28
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Chi ci rimette con i pirati dei videogiochi

Un’immagine da “Pirati dai Caraibi, l’armata dei dannati”, imminente videogame che Disney ha sviluppato ispirandosi agli scenari della serie cinematografica.
Un’immagine da “Pirati dai Caraibi, l’armata dei dannati”, imminente videogame che Disney ha sviluppato ispirandosi agli scenari della serie cinematografica.

Tocco un tema sul quale in famiglia dovremmo riflettere più di quanto non facciamo: la “pirateria”, ovvero la copia illegale di videogiochi (e film, e musica).

Ne parlo perché è un fenomeno così diffuso da far ritenere che poche famiglie ne siano immuni: secondo dati del dicembre scorso, su 100 videogame usati in Italia, ben 64 sono “piratati”. Non che ci voglia molto: basta scaricare dalla rete o passarsi fra amici un dvd che si riprodurrà in pochi minuti.

C’è un altro elemento. Si è divulgata molto l’idea che copiare software sia un’attività per niente riprovevole, sicché se lo permettono persone che inorridirebbero all’idea di sottrarre una barretta di cioccolato al supermarket o sgraffignare un volume dallo scaffale di una libreria.

La materia in effetti è complessa. Da quando, dieci anni fa, il programma e il sito web Napster ci insegnarono come procurarsi musica gratis e facilmente, il mondo è cambiato. E se le case di produzione avevano le loro ragioni per contrastare un fenomeno che sottraeva loro il mercato dei “supporti controllabili”, è anche vero che da quei “furti” è nato il vasto fenomeno odierno, legale e conveniente, della musica scaricata a poco prezzo. Il mercato e il mondo hanno trovato un nuovo equilibrio, che per i commercianti è vantaggioso e che ultimamente sta estendendosi anche ai mondi dell’home video e dei videogiochi.

Questi ultimi, però, fanno fatica, perché la produzione costa moltissimo e dimezzare le vendite rispetto alle copie in giro taglia le gambe a tutti quei titoli che non sarebbero comunque tra i primi 5 in classifica. Tra i quali si contano quasi tutti quelli di qualche interesse culturale, educativo, familiare. Da quando qualcuno ha inventato il modo per copiare le opere per Nintendo Ds, per esempio, la situazione in Italia si è fatta così drammatica che il numero di opere prodotte e distribuito è calato di oltre il 50%. Alla fine, chi si perde sono proprio gli utenti, non solo i produttori.

Pubblicato il 28 dicembre 2010 - Commenti (0)
17
dic

Monopoli, un gioco per stare assieme

La copertina del videogioco "Monopoly".
La copertina del videogioco "Monopoly".

Il re incontrastato dei giochi da tavolo: Monopoli. Specie in Italia, nazione dove i giocatori sono molti meno che altrove e i giochi preferiti si contano sulle dita di una mano: appunto Monopoli, Scarabeo, Risiko! e poco altro. Comunque noi italiani giochiamo poco e di rado. In Germania, per esempio, in molte case è invece abituale riunirsi per una partita in famiglia o fra amici, e la scelta spazia fra molti generi ricchi di novità. Sono momenti per stare insieme, conversare, divertirsi che potrebbero rivelarsi anche da noi ottime e sane occasioni sociali, oltre che di incontro fra generazioni.

Comunque sia, Monopoli è un gioco universalmente noto e la sua storia ormai antica risale a ben 75 anni fa: fu Charles Darrow a registrare il gioco Monopoly nel 1935 in Pennsylvania. Un anno più tardi, per importare qui da noi quel tabellone che faceva impazzire il pubblico oltreoceano, l’editore Arnoldo Mondadori incoraggiò la nascita di una casa editoriale specializzata, l’Editrice Giochi, che avrebbe poi avuto anch’essa una storia illustre.

Racconto tutto questo non soltanto per celebrare l’anniversario di un gioco molto amato, ma anche per annunciare una sua recentissima versione digitale: il videogioco Monopoly (ce ne sono versioni per Xbox, Playstation 3, Wii e Ds), edito da EA Games, riproduce fedelmente l’originale e aggiunge un mucchio di tabelloni alternativi e varianti di gioco. Che resta comunque quello a cui siamo abituati, arricchito di qualche effetto sonoro e di segnaposto semoventi. Può essere un simpatico dono natalizio, particolarmente adatto a incoraggiare un po’ di divertimento comune nel relax delle feste imminenti e in altre successive occasioni. Per stare insieme a volte aiutano buone – magari piccole – ragioni…

Pubblicato il 17 dicembre 2010 - Commenti (0)
10
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Qualche rompicapo sotto l’albero

Uno scenario di Little Big Planet: tutto inventato da cima a fondo. E “funziona” come un orologio.
Uno scenario di Little Big Planet: tutto inventato da cima a fondo. E “funziona” come un orologio.

