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Per sapere quanti anni ha un albero, basta contare i cerchi che compongono il suo tronco: a ogni cerchio corrisponde un anno. Lo studio della successione degli anelli si chiama dendrologia e gli alberi che meglio si prestano a tale studio sono il pino, l’abete, il larice e la quercia. In primavera, il diametro del tronco aumenta nella parte esterna e tale legno è più chiaro per la presenza di vasi dal diametro grosso e pareti sottili, che permettono un maggior passaggio della linfa. Verso la fine del periodo vegetativo, prevale l’esigenza di sostegno nei tessuti e il legno estivo, più scuro, è caratterizzato da vasi dal diametro inferiore e pareti più spesse.
Ma se osserviamo attentamente, possiamo notare che non tutti i cerchi sono di uguale spessore: se l’anno è stato umido e le piogge sono state abbondanti, si avrà un cerchio con uno spessore superiore a quello cresciuto durante un anno più secco. Condizioni climatiche sfavorevoli ingannano l’albero, che può percepire la fine della stagione vegetativa prematuramente, producendo cellule di legno tardivo. Se le condizioni tornano normali, l’albero si risveglia e torna a produrre legno più chiaro e dai bordi più sottili. Talvolta, gli alberi formano un anello parziale, o addirittura non formano anelli e ciò accade per condizioni climatiche molto rigide. Le cicatrici registrano eventi come incendi, valanghe ed altri fenomeni geomorfologici, mentre le sequenze di anelli soppressi o più larghi sono correlate ad eventi come l’azione di insetti o gli effetti dell’inquinamento.
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06 dicembre 2011 - Commenti
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giu
Il cielo durante un temporale.
Curiosando
Sono più di 10.000 le persone che nel mondo ogni anno vengono colpite, i maniera più o meno grave, dai fulmini, con effetti che vanno dalla morte per folgorazione, a scottature, lesioni di organi interni. I danni poi ad
opere,
manufatti,
elettrodotti sono ingenti e, solo in Italia (1.200.000 fulmini circa all’anno), assommano a
varie centinaia di milioni di euro. Il fulmine provoca spesso perdite di bestiame e, a volte, vere e proprie ecatombi di pecore, animali che sono soliti riunirsi in gruppo compatto, cosicché la colonna d’aria calda, a carica positiva, che dal gregge sale verso la base della nube temporalesca, crea un solco conduttore attraverso il quale si
scarica poi la folgore.
Anche gli alberi isolati sono frequente bersaglio dei fulmini perché, per il noto effetto elettrico del potere disperdente delle punte, anch’essi tendono disperdere sulla colonna d’aria sovrastante le cariche elettriche sottratte al suolo - così come avviene nel parafulmine – creando così un canale conduttore tra albero e base del temporale. Per quanto riguarda i danni agli edifici le statistiche indicano che il 55% circa dei fulmini colpisce campanili, torri alte e guglie, il 38% i camini, il 6% i tetti.
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27 giugno 2011 - Commenti
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