24
apr

Modifica artificiale del clima

Bufala o realtà?

Nel novembre del 2009, dopo un’abbondante nevicata che ha imbiancato la città di Pechino, i meteorologi cinesi hanno annunciato che tutta quella neve era... farina del loro sacco! Almeno questo è ciò che sostenne in tale occasione il direttore dell’Ufficio Modificazione del Tempo della Cina, una vera e propria agenzia governativa che lavora nel tentativo di modificare gli eventi atmosferici. In realtà non è chiaro se il lavoro di tale Ufficio abbia in effetti ottenuto simili risultati o se, molto più probabile, la nevicata sia coincisa solo per caso con un esperimento degli scienziati cinesi: ciò che invece è certo è che i tentativi di controllare il tempo sono iniziati molto tempo fa, e i primi risalgono addirittura alla fine del XIX secolo.

In particolare già nel 1871 Edward Powers, un ingegnere civile di Chicago, pubblicò un libro dal titolo eloquente: “La Guerra e il Tempo, o La Produzione Artificiale della Pioggia”. Nelle pagine del libro egli esortava il governo a finanziare un progetto che consentisse di causare la pioggia a comando, e indicava come possibile metodo di controllo del tempo l’utilizzo di batterie di cannoni che potessero in qualche modo generare correnti di aria calda e fredda. E sul finire del XIX il Dipartimento per l’Agricoltura degli Stati Uniti finanziò effettivamente diversi test in cui venivano rilasciati esplosivi all’interno delle nuvole con l’intento di scatenare la pioggia: i risultati però non dovettero essere soddisfacenti se è vero che il Chicago Times scrisse che sarebbe stato meno ridicolo spendere tali soldi se fossero stati “utilizzati nel tentativo di produrre fischietti utilizzando code di maiale”.

Eppure i tentativi continuarono e qualcuno acquistò anche notevole fama spacciandosi per novello stregone del tempo: nel 1916 ad esempio la città di San Diego, sofferente per un grave periodo di siccità, per risolvere il problema chiamò Charles Mallory Hatfield, celebre perché sosteneva di poter scatenare la pioggia utilizzando un particolare miscuglio di sostanze chimiche. Tuttavia egli ebbe in tale occasione anche troppo successo, perche dal cielo arrivò un vero proprio diluvio d’acqua che produsse danni e vittime in quantità: chiaramente il novello stregone non venne pagato e dovette anzi darsela a gambe in tutta fretta.
Ebbe sicuramente più successo Vincent Schaefer, dipendente della General Electric che nel 1946, in volo nei dintorni di New York, ottenne la neve spargendo tra le nubi qualche chilo di ghiaccio secco. Ma come scoprì assai presto, anche il successo può essere amaro. L’anno successivo difatti, assieme al premio Nobel per la chimica Irving Langmuir, tentò di deviare il corso di un uragano in movimento verso la Florida spargendo grosse quantità di ghiaccio secco nell’occhio del ciclone: la tempesta in effetti cambiò direzione e risparmiò la Florida, ma investì con inaudita violenza la Georgia dove causò danni per oltre 5 milioni di dollari. In ogni caso negli anni ’50 l’inseminazione delle nubi con sostanze quali ghiaccio secco o ioduro d’argento divenne pratica piuttosto diffusa, e ancor oggi viene utilizzata, con risultati tuttavia incerti, in alcuni paesi del Mondo.

Pubblicato il 24 aprile 2012 - Commenti (0)
13
dic

La storia curiosa dell'ombrello

L’ombrello è stato inizialmente concepito per proteggerci dai raggi roventi del sole e non tanto dalle intemperanze di Giove Pluvio. Insomma, ombrello (dal latino umbra, ovvero “ombra”) impiegato come parasole e non come parapioggia. E come parasole ci sono testimonianze della sua prima comparsa in Cina, avvenuta intorno al XII secolo a.C..

I Babilonesi impiegarono l’ombrello come parasole, ma più per vezzo che per convinta necessità. Gli Egizi, invece, credevano che la dea Nut coprisse la Terra con il suo corpo arcuato, proprio come un parasole, e le persone camminavano con gli ombrelli per avere la sua protezione. In estremo oriente l’ombrello addirittura divenne un segno distintivo di nobiltà, tanto che poi il suo uso fu permesso soltanto ai reali e ai dignitari di corte. In effetti, sculture e dipinti di migliaia di anni fa, provenienti da Assiria, Persia e India mostrano servitori intenti a riparare dal sole i loro governanti con un ombrello. Tuttora, in molti paesi africani, l'ombrello è simbolo di autorità. Come simbolo di potere poi si diffuse anche tra le massime autorità della gerarchia della Chiesa (Papi e cardinali).

