29
giu
Clima e salute
Salendo di quota cala anche la pressione atmosferica. La diminuzione rispetto al livello del mare è intorno al 20% a 2000 m, 30% a 3500 m e 60% a 4000 m.
Al diminuire della pressione cala però anche la concentrazione dell’
ossigeno il quale, dopo l’
azoto, è il
principale componente dell’aria. La
carenza di ossigeno (ipossia) costringe il cuore ad aumentare i battiti per aiutare i polmoni ad accelerare i ritmi di inspirazione, onde assicurare comunque l’abituale fabbisogno di ossigeno per le funzioni vitali.
Tutto questo scompiglio sottopone però bronchi e polmoni a un surplus di ginnastica e a iperventilazione, con benefici effetti per i sofferenti di asma ma con qualche problema in più per chi soffre di cuore.
La montagna fa bene, ma attenzione ai problemi di pressione.
In montagna si suggerisce ai cardiopatici e agli ipertesi di evitare gli sforzi eccessivi, specie se prolungati, e di fermarsi immediatamente non appena compaiono affanno o palpitazioni.
A chi soffre di ipertensione viene anche raccomandato di misurarsi almeno una volta al giorno la pressione: se questa tende ad aumentare – situazione abbastanza frequente nei primi giorni di acclimatazione in montagna – potrebbe suggerire al vostro medico di incrementare, seppure temporaneamente, le dosi di farmaci anti-ipertensivi.
A quote relativamente alte la povertà di ossigeno diviene così acuta da provocare il mal di montagna, una tipica sindrome che, tra 2500 e 3500 metri di altitudine, colpisce il 15% circa degli individui e addirittura il 35% a quote tra 3500 e 4000 metri.
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29 giugno 2011 - Commenti
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28
giu
Una stazione meteo casalinga.
Diventa meteorologo
Le previsioni del tempo vengono elaborate con tecniche diverse a seconda della validità temporale della previsione e questo è anche il motivo per cui le previsioni vengono suddivise in 4 tipologie: previsioni a brevissima scadenza o now-casting (da 1 a 12 ore); previsioni a breve scadenza (da 12 a 72 ore); previsioni a media scadenza (4 a 10 giorni); previsioni a lunga scadenza.(oltre 10 giorni). Per le previsioni a brevissima scadenza (1-12 ore) - quelle nelle quali si potrebbe cimentare con discreto successo anche un … meteorologo in erba - la tecnica più avanzata è il now-casting: la posizione futura di un fenomeno meteo viene stimata estrapolandone la traiettoria osservata nelle ore passate.
Per il now-casting è quindi indispensabile l’impiego delle osservazioni meteo relative al tempo attuale (“il tempo che c’è”) e al” tempo che c’era” nelle 6-12 ore precedenti, onde ricostruire lo spostamento più probabile di un fenomeno meteo in atto (ad. es., un temporale) o per stabilirne la sua evoluzione nel tempo (ad esempio, lo spostamento di una “perturbazione” atlantica o la stima del tempo necessario al dissolvimento di un banco di nebbia). Le principali fonti di osservazioni per elaborare previsioni locali con le tecniche del now-casting sono i satelliti meteorologici, i radar, le osservazioni in superficie effettuate da una rete mondiale e trasmessi anche su Internet, le osservazioni in quota a cura della rete mondiale di palloni-sonda.
Meglio ancora in ambito locale se si possiede una propria stazione meteo amatoriale. Il now-casting ha numerose applicazioni previsionali locali: lo spostamento di temporali, di centri di bassa pressione, di corpi nuvolosi e di aree di piovosità; individuazione delle aree di più probabile sviluppo di rovesci e temporali; previsione della nebbia e della neve ; previsione della direzione e della velocità del vento.
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28 giugno 2011 - Commenti
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27
giu
Il cielo durante un temporale.
