Alcuni genitori segnalano la scarsa dimestichezza dei propri figli (e delle proprie figlie) con la pulizia personale. Dai racconti che raccolgo, non sono pochi i ragazzi che trascurano di lavarsi quotidianamente, privilegiando la doccia settimanale, magari solo in occasione di un impegno sportivo. Ciò innesca conflitti senza fine tra genitori che sottolineano come la cura della pulizia del proprio corpo sia una questione di rispetto di sé e degli altri, e figli che rispondono cambiando gli abiti e la biancheria anche frequentemente (talvolta più di una volta al giorno), ma non detergendosi con pari assiduità.
Questo costume mi sembra piuttosto diffuso nella primissima adolescenza. Permane anche oltre, ma riducendosi di portata. Non mancano tuttavia ragazzi che anche oltre l’adolescenza mantengono un certo disinteresse verso la cura personale, talvolta malgrado una vita sessuale attiva che implica momenti di intimità fisica con il/la partner. Peraltro, la cura del corpo risulta talora carente anche negli adulti, sia per stile personale che per atteggiamenti di scarsa attenzione verso di sé. Questo appare più chiaramente nelle situazioni in cui traspare una forte disistima verso se stessi ed è spesso segnale di una depressione in atto. Negli adolescenti, la scarsa pulizia sembra avere significati diversi. Un primo, e forse più evidente, riguarda un rapporto ambivalente con il proprio corpo. Soprattutto nella prima fase dell’adolescenza, in cui si assiste all’irrompere della pubertà, alcuni sembrano ‘dimenticarsi’ di avere un corpo, trascurandolo, magari maltrattandolo (ad esempio con sforzi fisici inappropriati ed eccessivi). Il corpo sembra essere una ‘sovrastruttura’ a cui non dare peso, se non per soddisfare i bisogni primari. Più spesso, questo corpo nuovo viene preso in considerazione in modo parziale, utilizzandone i lati positivi e di più immediata fruizione, e scordando quelli ‘faticosi’, che richiedono più impegno.
Il corpo diviene il mezzo per manifestare forza, bellezza, attrattiva erotica, al fine di dare solidità all’identità di genere. Ci si sente maschi o femmine al cento per cento attraverso l’espressione corporea: il corpo seduce, esprime energia e potenza, dominio e controllo su di sé e sugli altri, che lo guardano ammirati. Nell’abbigliamento, nell’acconciatura, nella presenza di piercing o tatuaggi, il corpo assume il compito di ‘carta d’identità’ visibile, di espressione di appartenenza ad un gruppo, di manifestazione della propria personalità. Ci si dimentica però che ha bisogno di una ‘manutenzione’ giornaliera, attraverso la cura della pulizia, che non solo richiede costanza, ma può mettere a contatto con gli aspetti meno gradevoli della corporeità.
Il corpo nuovo dell’adolescente emette (soprattutto nella prima fase e in modo spesso inatteso) effluvi, umori, fioriture di acne, anche spiacevoli. E’ frequente la presa in giro degli aloni di sudore sugli abiti o dei brufoli. Tipico è anche il caso di alcune ragazzine che, pur riconoscendo piacevolmente di essere oggetto di attrazione fisica per i coetanei, rifiutano di essere anche portatrici di una potenzialità generativa, che si esprime mensilmente nel ciclo mestruale, che non considerano, ed evitano la pulizia personale anche in quei giorni. Per altri, poi, la pulizia diventa il luogo di scontro con i genitori. Uno scontro spesso reale, con i genitori che premono per un uso di acqua e sapone, di spazzolino e dentifricio, regolarmente disatteso dall’adolescente, che trova una soddisfacente occasione di sfida. Ciò nasconde un conflitto più profondo e simbolico: è il corpo del bambino, accudito anche nella pulizia dai genitori quando si era piccoli, che viene negato e consente un’esperienza di separazione. Non si è più puliti e inodori, grazie alle cure dei genitori, ma sporchi e disordinati. Ci si può sottrarre così all’abbraccio tenero e regressivo della mamma, segnalando con forza che un cambiamento definitivo è avvenuto.
Pubblicato il 19 ottobre 2012 - Commenti (1)