I buddisti lo usavano come simbolo del Budda, tanto che, ancora oggi, le cupole dei loro monumenti sono spesso sormontate da ombrelli. Ma comunque, solo nell’800, l’ombrello ha un boom di successo da parte delle donne, non tanto come parasole quanto piuttosto come irrinunciabile accessorio di moda da esibire in pubblico e all’aria aperta insieme alla borsa e al cappello. A tutt’oggi, nel Nord Europa, l'ombrello è considerato un accessorio stravagante e la gente preferisce bagnarsi piuttosto che portarne uno! L’ombrello come parapioggia, invece, fece la sua prima comparsa con gli antichi Romani, ma poi cadde in disuso per ricomparire, in seguito, sempre in Italia alla fine del ’500. Insomma, il parapioggia è made in Italy.

Pubblicato il 13 dicembre 2011 - Commenti (0)
14
giu

Dal 1950 l’inizio della moderna meteorologia

Diventa meteorologo

Alcune invenzioni, utilizzate inizialmente solo per scopi bellici nella seconda guerra mondiale, trovano un proficuo impiego anche nella meteorologia. Così è, ad esempio, per il radar che consente di evidenziare le piogge in atto all’interno delle nubi entro un raggio di 300-400 km.
Ma la vera svolta avviene agli inizi degli anni ’50 con l’avvento dei primi elaboratori elettronici, i quali consentono ai meteorologi di realizzare finalmente il sogno di risolvere in tempo reale le complesse equazioni che descrivono l’evoluzione futura dell’atmosfera.
Inizia così l’era delle previsioni numeriche, dedotte con i computer mediante opportune schematizzazioni (modelli fisico-matematici) delle equazioni della Fisica dell’atmosfera. Man mano che la potenza degli elaboratori cresce, i meteorologi approntano modelli sempre più complessi, più aderenti alla realtà ed estesi a validità via via crescenti.

 Evoluzione dell’attendibilità delle previsioni meteorologiche a 3, 5, 7e 10 giorni negli ultimi 30 anni.
Evoluzione dell’attendibilità delle previsioni meteorologiche a 3, 5, 7e 10 giorni negli ultimi 30 anni.

Per la descrizione dell’evoluzione di qualsiasi sistema fisico presente in natura è necessario innanzitutto conoscerne le condizioni iniziali. Quanto più note sono le condizioni iniziali, tanto più la traiettoria prevista si avvicinerà a quella osservata.  Allo scopo, a livello planetario, esiste un sistema mondiale per l’osservazione del tempo, coordinato dall’OMM (Organizzazione Meteorologica Mondiale), un organismo permanente dell’ONU.
La rete mondiale di osservazione del tempo ha ricevuto negli anni recenti un grande impulso dai satelliti meteorologici i quali sono ormai in grado di misurare da bordo i principali parametri meteo, quasi con la stessa precisione dei palloni sonda.
Anche l’attendibilità delle previsioni meteo negli ultimi 20 anni ha subito un deciso balzo in avanti per l’applicazione di modelli fisico-matematici via via più sofisticati per merito di computer sempre più veloci e per l’impiego di osservazioni iniziali sempre più dettagliate per merito dei satelliti meteorologici. 

Pubblicato il 14 giugno 2011 - Commenti (0)
31
mag

1900: nasce la teoria dei fronti

Un ciclone.
Un ciclone.

Diventa meteorologo

Nel 1918 il meteorologo norvegese B. Bjerknes, sulla base delle osservazioni sinottiche di una densa rete di stazioni nel Sud della Norvegia, formula un nuova teoria dei cicloni mobili delle medie latitudini (la teoria dei fronti), tuttora in uso. In particolare, il ciclo di vita dei cicloni extratropicali viene collegato alle piccole ondulazioni meridiane (lunghezza d’onda intorno a 1000-3000 km), che intorno a 50-65 gradi di latitudine si generano sulla ideale linea di demarcazione (“fronte polare”) lungo la quale al suolo si fronteggiano masse d’aria fredda polare e masse d’aria calda subtropicale.

