuziale regale del Salmo 45: «Tu sei il
più bello tra i figli dell’uomo».
Il poeta Eugenio Montale ha, invece, riletto
la scena un po’ umoristica di questo alto funzionario, ma basso di statura, che si inerpica
su un albero, come un emblema amaro della
personale incredulità del poeta: «Si tratta di
arrampicarsi sul sicomoro / per vedere
il Signore / se mai passi. / Ahimè, io non sono un
rampicante, / ed anche stando in punta di piedi, / io non l’ho visto».
Ben diverso, invece, è
stato l’esito di quell’ascesa per Zaccheo.
Gesù lo vede e si fa invitare a casa di questo personaggio piuttosto chiacchierato, nonostante
le critiche dei benpensanti.
E qui introduciamo la nostra seconda nota
che riguarda il segno di conversione di quel
“capoesattore”: «Io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto» (19,8). La legge
ebraica imponeva questa sanzione solo per il
furto di un montone (
Esodo
21,37); negli altri
casi si esigeva solo la restituzione per intero
della cosa rubata «aggiungendovi un quinto»
(
Levitico
5,16;
Numeri
5,6-7). La legge romana
richiedeva il rimborso al quadruplo soltanto
per i
furta manifesta
, cioè per la flagranza di
reato.
Zaccheo, invece, testimonia con questa sua scelta così radicale la trasformazione totale
e piena che si è in lui compiuta.
Pubblicato il 18 aprile 2013 - Commenti (2)