Curiosando
Sono più di 10.000 le persone che nel mondo ogni anno vengono colpite, i maniera più o meno grave, dai fulmini, con effetti che vanno dalla morte per folgorazione, a scottature, lesioni di organi interni. I danni poi ad
opere,
manufatti,
elettrodotti sono ingenti e, solo in Italia (1.200.000 fulmini circa all’anno), assommano a
varie centinaia di milioni di euro. Il fulmine provoca spesso perdite di bestiame e, a volte, vere e proprie ecatombi di pecore, animali che sono soliti riunirsi in gruppo compatto, cosicché la colonna d’aria calda, a carica positiva, che dal gregge sale verso la base della nube temporalesca, crea un solco conduttore attraverso il quale si
scarica poi la folgore.
Anche gli alberi isolati sono frequente bersaglio dei fulmini perché, per il noto effetto elettrico del potere disperdente delle punte, anch’essi tendono disperdere sulla colonna d’aria sovrastante le cariche elettriche sottratte al suolo - così come avviene nel parafulmine – creando così un canale conduttore tra albero e base del temporale. Per quanto riguarda i danni agli edifici le statistiche indicano che il 55% circa dei fulmini colpisce campanili, torri alte e guglie, il 38% i camini, il 6% i tetti.
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27 giugno 2011 - Commenti
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23
giu
Hai visto mai
All’inizio di questa settimana si è rapidamente sviluppato e intensificato un ciclone tropicale nel tratto di Oceano Pacifico al largo delle coste messicane: la tempesta Beatriz, così è stato chiamato questo ciclone, si sta ora lentamente muovendo verso l’oceano aperto ma nel frattempo ha acquistato grande forza, fino a divenire un vero e proprio uragano, ovvero un ciclone tropicale che ha raggiunto la massima intensità. L’uragano Beatriz, come testimoniato nell’immagine scattata lunedì dai satelliti della NOAA, già all’inizio della settimana ha coperto con le sue nubi dense e minacciose i cieli di importanti località turistiche quali Acapulco, Manzanillo e Zihuatanejo, che ha flagellato con piogge torrenziali, onde di marea alte qualche metro e venti che soffiavano a oltre 140 chilometri orari.
Attualmente il ciclone tropicale è ancora assai violento ma secondo gli esperti del National Hurricane Center americano nelle prossime ore dovrebbe perdere intensità e soprattutto, se non cambierà repentinamente direzione, si allontanerà dalle coste messicane, andando piano piano a spegnersi in aperto Oceano Pacifico, distante dal continente. Fortunatamente il nucleo del ciclone non ha investito direttamente il Messico, per cui al momento non si contano vittime e anche i danni sono rimasti relativamente contenuti. Beatriz è già il secondo uragano che si forma, in questo 2011, nelle acque dell’Oceano Pacifico Orientale, di fronte alle coste americane, e secondo gli esperti americani presto cominceranno a formarsi intensi cicloni tropicali anche nell’Atlantico.
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23 giugno 2011 - Commenti
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22
giu
E' necessario dotarsi di una giusta protezione prima di esporsi al sole.
Clima e salute
Arriva l’estate, il sole, le
vacanze, la tintarella, ma anche gli
eritemi, le
scottature, l’invecchiamento della pelle e il rischio di melanomi. Infatti, se da una parte il sole aiuta a sintetizzare la
vitamina D, combatte il rachitismo e la depressione, fa bene a livello psicologico e stimola la produzione di endorfine, dall’altra l’abbronzatura non è altro che un’autodifesa della pelle per proteggersi dai raggi solari e in particolare dai raggi ultravioletti (
UV-A,
UV-B,
UV-C) che non scaldano, ma sono quelli che producono maggiori danni alla pelle. Ad esempio, gli Uv-A entrano in profondità, distruggono il
collagene, l’
elastina e i piccoli vasi e invecchiano la pelle; gli Uv-B penetrano nel nucleo delle cellule dell’epidermide mutando il DNA e inducendo a tumori cutanei.
La necessità, quindi,
di proteggersi dal sole è fondamentale.
