Da quando ha dodici anni (adesso ne ha 14), pensa ogni giorno di morire. Di farla finita. Così mi dice Flavio all’inizio di una consultazione, con aria tranquilla e senza la vergogna che di solito gli adolescenti manifestano quando parlano di queste cose. Mi dice che forse qualche volta succederà. Perché gli piacerebbe vedere com’è. Una volta ha provato a salire in piedi sul davanzale della finestra, ma poi è sceso. Anche altre volte ha avuto questo pensiero in modo molto intenso, ad esempio quando è scappato di casa, un pomeriggio. In quell’occasione, era in III media, ha lasciato la cartella a scuola, ha telefonato ad alcuni amici manifestando i suoi propositi, e verso sera è tornato a casa: lo hanno cercato il fratello e la sorella più grandi, lo hanno convinto gli amici. Con la sua solita tranquillità, ma anche in modo polemico, aggiunge che non l’ha fatto certo per mamma e papà…
Malgrado il garbo e la pacatezza delle sue parole, afferma le cose che dice come se fossero forti prese di posizione, che non lasciano scampo. I genitori non lo capiscono, gli pesano addosso. Vuole rendersi autonomo dalla famiglia e uscire di casa il prima possibile. Il liceo che sta frequentando al primo anno (con scarsi successi) e a cui dice che l’hanno iscritto i genitori in combutta coi prof delle medie, è una strada troppo lunga per andare a lavorare presto, come vorrebbe. Per ora ha degli amici, che gli vogliono bene e con cui vuole divertirsi. Vuole stare con loro al pomeriggio, farsi le canne insieme. Quando fuma sta bene, i pensieri di morte se ne vanno, e con loro molti altri pensieri…
In questo periodo l’unico impegno che regge stabilmente è la palestra, che frequenta da solo due volte la settimana. Vuole rafforzare il suo corpo alto ed esile. Magari, prima o poi, gli capiterà di usare la sua forza, forse in una rissa, come quelle che tanto lo attraggono, ma da cui anche si tiene a debita distanza.
I genitori, attenti e sensibili, sono preoccupati, ma anche arrabbiati: la mamma, più esigente, appare come irrigidita e in difficoltà a riconoscere le istanze di autonomia del figlio; il padre argomenta con gli stessi modi pacati e distensivi che appartengono anche al ragazzo, ma che Flavio, nel suo percorso di acquisizione della virilità, vorrebbe integrare con modi più aggressivi e ‘duri’.
La depressione di Flavio non sembra essere quella triste e amara di quegli adolescenti preoccupati di non farcela ad attraversare la ‘linea d’ombra’ della loro età per approdare alla sponda dell’essere grandi, uscendo in questo modo dalle oscillazioni e dalle incertezze identitarie della prima adolescenza. Piuttosto, Flavio sembra mancare di un obiettivo, di una méta verso la quale convogliare le proprie energie, a contatto con situazioni concrete e persone reali. Questa situazione si può definire come un caso di ‘depressione esistenziale’, una manifestazione particolare della ricerca profonda di un senso per cui vivere, che appartiene a tutte le età della vita, ma che nell’adolescenza si esprime spesso con più intensità.
Talvolta, come genitori o educatori, rischiamo di non accorgerci di una domanda di difficile decifrazione come questa, e di interpretarla in modo superficiale, o peggio moralistico e giudicante (disimpegnato! menefreghista! fannullone!).
Flavio non desidera morire, né ci sono, a mio parere, rischi in tal senso. Paradossalmente, la sua voglia di ‘provare a morire’ è una richiesta di vita più forte e coinvolgente, come ogni altra esperienza estrema. La ricerca di sensazioni intense e vive, sedata con i pomeriggi passati al parchetto a ‘fumare’, è il bisogno di un progetto di vita, ancora provvisorio ma che dia un senso ai giorni che passano. Trovare un lavoro, confrontarsi da solo con le scadenze della quotidianità, vivendo fuori dalla famiglia, sono i modi che Flavio ha scelto per dare una direzione tangibile alla propria crescita. Sa che ciò non gli è possibile nel concreto, per la sua troppo giovane età, ma non rinuncia a porre a modo suo la domanda di senso che sta nel cuore di ogni adolescente. Ha bisogno di un surplus di vita, in questo momento, che non gli viene dai progetti a lungo termine della scuola. Può essere più utile, in questa fase, un impegno di volontariato forte e coinvolgente, che preveda un incontro autentico con l’esistenza delle persone, anche nelle sue forme più difficili e faticose. Un incontro con chi ha trovato la sua strada nella apertura agli altri e nella prossimità.
In questo modo, il pensiero da cui Flavio vorrebbe fuggire, attraverso la fantasia eccitante ed estrema della morte, attraverso il rifiuto della famiglia e dello studio, attraverso l’ebetitudine delle canne, diventerebbe accessibile: trovare la propria strada da percorrere che dia la forza e la sicurezza per diventare uomo.
Pubblicato il 13 dicembre 2011 - Commenti (2)