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set

Ripartire con la scuola e coi doveri

Mio figlio J. (11 anni) ci ha chiesto di poter seguire due partite di calcio durante la settimana, ciò significa andare a letto alle 23, mentre gli altri dormono già da un pezzo. Lui ha iniziato da pochi giorni la scuola secondaria di primo grado (le medie). Un mondo nuovo in cui orientarsi e trovare punti di riferimento. Un tempo in cui ritrovare il ritmo delle cose da fare.
J.: “Se mi fate vedere due partite (in genere le ascolta alla radio) io rinuncio alla play, ci gioco solo due ore al mese”.
Io: “Non so, due sere a letto tardi mi sembrano troppe. Direi una partita alla settimana, la play max. 30 minuti al giorno ma dopo i compiti, minimo 60 minuti di compiti/studio tutti i dì entro le 19 e frutta due volte alla settimana per merenda”
J. si mette a piangere: “Ecco, i miei amici giocano un sacco alla play e vedono le partite e voi mi volete togliere quello che mi piace. Siete cattivi!”
Io: “Stai attento a quello che dici!”
J.: “Siete dei genitori terribili, io sono stufo” e mi si piazza davanti in tono di sfida.
Io: “Vai di là finchè non ti sei calmato”
J. alza la voce: “Io non ci vado. Hai capito?” e mi sta addosso.
Io: “Perfetto, allora per oggi di certo non giochi alla play e se non vai di là salta tutta la settimana”.
J. se ne va di là infuriato ripetendo che lui è stufo di noi e che siamo mostruosi.

Conclusione. Torna mansueto come un agnello dopo mezz’ora, ben disposto al dialogo e desideroso di riprendere le contrattazioni. Chiede scusa per aver perso la pazienza e punta a riconquistare il tempo della play. Chiudiamo con il seguente patteggiamento: per oggi non se ne parla di giocare al videogioco, due settimane di prova con una sola partita per vedere se lui rispetta gli impegni presi e poi, se tutto funziona la possibilità per lui di vedere due partite. Siamo tutti felici.

J. è un bambino molto affidabile e ci piace contrattare con lui la gestione del tempo e degli impegni. Spesso i toni si accendono ma ormai ho fatto una scoperta che mi ha cambiato la vita: è normale che i figli si arrabbino quando i genitori frustrano un loro desiderio, sostengono una regola o sanzionano una trasgressione. Ai genitori resta la responsabilità di comportarsi secondo giustizia e poi la tranquillità di tollerare il tempo della rabbia e aspettare fiduciosi il sereno. Le reazioni aggressive, i pianti, le parole urlate, le accuse sono gli estremi tentativi che il figlio ha per difendersi, anche quando ha torto, di affermare se stesso. Io aspetto  il sereno e in genere la contrattazione riprende con toni collaborativi per trovare una mediazione che soddisfi tutti.

La gestione del tempo dei compiti è un’ottima palestra per stimolare i figli all’autogestione del tempo. A noi genitori il dovere di stimolarli e sostenerli, richiamarli e premiarli quando serve. Adoro vedere J. invaso dalla meraviglia della scoperta del sapere e godo della sua insolita generosità  nel raccontare quello che sta vivendo… speriamo che duri. Come sta andando per voi la ripresa della scuola? Come gestire l’organizzazione dei diritti-doveri con i vostri figli? Quali sono le fatiche educative che più vi mettono alla prova come genitori? Raccontateci le vostre esperienze! Buona settimana.  

Pubblicato il 20 settembre 2011 - Commenti (1)

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Postato da trismamma75 il 27/09/2011 22:55

Io credevo che certi scontri si sarebbero presentati solo a partire dall'adolescenza, o almeno dalla preadolescenza. Invece il mio grande, a 5 anni è già un ribelle. Anche lui usa affermazioni come “sei cattiva” e mi sfida per verificare quanto i paletti che gli metto siano solidi. I nostri conflitti riguardano principalmente l'uso di televisione e giochi al computer e l'acquisto di giocattoli o gadgets vari che vede pubblicizzati in tv o in possesso dei suoi amici all'asilo. Io ritengo di essere una mamma molto presente e affettuosa, ma anche molto esigente e severa per certi aspetti, forse perché ho a mia volta ricevuto un'educazione di questo tipo dai miei genitori che mi hanno insegnato il valore del dovere e del sacrificio e hanno sempre preteso da me molto più di quanto pretendessero i genitori delle mie coetanee. Però io sono sempre stata una bambina/ragazza docile e obbediente, e ingenuamente pensavo che lo sarebbero stati anche i miei figli, che usando la giusta severità tutto sarebbe filato liscio. Invece non è stato così, e all'inizio sono andata in crisi. A. ha manifestato il suo carattere ribelle e insofferente alle regole fin da piccolissimo, e io mi sentivo parecchio frustrata perché venivo considerata poco autorevole e troppo permissiva da mia mamma da un lato, ed eccessivamente severa e autoritaria da mia suocera dall'altro. Ora col tempo e l'esperienza ho imparato a conoscere il mio bambino, e soprattutto a “tollerare il tempo della rabbia e aspettare fiduciosa il sereno” pur rimanendo ferma sulle regole che ritengo giuste. In sostanza ho capito che non serve cercare di imporsi con l'autorità e con la forza. Contrattando con lui e motivando regole, divieti e sanzioni, e rimanendo poi fedele senza tentennamenti alla loro applicazione riesco ad ottenere risultati migliori. Del resto A. è un ribelle perché ha bisogno di affermare la sua personalità, ma se viene responsabilizzato e fatto ragionare, dopo la sfuriata diventa mansueto e rispettoso. Certo, è una bella fatica... per lui e per noi!

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Barbara Tamborini

Barbara Tamborini, psicopedagogista, autrice di libri sull'educazione. Ha 4 figli.

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