Basta mettersi sotto l’ombrellone o indossare una maglietta? La risposta è: assolutamente no perché i raggi solari attraversano anche i tessuti. Indossare una maglietta di cotone è come spalmarsi una crema di fattore 5 e più la trama dei tessuti è larga più il “fattore di protezione” diminuisce. Tanto più il tessuto è chiaro, meno ha la capacità di trattenere la radiazione. Così come stare sotto l’ombrellone non significa proteggersi perché la radiazione solare è riflessa dalla sabbia. E che dire dei costumi in nylon e lycra? Se bagnati, sono completamente “trasparenti” alla radiazione. Novità, però! Da qualche anno si stanno mettendo a punto dei nuovi tessuti che riescono ad assorbire i raggi solari. Ad esempio, nella viscosa sono stati inclusi dei bloccanti UV e delle molecole di ceramica a tal punto che il suo “fattore di protezione” è di 60. Da ora in poi, occhio all’etichetta sui vestiti! Infatti, è stato creato uno standard internazionale di misura (UV Standard 801) che garantisce una protezione quasi totale dei raggi nocivi.
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22 giugno 2011 - Commenti
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21
giu
World Meteorological Organization.
Le previsioni del tempo richiedono l’integrazione di tutti i dati meteorologici raccolti sia dalle reti di osservazione dei servizi nazionali sia dai satelliti dedicati. Tutti i dati vengono poi immessi nei complessi modelli fisico-matematici che simulano l’evoluzione del tempo e permettono di ricavare le previsioni meteorologiche. Questo lavoro di sintesi dei dati viene fatto da organizzazioni meteorologiche internazionali. La più importante è l’Organizzazione Meteorologica Mondiale, o WMO (‘World Meteorological Organization’) che conta 188 Paesi membri e ha sede a Ginevra. La WMO è un’agenzia specializzata dell’ONU che.coordina e stardadizza la raccolta di dati relativi a tutto il nostro Pianeta.
A livello europeo, invece, ci sono tre diverse organizzazioni meteorologiche internazionali: EUMETNET, EUMETSAT e ECMWF. L’EUMETNET (‘EUropean METeorological NETwork’) ha sede a Bruxelles, in Belgio ed è una rete di 24 servizi meteorologici nazionali europei che promuove la cooperazione in ambiti come i sistemi di osservazione, la gestione dei dati e i prodotti di base per le previsioni. EUMETSAT (‘EUropean organisation for the exploitation of METeorological SATellites’), con sede a Darmstadt, in Germania, ha come obiettivo la realizzazione, la manutenzione e lo sfruttamento del sistema europeo di satelliti meteorologici.
È quindi responsabile del lancio e dell’operatività dei satelliti (per esempio delle diverse generazioni di satelliti Meteosat) e della distribuzione agli utenti finali dei dati ottenuti dagli strumenti a bordo. L’ECMWF, o CEPMMT (‘Centro Europeo per le Previsioni Meteorologiche a Medio Termine’), infine, con sede a Reading, in Inghilterra, è un organizzazione internazionale supportata da 31 Stati europei – Italia compresa - che fornisce previsioni a medio e lungo termine (modello fisico-matematico ECMWF) elaborate dai più avanzati supercomputer oggi disponibili, fruibili anche per la ricerca scientifica in ambito meteorologico. Sull’altra sponda dell’Atlantico, invece, l’organizzazione più importante è la NOAA (‘National Oceanic and Atmospheric Administration’),l’agenzia USA che tiene sotto controllo le condizioni ambientali, climatiche e meteorologiche negli Stati Uniti e anche del resto del mondo. Elabora un modello fisco-matematico a scala mondiale (GFS).
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21 giugno 2011 - Commenti
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20
giu
L'anticiclone delle Azzorre in arrivo sui Paesi europei.
Curisando
In Italia tutte le
ondate di caldo estive sono provocate dall’espansione verso la penisola dall’
alta pressione che nella
stagione calda è solita occupare il
Nord Africa.
Perché? Ebbene, in primis, la serenità del cielo tipica delle alte pressioni favorisce una forte insolazione; inoltre nelle
alte pressioni vi sono lenti moti discendenti i quali impediscono al calore e al vapore emanati dal suolo di diluirsi verso l’alto. Di conseguenza, finché c’è l’alta pressione,
calore e vapore restano intrappolati in prossimità del suolo in un sottile strato atmosferico, facendo in tal modo aumentare, giorno dopo giorno, la temperatura e l’umidità, fino a sconfinare prima o poi in un insopportabile caldo afoso. Per di più nelle alte pressioni i venti sono deboli o assenti e pertanto il
calore accumulato al suolo non viene diluito nemmeno orizzontalmente, un motivo in più perché le temperature raggiungano valori elevate.