Molti mi chiedono quali sono i videogiochi adatti a un dono natalizio. Parecchi, e di molti generi diversi. Chi vuole può riguardarsi le recensioni positive già scritte in passato; qui ne voglio sottolineare alcuni che hanno in comune una caratteristica particolare, quella di sfidare l’ingegno con enigmi stuzzicanti e divertenti. Il più conosciuto di questa famiglia è Little Big Planet, di Sony, che, apparso un paio d’anni fa, si è costruito un gran pubblico di affezionati. Si gioca sia su Playstation 3 che su Psp.

A gennaio ne uscirà una nuova versione, ma già l’attuale sorprende per versatilità. In pratica è un incrocio tra un Didò e un Lego virtuali: materiali, arnesi e fantasia da combinare in mille modi, con grande libertà e soddisfazione. Infatti gli scenari costruiti possono animarsi e funzionare secondo le intenzioni di chi li ha ideati (sempre che siano stati allestiti a regola d’arte), come veri e propri giochi. Sulla stessa falsariga è appena uscito Create, di EA Games, per pc e per tutte le console da soggiorno: qui i “mondi” in cui giocare vengono messi in movimento tramite catene di enigmi da risolvere con gli oggetti e gli strumenti a disposizione; ogni soluzione sblocca livelli successivi. Entrambi questi giochi sono consigliati dai 7 anni in su.

Diverso ma non poi troppo è Super Scribblenauts, di Warner Bros., che si gioca su Nintendo Ds. Dove i puzzle sono più sofisticati e a volte francamente cervellotici: l’età consigliata è di 12 anni ma anche gli adulti avranno filo da torcere con rebus linguistici intricati (che ci sia anche qualche problema con la traduzione in italiano?).

Spigolando tra gli scaffali si incontrano poi a decine i cosiddetti “allenamente” sull’esempio del celebre Bran Training di Nintendo. Ce n’è per tutti i gusti: sul vocabolario, sulla matematica, sulla logica, sulle lingue straniere.

Pubblicato il 10 dicembre 2010 - Commenti (0)
01
dic

Occhio ai videogiochi come aree di parcheggio

Tra i giochi stimolanti, il recente “Super Scribblenauts”, per Nintendo Ds, propone enigmi e trucchi intellettuali da risolvere.
Tra i giochi stimolanti, il recente “Super Scribblenauts”, per Nintendo Ds, propone enigmi e trucchi intellettuali da risolvere.

Il Movimento italiano genitori (www.genitori.it) ha elaborato un interessante rapporto “Videogiochi e minori. Antologia di studi scientifici sulle conseguenze dell’uso scorretto dei videogiochi” suddiviso in capitoli a seconda dei danni fisici (epilessia, disturbi del sonno, cardiovascolari, visivi, ossei, ecc.), comportamentali e psicologici.

Moltissimi dei danni possibili e probabili derivano da un disordine evidente che tuttavia si colloca a monte dell’attività di gioco: “Il fallimento empatico nella relazione madre‐bambino”, scrive fin dall’Introduzione la psicologa Francesca Orlando, curatrice del rapporto, “ favorisce la creazione di un oggetto transizionale difettoso e l'impossibilità a costruire relazioni oggettuali totali, a causa di un falso sé, pensato e costruito intorno a un vago ideale. È nella relazione vuota che si genera l'attaccamento al videogioco, in grado di superare l'angoscia della separazione forzata e per nulla elaborata”.

Parole applicabili in chiave ancora più ampia: il fallimento nella relazione genitori-figli è alla radice di queste e molte altre disfunzioni esistenziali. Per il resto i videogiochi sembrano condividere le problematiche derivanti dal contatto prolungato con ogni tipo di schermo. Di specifico aggiungono il peculiare coinvolgimento interattivo, che può accentuare ma anche ridurre la ricezione passiva di contenuti inadeguati.

