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Una santa "calunniata"

Cristo risorto appare a Maria Maddalena, 1521-1523, affresco di Bernardino Luini. Milano, chiesa di San Maurizio al Monastero Maggiore (Scala).
Cristo risorto appare a Maria Maddalena, 1521-1523, affresco di Bernardino Luini. Milano, chiesa di San Maurizio al Monastero Maggiore (Scala).

"C’erano con Gesù i Dodici e alcune donne...
Maria, chiamata Maddalena,
dalla quale erano usciti sette demoni."

(Luca 8,1-2)

La storia dell’arte ha potuto ricamare molto liberamente immagini erotiche attorno alla figura di Maria originaria del villaggio di Magdala (che s’affaccia sul lago di Tiberiade): l’ha ritratta, infatti, spesso discinta o nuda, coperta solo dai lunghi e morbidi capelli, anche quando la rappresentava nello stato di penitente, come accade nella tela di Tiziano (1523) di Palazzo Pitti o alle varie “Maddalene” di Guido Reni, riprese in repliche e copie. Ma questa donna – che seguirà Gesù fino ai piedi della croce e che lo incontrerà il mattino di Pasqua nell’area cemeteriale di Gerusalemme ove era stato sepolto (Giovanni 20,11-18) – era proprio una prostituta convertita?

Se stiamo al testo di Luca che abbiamo citato, troviamo solo questa annotazione: da lei Gesù aveva fatto «uscire sette demoni». Più o meno una cosa analoga è detta delle altre figure femminili che costituiscono, coi Dodici, il seguito di Cristo: «Alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità ».
Ora, è noto che spesso nella Bibbia non si distingue nettamente tra malattia e possessione diabolica. Ad esempio, il giovane che Gesù guarisce ai piedi del monte della Trasfigurazione rivela chiaramente i sintomi dell’epilessia, ma gli evangelisti parlano di un «demonio» o di uno «spirito impuro » (vedi, ad esempio, Marco 9,14-28, oppure Luca 9,37-43).

Il nesso tra peccato e malattia, che spesso affiora nell’Antico Testamento, favoriva questa confusione, ma a noi non permette di identificare un malato con un ossesso. Ora, nel caso della Maddalena, Luca parla di una sua liberazione da ben sette demoni.
Si può, perciò, o ipotizzare una grave forma di possessione diabolica o più semplicemente – per la ragione sopra addotta – di una grave e particolare infermità (il sette è un numero simbolico che indica pienezza) dalla quale Gesù l’avrebbe liberata.

A questo punto è legittima la domanda: perché si è pensato che questo stato di male fosse collegato alla prostituzione? La risposta sarà per molti un po’ sorprendente perché si lega non tanto al testo citato, quanto al suo contesto.
Nella pagina precedente, del tutto indipendente, si narra infatti l’episodio che si svolge nella casa di un capo dei farisei di nome Simone, del quale Gesù è ospite (Luca 7,36-50). Là effettivamente entra in scena «una peccatrice di quella città»: essa rivela, però, uno spirito di pentimento e di umanità superiore a quello dei benpensanti che sono a mensa con Simone.

Sulla base di questo semplice accostamento narrativo esteriore si è applicata l’etichetta di prostituta a Maria di Magdala, identificata appunto senza fondamento con quella “peccatrice”. Si tratta, alla fine, di una calunnia che, comunque, non sfiorò mai la mente di Gesù. Egli, infatti, la volle alla sua sequela, fino al vertice supremo della sua vicenda terrena e al suo ingresso nella gloria pasquale.

Pubblicato il 17 gennaio 2013 - Commenti (4)

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Autore del blog

Gianfranco Ravasi

Gianfranco Ravasi

Gianfranco Ravasi è un cardinale, arcivescovo cattolico e biblista italiano, teologo, ebraista ed archeologo.
Dal 2007 è presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa e presidente della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra.

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