Infine nelle alte pressioni Nord africane i venti a quote oltre 1000-2000 metri sospingono sull’Italia aria già inizialmente molto calda di origine sahariana, la quale poi, nei lenti moti discendenti, si surriscalda ulteriormente per compressione, contribuendo così ad aumentare ancor più la già elevata temperatura al suolo. In estate è preferibile invece l’anticiclone della Azzorre perché sospinge sull’Italia aria fresca atlantica la quale quindi nella fase di compressione, pur riscaldandosi, non diviene però mai così rovente come quella Nord africana.
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20 giugno 2011 - Commenti
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16
giu
Hai visto mai
Nella giornata di domenica la NOAA, ovvero l’agenzia americana che studia atmosfera e oceani, ha pubblicato i dati riguardanti lo stato del clima durante il mese di maggio da poco concluso. In particolare i ricercatori americani, analizzando le temperature registrate da più di 5000 stazioni sparse per tutto il Mondo (è la rete nota come GHCN – Global Historical Climatology Network), hanno realizzato questa immagine, dove in rosso sono indicate le regioni che hanno vissuto un maggio più caldo del normale e in azzurro quelle che invece hanno sperimentato temperature inferiori alle medie. Fra le zone in cui maggio è stato insolitamente caldo spiccano gli Stati Uniti Orientali, l’Asia Centrale e buona parte dell’Europa: in particolare anche in Italia, come confermato dall’immagine della NOAA, le temperature sono state nel complesso decisamente alte.
In effetti il maggio 2011 sul territorio italiano è stato uno dei più caldi degli ultimi 30 anni (circa un grado in più rispetto alle medie), anche se non il più caldo in assoluto (il 2003 e il 2009 ad esempio avevano regalato mesi più bollenti). Le temperature più alte sono state registrate al Nord, con valori di un paio di gradi superiori alle medie mensili. Ma più in generale l’intera primavera (periodo da marzo a maggio) è stata, a livello nazionale, una delle più calde degli ultimi 30 anni, e anche in questo caso l’anomalia più evidente è stata registrata al Nord, con circa 2 gradi in più rispetto ai valori normali: nelle regioni settentrionali è stata la stagione primaverile più calda degli ultimi decenni dopo quella record del 2007!
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16 giugno 2011 - Commenti
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15
giu
Il sole fa bene alla pelle ma bisogna evitare un'esposizione prolungata.
Clima e salute
I raggi ultravioletti rappresentano appena l’1% dell’energia in arrivo dal Sole ma sono i più dannosi per gli esseri viventi. Hanno infatti la capacità attraversare l’epidermide fino a penetrare in profondità nei tessuti, anche se non tutti in uguale misura. Infatti i raggi UV vengono di solito suddivisi in 3 classi, a seconda della lunghezza d’onda, espressa in millesimi di mm: UVA (0.32-0.4), UVB (0.29-0.32) e UVC (0.2-0.29).
I più penetranti, e quindi i più pericolosi,
sono quelli con lunghezza d’onda più corta, ossia gli UVC e gli UVB. Gli strati alti dell’atmosfera - quelli tra 20 e 50 km di altezza ove vi la massima concentrazione di ozono - assorbono integralmente i raggi UVC e parte degli UVB.
La radiazione UV che raggiunge la superficie terrestre è costituita essenzialmente da UVA e, in misura minore, da UVB. Ovviamente la frazione di raggi UV che raggiunge la superficie terrestre varia nel tempo e nello spazio.