I genitori dovrebbero domandarsi se nella loro famiglia media e giochi vengano usati come aree di parcheggio. E se per qualcuno siano strada per estraniarsi dal rapporto familiare. Un’altra frase del rapporto mi pare equilibrata e convincente: “Sarebbe preferibile diversificare le attività nell’arco della giornata, scegliendo la lettura, il gioco o sport fisico, la manualità piuttosto che passare tutto il giorno davanti ai videogiochi”.

Pubblicato il 01 dicembre 2010 - Commenti (0)
22
nov

“Fable III” e “Fallout", storie per grandi

“Fable” è una fiaba per modo di dire e si svolge in un mondo in cui c’è poco da scherzare.
“Fable” è una fiaba per modo di dire e si svolge in un mondo in cui c’è poco da scherzare.

In certi casi giocare è affar serio: Fable III (Microsoft Game Studios, solo per Xbox) e Fallout: New Vegas (Bethesda Studios, versioni pc, Xbox e Ps3) non sono giochi da bimbi né per l’indicazione d’età (16 anni il primo, 18 il secondo), né soprattutto per tematiche e stile della trattazione. Serve maturità per coglierne le sfaccettature.

    Serie precedenti di entrambi erano state apprezzate e c’era attesa per queste novità. Lo scenario è nei due casi impressionante per realismo, scenografie, definizione di dettagli. Sono avventure interattive: ci si cala nella trama e si sceglie da protagonisti quali azioni compiere tra una miriade di eventualità.

    Scegliere, appunto. Sono storie in cui la scelta, e quindi l’etica, gioca un ruolo fondamentale. Ci si può comportare bene o male e di conseguenza essere e venire visti come buoni o cattivi nelle reazioni altrui, e dunque indirizzare il corso degli eventi verso direzioni anche opposte. Fable III, storia di un principe che capeggia una rivoluzione contro un re tiranno in un’ambientazione preindustriale, lascia libertà sugli scopi da perseguire e sui mezzi da adottare. Fallout, vicenda ambientata in un futuro devastato da una guerra nucleare, addirittura consente di scegliersi da soli che cosa fare e che vita condurre, ignorando del tutto la trama.

    Una delle potenzialità migliori delle storie interattive è proprio quella che fa coincidere l’esperienza con le sue responsabilità e conseguenze. È anche la ragione per cui si tratta di opere indirizzate a persone consapevoli: si può, quasi letteralmente, fare di tutto.

Pubblicato il 22 novembre 2010 - Commenti (0)
16
nov

“F1 2010”: Sebastian Vettel, sei tutti noi

In pista e ai box con realismo totale.
In pista e ai box con realismo totale.

Ho guardato in Tv alcune fasi di un Gran Premio di Formula 1. Poi ho acceso la Playstation e, sullo stesso schermo, mi sono fatto un giro su F1 2010 (edito da Codemasters, disponibile anche per pc e per Xbox), un simulatore che mi è arrivato a casa qualche giorno fa.

    Sono rimasto impressionato: benché in questi anni abbia provato decine di videogiochi ambientati nel mondo delle automobili e delle corse, non mi era mai capitato un realismo simile. L’inquadratura della pista è molto simile a quella che si vede in una gara vera, quando la osserviamo sul teleschermo: la pista, le tribune, i dintorni, specie nelle gare cittadine in cui probabilmente gli abitanti potrebbero distinguere il balcone di casa loro. E poi la pioggia, il sole, i riflessi (case e auto rispecchiati nelle pozzanghere, per dirne una).

    Tenendo conto del fatto che anche i controlli di gioco sono molto sofisticati, e che consentono pure a un neofita di fare la sua brava figura – dal canto suo un esperto potrà eseguire messe a punto maniacali –, l’impatto non risulta forte solo visivamente, ma anche dal punto di vista dell’immedesimazione nella guida di un bolide e nella competizione con i grandi nomi che si sfidano nei circuiti, comprese le voci che s’intrecciano dai box per comunicare segnalazioni e ordini di scuderia.

    Per completare l’emozione, in questo mondo simulato si può entrare anche in gruppo, con la possibilità di gareggiare collettivamente in Internet.

Pubblicato il 16 novembre 2010 - Commenti (0)
09
nov

Parental control, software e telefonini

Walled garden, cioè “giardino cintato”: è il termine tecnico usato per definire i filtri per consentire l’accesso nel web soltanto a siti ritenuti sicuri.
Walled garden, cioè “giardino cintato”: è il termine tecnico usato per definire i filtri per consentire l’accesso nel web soltanto a siti ritenuti sicuri.

