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«Vade retro!»

San Pietro, mosaico della cupola. Ravenna, Battistero degli Ariani.
San Pietro, mosaico della cupola. Ravenna, Battistero degli Ariani.

"Gesù, voltandosi,
disse a Pietro:
«Va’ dietro a me,
Satana! Tu mi sei
di scandalo...».
".


(Matteo 16,23)

Potrà stupire questa versione del celebre monito che Gesù rivolge a Pietro, dopo avergli assegnato il primato tra gli apostoli attraverso i simboli della pietra, delle chiavi e del potere di “legare e sciogliere” (Matteo 16,13-20). Siamo, infatti, abituati al più forte: «Lungi da me, Satana!». L’apostolo aveva reagito in maniera veemente quando Gesù aveva fatto balenare il destino che lo attendeva a Gerusalemme nell’abisso di dolore e di morte della passione: «Signore, questo non ti deve accadere mai!». E Cristo gli aveva opposto un rifiuto netto.

Sarebbe più logico, perciò, pensare a una sorta di rigetto di Pietro che – dopo la sua “confessione” del «Cristo Figlio del Dio vivente», che gli aveva meritato una beatitudine da parte di Gesù – verrebbe “sconfessato” dal suo Signore e definito uno “scandalo”. Il vocabolo in greco indica la pietra che fa inciampare e, quindi, non più la pietra di fondazione della Chiesa, come Gesù gli aveva prima annunciato. A questa resa più dura condurrebbe anche la frase successiva: «Non pensi secondo Dio ma secondo gli uomini», per non parlare poi del brutale appellativo usato da Gesù, “Satana”, termine di matrice ebraica che significa “avversario, accusatore”, e che rende Pietro non più l’apostolo delegato a rappresentare Cristo nella storia, ma quasi il suo antagonista.

Come si spiega, allora, questa traduzione più edulcorata che troviamo nel nuovo lezionario liturgico? In realtà, essa è fedele all’originale greco hýpaghe opíso mou, “seguimi dietro a me”. È in pratica il tradizionale Vade retro latino che è corretto, ma che noi abbiamo di solito inteso appunto come una reiezione che subentra all’elezione di Pietro. Qual è, invece, il vero significato del monito di Cristo? La risposta è semplice ed è precisata dalla frase successiva di Gesù: «Se qualcuno vuol venire dietro a me (opíso mou elthéin), rinneghi sé stesso, prenda la sua croce e mi segua» (16,24).

Pietro abbandoni, dunque, la sua illusoria concezione di un messianismo fatto solo di gloria e di successo, e si metta umilmente dietro al suo Signore, salendo la strada erta e irta di prove del Golgota. È questo il vero discepolato, altrimenti si è avversari “satanici” di Cristo. La via della croce comincia, perciò, già in quel momento e Pietro è invitato a essere il seguace del suo Maestro, “andando dietro a lui”, pronto anche a «perdere la propria vita per causa mia», come dirà ancora Gesù, così da “trovarla” in un altro modo più alto e intenso.

Questo appello era già stato anticipato da Cristo nel “discorso missionario” rivolto ai suoi discepoli precedentemente: «Chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me» (Matteo 10,38). E Pietro testimonierà di aver imparato la lezione della croce, quando si avvierà al martirio che, secondo la tradizione, avvenne per crocifissione. Alcuni pensano che un’allusione a questa meta del discepolato e della stessa vita di Pietro sia nella frase che il Risorto gli rivolge sul lago di Tiberiade, dopo avergli rinnovato la missione di “pascere le pecore” del gregge di Cristo: «Quando sarai vecchio stenderai le tue mani...»; e l’evangelista Giovanni commenta: «Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio» (21,18-19).

Pubblicato il 31 maggio 2012 - Commenti (2)

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Postato da Teresi Giovanni il 31/05/2012 18:28

Il rinnegamento di se stessi e la perdita della propria vita indicano l’impegno di lottare con Gesù fino alla morte per un mondo migliore, più giusto e fraterno, in cui nulla ostacoli la piena manifestazione della regalità di Dio. Chi segue Gesù resta se stesso, ma non si appartiene più, è uno che non trova più in se stesso ma in Lui il senso della propria vita, la sua ragione di essere. Se il suo Maestro sta per essere rifiutato e umiliato dal suo popolo, anch’egli deve accettare, se vuole rimanergli fedele, di essere coinvolto in un destino analogo. La morte di Gesù corona una vita spesa per gli altri, con la quale ha manifestato l’amore infinito di Dio che non chiede soddisfazione ma offre riconciliazione e perdono. In altre parole, Gesù ci ha amati non perché ha soddisfatto al nostro posto le esigenze della giustizia divina, ma perché ha speso la sua vita per i poveri e gli emarginati, in vista di una riconciliazione universale. La sua scelta di solidarietà nei confronti dell’uomo e di tutti gli uomini ha messo in crisi i privilegi e l’arroganza di chi deteneva il potere e ha causato una reazione talmente violenta nei suoi confronti da causargli la morte. Gesù "rivela" ai discepoli la sua futura morte e risurrezione, mostrando al tempo stesso come la sua fine dolorosa non sarebbe stata un incidente di percorso, ma una caratteristica essenziale della figura stessa del Messia così come è descritta nelle Scritture. Giovanni Teresi

Postato da Andrea Annibale il 31/05/2012 13:52

Elie Wiesel, il noto scrittore ebreo naturalizzato americano, scrisse che peggio dell’odio è l’indifferenza e che il contrario dell’amore è l’indifferenza stessa, non l’odio. Constatiamo che l’assenza di qualcosa, qual è l’indifferenza, difficilmente si trasforma in amore. Al contrario, lo sbaglio può essere raddrizzato, l’odio può diventare amore, da un litigio può sbocciare la pace. Questa specie di spensierata e adulatoria constatazione di san Pietro che si commenta è assenza=satanica esperienza dell’altro, in questo caso dovremmo dire dell’Altro. Di fronte a Gesù che si offre per la Sua volontaria Passione, possiamo rispondere con un atto di odio o di amore, ma San Pietro non fa né l’una né l’altra cosa. Se non c’è amore più grande di quello del Padre che dà il Figlio per la salvezza del mondo, ecco che la mancanza di rispetto, di fede, di amore che ricambia suona di scandalo per la Chiesa di tutti i tempi. Ragionare secondo Dio significa allora accogliere il sacrificio come atto d’amore supremo e ricambiare significa amare nella fede il Cristo che si fa pane spezzato e sangue versato, sacrificio perfetto per la salvezza di noi tutti. La risposta di Cristo a San Pietro, per quanto dura, si colloca comunque nella logica dell’amore che rimprovera e corregge come dice l’Apocalisse in 3, 19. Ciao. Facebook: AAnnibaleChiodi; Twitter: @AAnnibale.

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Gianfranco Ravasi

Gianfranco Ravasi

Gianfranco Ravasi è un cardinale, arcivescovo cattolico e biblista italiano, teologo, ebraista ed archeologo.
Dal 2007 è presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa e presidente della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra.

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