Ecco, al riguardo, un elenco dei fattori dai quali dipende la dose di raggi ultravioletti in arrivo al suolo:
- ora del giorno: circa il 20-30% circa degli UV arriva tra le 11 e le 13 locali mentre il 75% del totale è concentrato tra le 9.00 e le 15.00;
- stagione: nelle regioni temperate gli UV hanno massima intensità in estate, minima in inverno;
- latitudine: il flusso annuale di raggi UV è massimo all’equatore e minimo ai poli; • nuvole: in generale le nubi diminuiscono la quantità di energia solare in arrivo. La frazione in arrivo al suolo si riduce del 25 % circa con cielo molto nuvoloso e del 70% con cielo coperto;
- altitudine: l’intensità degli UV aumenta con la quota. Ad esempio, in estate a 3000 m la radiazione è quasi quattro volte più intensa che a 700 m. In inverno gli UV si riducono, rispetto all’estate, di otto volte circa in montagna e di sedici volte in pianura;
- riflessione: la parte riflessa dalla superficie terrestre e dai mari è bassa (inferiore al 7%), tuttavia il tipo di superficie può fare davvero la differenza: manti erbosi e specchi d’acqua riflettono meno del 10% dei raggi incidenti, la sabbia riflette circa il 25% dei raggi UVB, mentre la neve fresca arriva a rifletterne circa il 80%. Ecco perché in montagna i raggi UV sono più insidiosi: all’effetto riflessione da parte della neve si aggiunge infatti anche l’effetto altitudine.
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15 giugno 2011 - Commenti
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14
giu
Diventa meteorologo
Alcune invenzioni, utilizzate inizialmente solo per
scopi bellici nella seconda guerra mondiale,
trovano un proficuo impiego anche nella meteorologia. Così è, ad esempio, per il
radar che consente di evidenziare le piogge in atto all’interno delle nubi entro un raggio di 300-400 km.
Ma la vera svolta avviene agli inizi degli anni ’50 con l’avvento dei primi
elaboratori elettronici, i quali consentono ai meteorologi di realizzare finalmente il sogno di
risolvere in tempo reale le complesse equazioni che descrivono l’evoluzione futura dell’atmosfera.
Inizia così l’era delle
previsioni numeriche, dedotte con i computer mediante opportune schematizzazioni (modelli
fisico-matematici) delle equazioni della Fisica dell’atmosfera.
Man mano che la potenza degli elaboratori cresce, i meteorologi approntano modelli sempre più complessi, più aderenti alla realtà ed estesi a validità via via crescenti.
Evoluzione dell’attendibilità delle previsioni meteorologiche a 3, 5, 7e 10 giorni negli ultimi 30 anni.
Per la descrizione dell’evoluzione di qualsiasi sistema fisico presente in natura è necessario innanzitutto conoscerne le condizioni iniziali. Quanto più note sono le condizioni iniziali, tanto più la traiettoria prevista si avvicinerà a quella osservata. Allo scopo, a livello planetario, esiste un sistema mondiale per l’osservazione del tempo, coordinato dall’OMM (Organizzazione Meteorologica Mondiale), un organismo permanente dell’ONU.
La rete mondiale di osservazione del tempo ha ricevuto negli anni recenti un grande impulso dai satelliti meteorologici i quali sono ormai in grado di misurare da bordo i principali parametri meteo, quasi con la stessa precisione dei palloni sonda.
Anche l’attendibilità delle previsioni meteo negli ultimi 20 anni ha subito un deciso balzo in avanti per l’applicazione di modelli fisico-matematici via via più sofisticati per merito di computer sempre più veloci e per l’impiego di osservazioni iniziali sempre più dettagliate per merito dei satelliti meteorologici.
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14 giugno 2011 - Commenti
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13
giu
Il cielo di notte.
Curiosando
La risposta sembrerebbe a prima vista ovvia:
è buia perché non c’è la luce del sole. Risposta corretta ma non sufficiente poiché il buio della notte non è solo una questione di Sole ma soprattutto di stelle. Andiamo con ordine. Newton, immaginò un cosmo infinito e quindi con un numero di stelle infinito.
La teoria di Newton portò al cosiddetto Paradosso di Olbers. E’ noto che
la luce cala con il quadrato della distanza dalla sorgente ovvero se la distanza raddoppia, la luminosità cala di quattro volte. Se lo spazio fosse infinito (stelle in numero infinito) e omogeneo ( densità di stelle costante) allora il loro numero crescerà con il volume di spazio sferico considerato ovvero con la terza potenza della distanza.