Optenet, azienda che produce sistemi di parental control e di filtraggio dei contenuti web, informa che dal 2006 a oggi i siti a favore dell'anoressia e della bulimia sono aumentati del 470%, le pagine violente del 120%, quelle razziste del 70%, quelle a favore della droga del 62% e la pornografia infantile del 18%. Quest'ultima voce parrebbe la più contenuta, ma in realtà, per sfuggire ai controlli della Polizia, una parte considerevole si è spostata sulle reti P2P (peer-to-peer, reti informatiche concepite per scaricare contenuti) e quindi non è immediatamente censita.

    Ho tratto queste informazioni dal sito www.ilfiltro.it, che fornisce ampie istruzioni su come assumere le due iniziative ritenute fondamentali per una famiglia che voglia proteggersi sulla rete: farsi una “biblioteca virtuale”, decidendo a quali siti consentire l’accesso, e rintracciare maniere sicure per impedire, invece, a contenuti indesiderati di farsi strada fino alla porta (virtuale ma realissima!) di casa. Su ilfiltro.it chi vuole trova consigli, confronti e pareri per integrare eventualmente le protezioni sui computer familiari, anche in vista della protezione per videogiocatori.

    Per quanto riguarda i cellulari, invece, c’è meno materiale, il che rispecchia la diffusa convinzione (errata) che si tratti tutto sommato di telefonini, cioè di apparecchi innocui. A confermare che non è così ci ha pensato Apple inserendo sull’iPhone e sull’iPod Touch un complesso sistema di restrizioni per contenuti, immagini e testi. Esistono anche software, come Kaspersky Mobile Security, che promettono non solo di bloccare malintenzionati e contenuti sgradevoli, ma anche di “raccontare” ai genitori dove sono fisicamente i (cellulari dei) figli, minuto per minuto. È in arrivo qualcosa di analogo made in Italy: due mesi fa il CNR ha annunciato infatti un sistema iCare Mobile, concepito appositamente per proteggere i minori che usano telefonini.

Pubblicato il 09 novembre 2010 - Commenti (0)
02
nov

“Grease” e “X Factor”: la musica siamo noi

Sullo schermo compaiono i testi da cantare e i movimenti da compiere. Il computer valuterà come li stiamo interpretando.
Sullo schermo compaiono i testi da cantare e i movimenti da compiere. Il computer valuterà come li stiamo interpretando.

Una linea invisibile si sposta dal palcoscenico verso il pubblico, trascinando tutti sul proscenio. Quello che era tifo, acclamazione ammirata di talenti altrui, a un tratto diventa possibilità, sfida personale.

    Su meccanismi come questi – emotivi e governati dalla ferrea logica dell’inconscio – la televisione degli ultimi decenni è andata costruendo il suo influsso sul pubblico. Specie da Grande Fratello in qua, i confini tra spettatori e protagonisti si sono sbiaditi.

    Nel mondo dei videogiochi tutto questo si fonde con la naturale aspirazione a emulare le star e a competere con sé stessi. Grease (505 Games) e X Factor (Deep Silver) sono due simulatori di format: il primo allestisce il set del celeberrimo musical, il secondo chiama a concorrere nella trasmissione Tv che sforna talenti musicali e li mette in competizione. In entrambi i casi ciò avviene con sofisticata capacità di misurazione della prestazione, ma senza la cinica atmosfera competitiva che s’instaura quando simili meccanismi li vediamo in tv.

    Anzi, è divertente e piacevole prendere in mano il telecomando della Wii e un microfono, nel caso di Grease, per rifare il verso a John Travolta & c. cantando e ballando (chi ce l’ha colleghi pure la “Balance Board”, piattaforma elettronica che consente di muovere i piedi a ritmo), o imbracciare il microfono per mettersi all’altezza di grandi popstar (U2, Lady Gaga ecc.) nella ventina di canzoni tra cui si snodano le competizioni dell’ X Factor riproposto in formato videogame per Wii e Playstation 3.

    Se si sa un po’ d’inglese e un po’ di musica cimentarsi non è difficile, da soli o meglio in compagnia. Basta leggere i testi sullo schermo e… cantarli.

Pubblicato il 02 novembre 2010 - Commenti (0)
25
ott

Genitori, ricordatevi del "parental control"

I computer Macintosh posseggono un dettagliato sistema di "parental control".
I computer Macintosh posseggono un dettagliato sistema di "parental control".