In pratica il meteorologo riportava a mano, sull’area di interesse, le osservazioni rilevate al suolo e poi tracciava le isobare. Dalla ragnatela di linee che prendeva forma sulla mappa geografica, era possibile evidenziare le aree dove la pressione era più bassa (cicloni) o più alta (anticicloni). Su un’altra mappa venivano invece tracciate le linee congiungenti i punti con medesima temperatura (isoterme), onde individuare la posizione delle masse d’aria calde o fredde. In quelle ristrette fasce geografiche dove le isoterme sono molto fitte è evidente che si “fronteggiano”, gomito a gomito, una massa d’aria fredda con una massa d’aria calda e, come due eserciti nemici in guerra, lì possono verificarsi reciproci sconfinamenti di aria fredda verso le aree occupate dall’aria calda (fronte freddo) o viceversa (fronte caldo).

Sulla carina sono visibili le Isoterme, ovvero le temperature presenti nell’area da loro delimitate.
Sulla carina sono visibili le Isoterme, ovvero le temperature presenti nell’area da loro delimitate.

A questo punto, dalla sequenza cronologicamente ordinata di più mappe, era possibile prevedere, attraverso l’estrapolazione dello spostamento, la posizione che assumerebbero nel futuro i cicloni, gli anticicloni e i fronti.
La tecnica di estrapolare nel futuro la traiettoria dei sistemi atmosferici osservata nelle precedenti 12-24 ore è nota come metodo sinottico. Il metodo sinottico, alquanto empirico e legato molto all’esperienza soggettiva del meteorologo, dava risultati soddisfacenti soltanto per proiezioni fino a 24-36 ore ed è stato impiegato nei centri meteorologici fino agli anni ’70.

Pubblicato il 31 maggio 2011 - Commenti (0)
24
mag

1900: nascono i modelli fisico-matematici

Diventa meteorologo

Tra il 1700 e il 1800 le leggi della dinamica, appena scoperte, vengono applicate anche all’atmosfera: nel 1783 Eulero riscrive le equazioni del moto in una forma idonea a descrivere anche i moti atmosferici. Nel 1859 W. Ferrel fa una trattazione matematica dei moti atmosferici nella quale viene evidenziato, per la prima volta, come la rotazione della Terra abbia l’effetto di deviare le masse d’aria verso destra nell’emisfero nord e verso sinistra in quello sud. Ma a gettare le basi della moderna meteorologia sono soprattutto i lavori elaborati tra il 1900 e il 1930 da tre grandi studiosi. Nel 1922 L.F. Richardson si rende conto che le equazioni del moto applicate all’atmosfera, pur contenendo in sé la descrizione dell’evoluzione del moto delle masse d’aria e della pressione, sono in realtà troppo complesse cosicché è impossibile ricavarne la soluzione analitica “esatta”, così come si fa, ad esempio, con un’equazione di 2° grado.

Per aggirare l’ostacolo, Richardson escogita, per primo, un tentativo di risoluzione approssimata mediante i metodi tipici dell’analisi numerica, ossia trasformando le complesse operazioni presenti nelle equazioni (derivate e integrali) in semplici operazioni aritmetiche tra numeri. I risultati della prima “previsione numerica” nella storia della meteorologia furono disastrosi, soprattutto per le ridotte capacità di calcolo di allora. Tuttavia il tentativo di Richardson resta degno di nota perché negli anni ’50, con l’avvento dei primi computer, aprirà la strada ai modelli-fisico matematici.

Nel 1922 H. Jeffreys, elaborando le equazioni del moto, realizza una classificazione dei venti in tre tipi idonei a descrivere le circolazioni realmente osservate nell’atmosfera, dal ciclone tropicale, al ciclone mobile extra-tropicale delle nostre latitudini e alle brezze locali. È merito ancora di Jeffreys l’avere scoperto la presenza in seno alle correnti occidentali delle medie latitudini, di oscillazioni meridiane. Qualche anno più tardi Rossby dà una giustificazione teorica a tali ondulazioni (da qui il nome di onde di Rossby).

La regolarità con cui le ondulazioni si muovono lungo i paralleli ne rende abbastanza agevole la stima dello spostamento tanto che le onde di Rossby rivestono oggi fondamentale importanza nelle previsioni da 3 a 10 giorni.

Pubblicato il 24 maggio 2011 - Commenti (0)
17
mag

Gli albori della meteorologia sinottica

Diventa meteorologo

Nel Rinascimento vengono inventati i primi strumenti meteo: l’anemometro e l’igrometro (Leonardo), il pluviometro (Castelli), il termometro (Galilei), il barometro (Torricelli) e nel 1650 Ferdinando II, Duca di Toscana, fa realizzare la prima rete di osservazione del tempo.
Però solo agli inizi dell’800 si fa strada la convinzione che il tempo dipenda dallo spostamento di perturbazioni di qualche migliaio di km e si intuisce che per la comprensione dei fenomeni meteo occorra la rappresentazione sinottica delle osservazioni su un’area più vasta possibile. Erano questi gli albori della meteorologia sinottica, che segnerà profondamente la scienza del tempo fino ai giorni nostri.