Insomma se raddoppia la distanza, il volume, nonché il numero di stelle, cresce di otto volte. Mettiamo ora insieme i due concetti: con la distanza la luce delle stelle cala secondo una certa legge però il loro numero cresce ancor di più con un’altra legge cosicché la loro luminosità globale dovrebbe crescere proporzionalmente alla distanza.
Pertanto in un universo infinito anche la luminosità deve essere infinita e di conseguenza di notte il cielo dovrebbe luminoso.
Questo il paradosso di Olbers, dato che sappiamo che la notte è buia. Dove l’errore? Gli errori sono due:
1. l’Universo non è infinito e quindi contiene un numero limitato di stelle.
2. L’universo non è immobile. Nel 1929 Hubble scopre infatti che le galassie dell’universo si allontanano con velocità proporzionale alla distanza, fino ad un limite oltre il quale si allontanano alla velocità della luce, e non possiamo quindi vederle.
Insomma in un universo finito ed in espansione il numero di stelle non è infinito bensì diminuisce con la distanza di più dell’affievolimento della luce.
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13 giugno 2011 - Commenti
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09
giu
Hai visto mai
Spesso risulta difficile comprendere appieno la forza e il
potere devastante dei fenomeni atmosferici più violenti, ma in alcune occasioni, soprattutto grazie alle
foto provenienti dai satelliti in orbita attorno alla Terra, si riescono a ottenere immagini in grado di mostrare chiaramente quanto possano essere distruttivi certi eventi.
E’ ciò di cui ad esempio ci si può rendere conto attraverso l’immagine qui sopra che, scattata domenica 5 giugno dal satellite Landsat-5 della NASA, ritrae la regione del Massachusetts (stato nordorientale degli USA) nei pressi delle cittadine di Sturbridge e Southbridge: anche dallo spazio difatti risulta evidente la scia (di colore marrone) di totale devastazione lasciata da un violento tornado che pochi giorni prima ha attraversato la regione e che fortunatamente ha solo sfiorato i due centri urbani.
Responsabile della cicatrice lunga circa 63 chilometri lasciata sul territorio del Massachusetts è difatti un tornado di categoria EF3 (cioè una enorme e potente tromba d’aria accompagnato da venti che soffiano a intensità comprese fra 219 e 266 chilometri orari) che lo scorso primo di giugno nella sua inesorabile avanzata ha causato anche due vittime e il ferimento di alcune decine di persone. I tornado così intensi nel New England sono decisamente rari ma non eccezionali, come dimostrato dal fatto che uno dei più letali della Storia americana abbia colpito proprio questo stato: il 9 giugno del 1953 difatti un devastante tornado investì la città di Worcester con venti che soffiavano a più di 340 chilometri orari, uccidendo ben 94 persone.
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09 giugno 2011 - Commenti
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08
giu
Clima e salute
La tarda primavera e l’estate sono, in Italia,
la stagione dei temporali e del loro braccio armato, i fulmini. Ecco allora alcuni consigli per difendersi dal temibile fenomeno:
- Regola del 30-30: se tra i lampo e il tuono passano 30 secondi o meno, è essenziale cercare un riparo al chiuso.