Nell’era digitale dei media “personal” le censure sono pressoché impossibili. Gli schermi si sono moltiplicati, rimpiccioliti, sono stati resi facili da intascare e nascondere. Più che mai ostentano l’ambiguo significato insito nel termine che li designa: mentre rivelano e mostrano, sanno anche schermare e celare.

    Però come minimo i genitori devono essere informati sugli strumenti che i loro figli hanno in mano: sapere quali potenzialità e funzionalità posseggono un pc, una console, un telefonino.

    Da qualche anno i fabbricanti di computer e console hanno creato e sviluppato un complesso di procedure di sicurezza che va sotto il nome di “parental control”. È un serio tentativo di contribuire a una regolamentazione familiare dell’uso di questi strumenti.

    L’idea di imporre un “controllo genitoriale” può diventare certo antipatica se viene applicata unilateralmente. Se, invece, è oggetto di un accordo con ciascun figlio, può tradursi in un aiuto oggettivo e accettabile da chi non ha la maturità e l’autodominio per disciplinarsi da sé.

    Ogni console, ogni pc, possono essere tarati, e protetti tramite password, per quanto riguarda le tipologie di contenuti da rendere accessibili. Vale per i siti web, le chat, le mail, i film e i videogame, che risultano selezionabili per fasce d’età. I pc con Windows (da Xp in avanti) e la console Xbox 360 aggiungono una utilissima griglia oraria: Windows consente di stabilire orari settimanali approvati o vietati, ora per ora e persona per persona, e Xbox imposta il numero di ore di gioco quotidiane o settimanali. I computer Macintosh forniscono il sistema più completo, dov’è compreso anche il resoconto dell’uso.

    Resta da esplorare il territorio dei filtri di sicurezza reperibili a parte, e quello dei telefoni. Ne riparleremo.

Pubblicato il 25 ottobre 2010 - Commenti (1)
21
ott

Civilization V, il bello della storia

Una scena di guerra in Civilization V.
Una scena di guerra in Civilization V.

Civilization V è un simulatore di storia. Ha a sua volta una lunga storia: Sid Meier, il suo autore, lanciò la prima serie nel 1991, e la “V” del titolo sta a dire che siamo alla quinta edizione.

    Chi va in cerca di “videogiochi intelligenti” qui trova un buon esempio: un puzzle di uomini, idee, comportamenti e scoperte che attraversa i millenni semplificando, sì, molto, ma anche mantenendo ritmo, coerenza e interesse.

    Si tratta di impersonare una nazione e condurla attraverso le ere e le civiltà, dalla preistoria verso il presente e il futuro. Gli ingredienti da miscelare sono parecchi e intellettualmente significativi: battaglie naturalmente, ma anche valzer diplomatici, politiche economiche e sociali, strategie urbanistiche, sviluppi culturali e artistici, scoperte scientifiche, applicazioni industriali, rotte commerciali e progetti di esplorazione. L’interazione con il mondo, diviso in caselle, per certi aspetti ricorda quella del Risiko; d’altra parte qui si può decidere di crescere in direzioni molto diverse, scegliendo di essere un pacifico popolo d’artisti liberali piuttosto che una nazione bellicosa, concentrata sul profitto e sul benessere. Sarà la storia a pronunciare i suoi verdetti. Anzi, la storia e i concorrenti, turno dopo turno, con continui confronti che decretano vittorie e sconfitte, progressi e vicoli ciechi dell’evoluzione umana. Tutto questo soprattutto nelle sfide multigiocatore, anche online.

    Ho apprezzato che rispetto a edizioni precedenti sia stato ridimensionato l’impatto della religione, in precedenza trattata solo come arma di intrighi e fanatismi. Il nuovo Civilization V lascia stare i santi.

    Lo consiglio come divertimento e come stimolo dai 12 anni in su (al di sotto risulterebbe più che altro complicato e forse noioso). È per pc Windows.

Pubblicato il 21 ottobre 2010 - Commenti (0)
18
ott

Eppur si Move

Così si gioca con Playstation Move.
Così si gioca con Playstation Move.

