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apr

Marco tra affetti e prestazioni

I genitori di Marco si sono separati da un anno e mezzo. La mamma è andata a vivere nella stessa città, ma poco lontano. I figli sono rimasti con il papà. Marco è nel pieno dei suoi 14 anni. Vive con intensità i rapporti con le persone: i compagni dell’oratorio, il migliore amico (“uno stupido come me”), la coetanea di cui è innamorato e che lo ricambia. Tutto quanto è relazione con i coetanei lo coinvolge. A scapito delle prestazioni, quelle scolastiche in primo luogo. Forse rischia l’ammissione all’esame di licenza media; ma ancor più i genitori temono il passaggio alle superiori e all’impegno che richiedono.

Arriva sempre in ritardo ai nostri incontri: «Ero con i miei amici, sono stato fino all’ultimo… ma poi  il tempo mi è sfuggito, non me ne sono accorto», mi dice assai contrito, ma pure dispiaciuto di avere lasciato gli altri ancora a divertirsi sul campo. In casa fa disperare il papà: lo sconvolgimento causato dal distacco tra i genitori ha lasciato scie di sofferenza in tutti, e Marco si mette in salvo vivendo nel suo mondo fatto di amici e, in casa, di videogiochi, e disattendendo i compiti che gli spettano. In particolare, ha ingaggiato una lotta sistematica con il papà e le sue richieste, dall’alzata al mattino, all’orario in cui coricarsi alla sera. Egli guarda molto al papà, alla sua forte personalità, e ha pensato di identificarsi con lui attraverso l’opposizione e il braccio di ferro continuo. Più in profondità, Marco sta rifiutando il dolore mostrato dal papà. Verso di lui e i suoi sforzi non c’è solidarietà, ma irritazione. Spesso il malessere mostrato dai genitori sembra generare nei figli reazioni più di sgomento che di comprensione. Come accade ad alcuni bambini piccoli, che non tollerano i giorni in cui la mamma non sta bene, e la fanno disperare con i loro capricci anziché fare i bravi.

Marco si è ritirato da questo mondo degli adulti. Il suo cattivo andamento scolastico è il segnale di questa fuga, come se cercasse un’anestesia. Più ancora che i risultati negativi, colpiscono la sua mancanza di un metodo di lavoro scolastico e di strategie efficaci. Egli afferma non soltanto di non studiare, ma di non  avere delle procedure chiare in mente per organizzarsi. Non sottolinea, non si prepara schemi. Non stabilisce delle priorità tra le materie da svolgere, tra scritti e orali, tra la preparazione di una verifica e lo studio più ordinario. Come molti ragazzi, Marco, chiuso nella sua protesta, lasciato da solo in questi anni nel lavoro a casa, ha bisogno ancora di un accompagnamento verso l’impegno. Ora i genitori cercheranno un tutor che lo alleni, per gli esami di licenza ma soprattutto per il passaggio alla scuola superiore. Qualcosa di più delle classiche ‘ripetizioni’: una persona che attraverso una relazione di attenzione e simpatia lo guidi a sviluppare una motivazione e un metodo. Certo, questo non basta. Occorre ritrovare dei tempi di relazione tra ciascuno dei genitori e Marco, una comunicazione più fluida e sicura, per superare la frattura difensiva tra il rifugio nella tana delle relazioni con i coetanei, dove Marco è più al sicuro, e il mondo delle relazioni con gli adulti, in cui ci si allena a rispondere a richieste di prestazione, ed è meno gratificante. Forse, il fatto stesso che papà e mamma riprendano a parlarsi tra loro di Marco (e degli altri figli), con fatica e con impegno, può essere il primo segno di un cambiamento, che consentirà ai genitori di chiedere in modo più credibile a Marco lo sforzo di modificare i propri atteggiamenti.    

Pubblicato il 20 aprile 2012 - Commenti (3)

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Postato da bena il 24/04/2012 00:11

Non c'è cosa più importante in queste situazioni di una sana comunicazione. Attravarso l'uso della parola riusciamo ad aprirci al mondo e con il mondo; neanche il miglior "tutor" al mondo sarà in grado di migliorare la situazione di Marco, se all'interno della famiglia non si ritorna ad una buona comunicazione (il padre avrà una personalità forte ma perde davanti ad un figlio che gli rinfaccia, magari non esplicitamente, il divorzio). La domanda forse più generale è: questi genitori, anche se il divorzio sembra l'unica via possibile per il bene del figlio, sono veramente a conoscenza del male che possono infliggergli con questo atto, o se ne accorgono solo, con amarezza, quando i giochi sono fatti? E questo ragazzino (che entra nell' età critica per eccellenza) riuscirà mai a perdonarli? Una domanda a lei signor Fabrizio: come spiegherebbe a questo ragazzino il comandamento "onora tuo padre e tua madre"?

Postato da bena il 24/04/2012 00:00

Non c'è cosa più importante in queste situazioni di una sana comunicazione. Attravarso l'uso della parola riusciamo ad aprirci al mondo e con il mondo; neanche il miglior "tutor" al mondo sarà in grado di migliorare la situazione di Marco, se all'interno della famiglia non si ritorna ad una buona comunicazione (il padre avrà una personalità forte ma perde davanti ad un figlio che gli rinfaccia, magari non esplicitamente, il divorzio). La domanda forse più generale è: questi genitori, anche se il divorzio sembra l'unica via possibile per il bene del figlio, sono veramente a conoscenza del male che possono infliggergli con questo atto, o se ne accorgono solo, con amarezza, quando i giochi sono fatti? E questo ragazzino (che entra nell' età critica per eccellenza) riuscirà mai a perdonarli? Una domanda a lei signor Fabrizio: come spiegherebbe a questo ragazzino il comandamento "onora tuo padre e tua madre"?

Postato da Andrea Annibale il 21/04/2012 16:03

Quando succhiamo il latte dal seno materno, lo facciamo istintivamente, pensando di ricevere una cosa buona. Ma cosa accadrebbe se dal seno della madre uscisse del veleno? Una coppia che si separa è come veleno che esce dal seno materno: viene meno la fiducia che la famiglia ti dia cose buone. Il trauma non può essere affrontato dal genitore affidatario da solo, ma con l’ausilio, a mio avviso, di un buon psicologo. Come vada superato il trauma io non ho la competenza scientifica per dirlo. Penso che incontrando poi un partner nella vita, si possa ricostruire un’idea positiva e felice della famiglia. Certo, se anche questo tentativo fallisce con una rottura traumatica, si possono sviluppare delle malattie prima fra tutte la depressione. Facebook: Andrea Annibale Chiodi; Twitter: @AAnnibale.

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Mio figlio l'adolescente

Fabrizio Fantoni

Fabrizio Fantoni, 55 anni, sposato, tre figli. Psicologo psicoterapeuta, esperto di adolescenti.

 

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