La lettura dei due commenti di bastardobuono e trismamma75 (che voglio ringraziare per la fedeltà con cui seguono il blog) mi spinge ad aggiungere qualcosa al post. Quando Flavio, come molti altri ragazzi all’incirca della sua età, dice di voler morire, non credo che pensi concretamente alla morte come esperienza definitiva, dalla quale non si torna indietro, come fine completa della vita terrena. Spesso gli adolescenti, quando parlano di morte, pensano di far morire qualcosa di sé, ma di tenere qualcos’altro vivo.
E’ paradossale, ma il più delle volte, gli adolescenti che parlano di morte lo fanno per non morire. Anzi, qualcuno dice: «Se muoio, voglio proprio vedere quante persone verranno al mio funerale; voglio sentire che cosa la gente dirà di me…». Come se si potesse partecipare al proprio funerale (come nella vecchia canzone di Jannacci) e di nascosto scoprire i legami più autentici, le amicizie più profonde, e smascherare quelle ipocrite e false. Come se in questo modo si potesse far emergere ciò che di più vivo c’è nella loro attuale esistenza.
Non tutti gli adolescenti pensano di morire, certo; anche se molti percepiscono di doversi confrontare con questa esperienza sconvolgente e radicale, sia direttamente (pensandoci, parlandone…), sia indirettamente, attraverso la musica (specie quella degli ‘eroi’ morti giovani, da Jim Morrison a Kurt Cobain) o il cinema (pensiamo ai film dell’orrore, oppure a quelli che hanno per protagonisti vampiri, zombies e altre creature morte ma vive). Forse, in tutto questo, c’è di mezzo anche l’esperienza di una ‘morte’ simbolica come quella dell’età infantile, un’epoca della propria vita così tranquilla da desiderarla ancora un po’, ma anche da superare. Si fa il “funerale” al bambino che si era (mettendo via per sempre i giochi che prima occupavano la camera; cambiando completamente amicizie e interessi…) e si diventa grandi, ma con un po’ di nostalgia per una fase della vita irrimediabilmente passata. E intanto ci si proietta verso l’età adulta, sperando di riuscire ad arrivare al di là del guado adolescenziale. Questo è ciò che accade un po’ a tutti gli adolescenti, quelli “normali” (uso apposta le virgolette), cioè con le oscillazioni proprie di ogni adolescenza; a questi pensieri fanno da barriera le sicurezze interiori che hanno acquisito, soprattutto nelle relazioni (familiari, di amicizia, amorose) che sono così importanti. I pensieri sulla morte vengono anche a quei ragazzi e ragazze che vivono una vita più difficile, qualche volta più disperata, e pertanto temono maggiormente di non farcela a crescere e trovare la propria direzione. Loro pensano alla morte in modo meno protetto, e magari giocano pericolosamente con la morte, attraverso vari comportamenti a rischio, per sfidarla e pensare di vincerla, proprio perché ce l’hanno molto presente. Per loro le cose avvengono in modo meno sereno che per la maggior parte dei ragazzi… E’ soprattutto per loro che diventa importante trovare relazioni vere, forti, profonde, che li aggancino alla vita!
P.S. per bastardobuono: in un commento precedente avevi espresso il desiderio di chiedermi un parere più personale: puoi farlo scrivendo all’indirizzo di redazione famigliacristiana@stpauls.it. Grazie e ciao!
Pubblicato il 19 dicembre 2011 - Commenti (1)