Sony ha fatto il verso a Nintendo ed è arrivato nei negozi Sony Move, l’accessorio che trasforma la Playstation 3 in un… campo di gioco, sullo stile della Wii. Per dare un giudizio ponderato converrà aspettare che arrivino altri giochi e programmi adatti all’uso, per ora l’impressione è buona, anche perché la libertà di movimento è ancora più ampia e sofisticata che nella console concorrente: qui oltre che destra-sinistra è attivo anche il sensore avanti-indietro, cioè la profondità. Detto per inciso, attenti al vaso cinese del salotto…

    I primi giochi servono da esempio, ci sono “percorsi a ostacoli” piuttosto divertenti – impressionante vedere sé stessi dentro lo schermo, ripresi dalla telecamera e immersi a interagire con pupazzi svariati – e ci sono microsimulazioni sportive brillanti e precise, dal ping pong al golf eccetera.

    Indubbiamente sono strumenti che incoraggiano il “giocare insieme”, spesso molto più divertente che il gioco in solitaria. Spero che qualcuno inventi anche giochi intelligenti, che valga la pena giocare, oltre ai soliti sport da salotto: altrimenti non tutti, passato il primo entusiasmo, vorranno continuare a sudare come pazzi saltando qua e là per il soggiorno di casa.

Pubblicato il 18 ottobre 2010 - Commenti (0)
08
ott

Giochi seri per dare il meglio di sé

Interessante: scienziati italiani hanno inventato software che aiutano a sviluppare la capacità personali di far fronte a situazioni d’impegno, magari di emergenza, traendo fuori il meglio di sé e in particolare le capacità di comandare, di coordinare, di collaborare. Sono piattaforme interattive sviluppate da un gruppo di ricerca dell’Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione – ISTC del CNR, e sono stati presentati oggi a Roma nella sede centrale dell’istituzione.

In altre parole sono videogiochi didattici, quelli che in inglese si definiscono serious games, e che si utilizzano interagendo, anche online, con altre persone e con il computer entro simulazioni di situazioni che richedono capacità di giudizio e prontezza di spirito. “Giochi” del genere a quanto pare sono stati sperimentati con successo anche da organizzazioni no profit o pubbliche, come la Protezione civile in Abruzzo o l’unità di crisi del Chemical Park Bayer in Germania.

Mostrano come i giochi al computer abbiano applicazioni suggestive e benefiche: non tanto intese come “addestramento” automatico per rispondere agli stimoli, bensì per mettere a confronto i nostri comportamenti – spiega Orazio Miglino, psicologo dell’Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione del CNR e professore dell’Università Federico II di Napoli – con rigorosi modelli cognitivi attraverso l’intelligenza artificiale e la capacità di simulare fedelmente le situazioni esistenziali.

C’è chi usa giochi simili per stimolare la collaborazione e l’iniziativa nella formazione aziendale: è chiaro che – se qualcuno saprà elaborare modelli educativi attendibili e idonei – attività del genere potrebbero avere senso anche a scuola e perfino in famiglia.

Pubblicato il 08 ottobre 2010 - Commenti (0)
06
ott

Pes 2011 e Fifa 11, torna il grande calcio

Un'immagine tratta dal videogioco Pes 2011.
Un'immagine tratta dal videogioco Pes 2011.

A ogni autunno riprende la competizione tra i simulatori di calcio. Sono sempre loro, Pro Evolution Soccer, più brevemente Pes 2011 (Konami), e Fifa 11 (EA Sports), i due videogiochi più amati in Italia e in molti Paesi del mondo. Da oltre 10 anni si contendono la palma del migliore, ogni volta aggiungendo un dettaglio, una funzione. Non sapremo mai qual è il migliore: ciascuno conta eserciti di fan ansiosi di proclamare che Pes è più emozionante ma Fifa è più realistico, eccetera.

    Giocare a calcio sul pc (o sulla console) è magnifico. A dirla tutta, però, bisogna ammettere che se si gioca da soli alla fine subentra l’inevitabile evidenza: inteso come avversario il pc può essere forte ma non è divertente. Quando giochi contro altre persone, allora sì che scopri l’emozione, e soprattutto che questo gioco è un buon mezzo di relazione con gli altri. Anche via internet, in uno dei numerosi server raggiungibili dai due programmi, ci si può cimentare in partite e tornei al proprio livello di abilità, salendo (o scendendo) nelle classifiche continuamente aggiornate. Giocando si può anche conversare con l’avversario: con la tastiera – a ogni tasto corrisponde una frase preordinata, tipo “che gol”, “pareggeremo” – o con cuffia e microfono. A questo proposito invalgono tutte le precauzioni da tenere con sconosciuti che potrebbero non essere amichevoli: i genitori sono avvertiti.