Agli inizi del 1800 le prime mappe meteo, tracciate sulla base di osservazioni raccolte per posta, fanno intuire la stretta relazione tra vento e pressione, formulata poi da Buys-Ballot. Bisogna tuttavia attendere l’invenzione del telegrafo (1835) perché l’analisi sinottica del tempo possa essere eseguita in tempo reale.

Ma fu un tragico evento a far nascere la prima rete sinottica: nel 1854 una tempesta sul Mar Nero, durante la guerra di Crimea, distrusse la flotta anglo-francese impegnata contro la Russia. Un’’indagine arrivò alla conclusione che la catastrofe si sarebbe potuta evitare mediante una rete di osservazioni sinottiche che avrebbe consentito di prevedere l’arrivo della tempesta. Nacquero così i primi servizi meteo in Inghilterra (1861), Francia (1863) e Italia (1866).

Dall’analisi di routine delle mappe si scoprì che il maltempo è sempre accompagnato da estesi centri di bassa pressione (cicloni mobili). L’evidente correlazione tra tempo e cicloni mobili fece ritenere che per la previsione del tempo bastasse determinare la posizione futura del ciclone, estrapolandone lo spostamento sulla base di più mappe cronologicamente ordinate, Ma il metodo non portò i risultati sperati e i primi insuccessi gettarono molta acqua sui primi entusiasmi, tanto che agli inizi del 1900 tali mappe erano ormai finite nel dimenticatoio.

Pubblicato il 17 maggio 2011 - Commenti (0)
10
mag

Dai Greci al medioevo impera l’astrologia

DIVENTA METEOROLOGO


Con le prime grandi civiltà orientali l’osservazione del cielo e degli astri diviene quasi un culto. E così non sfugge la correlazione tra la ricorrenza dei cicli celesti e le variazioni stagionali, tanto che negli astrologi dell’epoca matura la convinzione che le alterne vicende atmosferiche dipendano solo dal moto delle stelle e dei pianeti e, in particolar modo, dal Sole e dalla Luna. Tale interpretazione astrologica del tempo resisterà tenacemente per millenni fino al Rinascimento.

La più antica testimonianza sui primi tentativi di prevedere il tempo giunge dalle civiltà mesopotamiche e ancor più dalla civiltà ebraica della cui meteorologia empirica si trovano frequenti riferimenti nelle Sacre Scritture. Con la civiltà greca, accanto all’interpretazione astrologica dei fenomeni atmosferici, si afferma gradualmente un atteggiamento più razionale, fondato sull’esperienza delle osservazioni.
Questo nuovo tipo di approccio è documentato da numerosi passi di Omero, da Le opere e i giorni di Esiodo, dal Libro dei sogni di Teofrasto, da I fenomeni di Arato e dall’Almagesto di Tolomeo. Ma la testimonianza più importante è senza dubbio la Meteorologica di Aristotele. I principi esposti nell’opera, a parte alcune corrette intuizioni, hanno in genere scarso fondamento scientifico; tuttavia hanno costituito la base indiscussa delle conoscenze atmosferiche per quasi 2000 anni.
L’interesse per i fenomeni del tempo si ritrova anche nella civiltà romana, come documentato da Seneca e da Plinio, senza però nulla aggiungere a quanto i Greci credevano di sapere. Nel Medioevo, impera incontrastata l’astrologia e la meteorologia subisce una profonda involuzione poiché, complice l’influenza della civiltà araba, si rafforza la credenza nell’influsso degli astri sul tempo, di cui oggi troviamo ancora traccia negli almanacchi popolari. Tra il ’400 e il ’500, trovano successo opuscoli sui quali venivano pubblicate previsioni del tempo per tutto l’anno, elaborate alla luce delle classiche regole dell’astrologia. (fine prima parte…)

Pubblicato il 10 maggio 2011 - Commenti (0)

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Autore del blog

Il meteo di Giuliacci

Col. Mario Giuliacci

Mario Giuliacci è un meteorologo, personaggio televisivo e colonnello italiano. È laureato all'Università La Sapienza di Roma. È autore di diversi libri sulla meteorologia. Attualmente cura su LA7 la rubrica del meteo per il fine settimana.

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