- Restare nel riparo fino a 20-30 minuti dopo l’ultimo tuono;
- Potete stabilire la distanza del temporale, in metri, moltiplicando 330 per il numero dei secondi intercorsi tra visione del lampo e l’arrivo del tuono. Il fulmine può colpire già quando il temporale è a 10 km di distanza o meno;
- Interrompete eventuali sport all’aperto che coinvolgano attrezzi con parti metalliche (ciclismo, nautica, golf, scalate, pesca);
- Non tuffatevi in acqua (nemmeno in piscina) perché l’acqua, ottimo conduttore elettrico, propaga facilmente i fulmini che cadano vicino;
- Non riparatevi sotto gli alberi isolati ma va bene, invece, un fitto bosco perché è molto improbabile che tra 1000 o più alberi il fulmine cada proprio su quello sotto il quale vi siete riparati;
- Non sostate vicino a corpi appuntiti (campanili, torri, spuntoni rocciosi, ombrelli con la punta metallica) perché prediletti dai fulmini;
- Nel terreno scoperto accovacciatevi negli affossamenti; un anfratto o una grotta sono ripari ideali, purché non si tocchi la nuda roccia;
- State alla larga da strutture metalliche (piloni, croci e strade ferrate);
- Toglietevi di mano o da addosso gli oggetti metallici e anche le scarpe se con parti metalliche;
- L’auto ripara dai fulmini purché non si tocchi la carrozzeria, se metallica;
- Non usate il telefono a fili perché il fulmine può propagarsi anche lungo le linee telefoniche;
- Staccate il cavo TV perché le scariche elettriche possono entrare nel televisore attraverso l’antenna, provocando l’esplosione del cinescopio e conseguenti danni alle persone e sviluppo di incendio. Questo è un evento abbastanza frequente;
- Non toccate i rubinetti dell’acqua né entrate nella doccia o nella vasca da bagno perché i fulmini si propagano anche attraverso le condutture metalliche.
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08 giugno 2011 - Commenti
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07
giu
Diventa meteorologo
La scoperta delle onde radio permette nel 1929 di estendere le osservazioni sinottiche anche agli strati superiori dell’atmosfera, impiegando una minuscola radio-trasmittente (radiosonda), sollevata da un pallone gonfiato con idrogeno (oggi viene usato l’elio). L’analisi comparata delle condizioni in quota con quelle presenti al suolo mise in evidenza l’influenza determinante della medio-alta atmosfera (5-10 km) sull’evoluzione del tempo osservato al suolo.
Il lancio di un radiosonda.
Da queste nuove indagini in quota vengono scoperti altri interessanti fenomeni, come la corrente a getto, un fiume velocissimo di aria tra 7000 e 11000 metri di quota, per la cui interpretazione si ricorre a importanti concetti presi a prestito dalla fluidodinamica, come divergenza e vorticità, e che oggi trovano largo impiego nei modelli fisico-matematici. La vorticità esprime, grosso modo, l’intensità e l’ampiezza dei moti vorticosi, specie nel piano orizzontale, e pertanto si presta ad hoc alla descrizione dell’evoluzione dei cicloni mobili.
La divergenza indica invece se nella colonna atmosferica sovrastante il suolo, l’aria è, eventualmente, in fase di rarefazione, con conseguente diminuzione della pressione al suolo, un processo che porta allo sviluppo di moti verticali ascendenti all’interno della colonna, responsabili, a loro volta, della condensazione dell’aria umida e della formazione delle nubi nei cicloni extra-tropicali.
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07 giugno 2011 - Commenti
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06
giu
Curiosando
L'arcobaleno è generato dalla dispersione ottica della luce solare che attraversa gocce di pioggia rimaste in sospeso nell’aria dopo un acquazzone. La luce viene prima deviata nel penetrare nella goccia, riflessa sul retro della goccia e ancora deviata come lascia la goccia. La deviazione del raggio uscente rispetto a quello entrante va dai 137 gradi, per il colore rosso, ai 139.5 per il violetto. E’ in tal modo comunque che la luce bianca del raggio incidente viene scomposta nei colori dell’arcobaleno.
I raggi solari ovviamente colpiscono tutte le goccioline presenti in
quel momento nell’aria ma, dopo la doppia deviazione da parte delle
gocce, raggiungono il nostro occhio soltanto se l’angolo formato tra il
raggio uscente che arriva al nostro occhio e quello entrante è di
40-42° . La posizione dell’arcobaleno nel cielo è solo apparente tanto
che decresce e si allontana verso l’orizzonte man mano che il sole si
innalza nel cielo fino a scomparire quanto il sole è allo zenit.
Inoltre, via via che l’osservatore si avvicina, l’arcobaleno sembra
allontanarsi perché viene “ricostruito” dalle nuove goccioline di
pioggia, più lontane, che soddisfano la condizione dei 42 gradi.
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06 giugno 2011 - Commenti
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