    È impressionante il livello di precisione e di nitidezza raggiunto da questi programmi, che sullo schermo non sembrano diversi da partite “vere”. Una via di mezzo tra un gioco e l’omaggio a uno spettacolo antico, in cui il joystick raccoglie l’eredità di bandiere e striscioni.

Pubblicato il 06 ottobre 2010 - Commenti (0)
05
ott

"Grand Theft Auto" è per adulti

Un'immagine del videogioco "Grand Theft Auto".
Un'immagine del videogioco "Grand Theft Auto".

Un’amica mi ha scritto questa mail:

«Mio figlio di 12 anni ha ricevuto il videogioco Grand Theft Auto (pare molto noto), ma – pur giocando con lui – non capiamo se sia adatto a lui oppur no. Potrei avere qualche dritta?».

Rispondo in pubblico, pensando che possa interessare anche altri. GTA è un gioco per adulti. Come prima informazione conviene tener presente che l’indicazione dell’età, che di solito compare sulla scatola, è attendibile. In questo caso particolarmente, dato che GTA è molto violento e volgare (si interpreta la parte di un malvivente che vuole “crescere”). D’altra parte è un gioco fatto bene e coinvolgente, quindi non stupisce che piaccia: è stato un successone anche e soprattutto tra gli “under 18” (anche 14-12) per le sue caratteristiche spettacolari. Che ovviamente sono altrettante controindicazioni, se finiscono in mano a un ragazzino in barba a divieti e consigli. Un secondo suggerimento è, prima di vietarglielo, di continuare a guardarlo ancora un po’ insieme a lui, farvi un giro finché capirete quanto basta, vedrete il bello e il brutto e avrete argomenti per giudicare a posteriori, con la vostra testa e anche con la sua.

Pubblicato il 05 ottobre 2010 - Commenti (1)
27
set

Giochi e scuola: matrimonio possibile

Non tutti sanno che Google Earth fornisce un simulatore di volo gratuito. Bisogna digitare Ctrl+Alt+A (Windows) o Mela+Alt+A (Mac) per avviarlo.
Non tutti sanno che Google Earth fornisce un simulatore di volo gratuito. Bisogna digitare Ctrl+Alt+A (Windows) o Mela+Alt+A (Mac) per avviarlo.

A scuola con i videogiochi? Per qualcuno sono il diavolo e l’acquasanta, ma si sbaglia: tant’è vero che alcune scuole italiane, d’intesa col ministero dell’Istruzione, proprio in quest’inizio di anno scolastico hanno avviato esperimenti in proposito. Le premesse positive ci sono: esistono giochi molto adatti a dare una mano con l’italiano e per apprendere le lingue straniere, per esercitare la matematica e la logica. Alcune “simulazioni di storia”, senza essere l’equivalente di un manuale, riescono a farci intuire elementi rappresentativi nell’evoluzione delle civiltà umane. In altre nazioni, come la Francia, il rapporto tra videogiochi ed educazione è molto più consolidato che da noi.

Il gioco non va confuso con lo studio. Non è vero, tuttavia, che il gioco sia l’opposto dello studio e, quindi, dannoso. Giocare significa al tempo stesso accettare le regole ed esercitare l’iniziativa. Fa parte del processo di crescita dei giovani e dell’equilibrio degli adulti. Certi videogiochi, senza essere esplicitamente “educativi”, stimolano la fantasia, la prontezza d’animo, la curiosità di scoperta, o ripropongono situazioni reali del lavoro o della vita quotidiana: per esempio i simulatori di volo.

Giocare arricchisce, specie se lo si fa insieme ad altri. Certi videogiochi aiutano a stabilire e a mantenere relazioni positive tra persone fisicamente lontane. Altri insegnano il valore della collaborazione per raggiungere obiettivi comuni. Non mancano giochi che, scelti con criterio, stimolano gradevolmente quelle stesse abilità che a scuola vengono “messe in gioco” dai compiti quotidiani. È un tema su cui mi piacerebbe ascoltare le esperienze dei lettori.

Pubblicato il 27 settembre 2010 - Commenti (1)

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Autore del blog

Family Game

Giuseppe Romano

Giuseppe Romano insegna Lettura e creazione di testi interattivi all'Università Cattolica di Milano e collabora con quotidiani e riviste su temi riguardanti l’era digitale, la comunicazione interattiva, i videogame, i fenomeni di massa.

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