Don Sciortino

di Barbara Tamborini

Barbara Tamborini, psicopedagogista, autrice di libri sull'educazione. Ha 4 figli.

 
22
ott

La cura del cibo

Mio marito ha iniziato la dieta. Vorrei parlare con voi di cibo, di quello che sto scoprendo nel mio ruolo di diet-coach, buone abitudini per tutti, grassi e magri, grandi e piccoli:

Si può cucinare senza usare grassi: l’ho sentito dire tante volte ma di fronte a una padella vuota, ho sempre fatto il mezzo giro con l’olio. E invece, in questi giorni, ho provato: ho scaldato le pentole anti-aderenti e poi ho cotto soffritti (li chiamo così per intenderci), ragù, scaloppine, frittate, risotti, etc. senza usare un goccio d’olio, se non a cottura ultimata. Ho superato un tabù e i risultati sono stati ottimi. L’olio a crudo è un alimento eccellente (in dosi moderate), soffritto si denatura.

Si può vivere senza mangiare un dolce a fine pasto. So che per molti di voi ciò è già ovvio, ma in casa nostra, per molto tempo, abbiamo coltivato quest’abitudine. Caterina, dopo la pappa, dice: “Ato, ato!” (gelato). L’occasione della dieta ci ha permesso di ricontrattare con i bambini il tempo per i dolci: colazione e merenda; a fine pasto solo per le occasioni speciali. I figli hanno metabolizzato la nuova regola in un lampo… noi abbiamo faticato molto di più.

Variare gli alimenti e fare pasti completi (carboidrati, proteine, grassi e vitamine). Oggi ho preparato dei maxi hamburger con pane fresco, carne e erbe aromatiche, pomodori e zucchine alla griglia e un tocco di ketchup… un pasto completo che ha riscosso grande soddisfazione in tutti.

Quando che mi metto ai fornelli penso ai miei figli, ai loro gusti e alla loro salute… mi immagino le loro facce di fronte a ogni piatto . Voglio condividere con voi qualche piccolo trucco che in casa nostra ha raccolto buoni successi:

- la frutta con gli stecchini: dire che per merenda c’è frutta mi fa raccogliere fischi e lamenti. Presentare un piatto con diversa frutta tagliata a pezzi e sistemata in modo originale, e offrire a tutti i bambini gli stecchetti che solitamente usano per mangiare i bocconcini di pollo al fast-food (li vendono nei supermercati) ha fatto acquisire molti punti a questa merenda… le volte in cui hanno anche partecipato alla composizione del piatto, ho svuotato le scorte di frutta.
- La pastina con la cannuccia… poter bere così il brodo di verdura ha fatto acquisire molto fascino alla pietanza e ha ridotto drasticamente gli sbrodolamenti. Aspetto consigli, le buone pratiche di casa vostra, le fatiche che vi trovate ad affrontare attorno alla tavola.

Fatevi servire e buon appetito a tutti!

Pubblicato il 22 ottobre 2010 - Commenti (2)
14
ott

Mamme e lavoro

L'altro ieri al radiogiornale: «Le donne lavoratrici italiane sono tra le meno tutelate in Europa».

Il 27% delle donne abbandona il lavoro dopo il primo figlio. I tre motivi che portano a questa scelta obbligata sono: mancanza di parenti a cui chiedere aiuto, mancanza di nidi, impossibilità di ottenere un part-time. In Italia le donne che hanno ruoli di potere sono pochissime. Se è vero che i talenti sono ugualmente distribuiti tra uomini e donne, è insostenibile che la distribuzione dei ruoli di potere sia quasi esclusivamente col fiocco azzurro: nel Parlamento più dell’80%, nei vertici delle banche il 99%, tra i dirigenti aziendali il 97%, etc.

In NORVEGIA le cose vanno diversamente: media figli per ogni donna 1,98, in aumento. Le pari opportunità sono state definite per legge e ora sono una consuetudine: nel Parlamento più della metà dei governanti sono donne e le aziende, per essere quotate in borsa, devono avere almeno il 40% dei dirigenti donne. Queste trasformazioni hanno stimolato le famiglie ad avere più figli. La maternità è ben tutelata e fare la mamma e lavorare è un sogno possibile. Per le donne sono previste 56 settimane all’80% dello stipendio (più di un anno) e un congedo pagato per i papà di 10 settimane. La quota prevista per i papà è, per legge, prendere o lasciare: o i papà ne beneficiano o va persa. Questo fa sì che oggi ne godono più del 90% dei papà lavoratori. Un quarto si prende fino a 3 o 4 mesi di congedo. È normale trovare gruppi di papà che si accordano per gestire i bambini piccoli. A farlo sono professionisti dalla carriera brillante, ingegneri, politici, manager, etc. non temono di essere penalizzati per questo, lo fanno tutti, a tutti i livelli sociali. Gli asili nido offrono un servizio per tutti i bambini. La coppia può organizzarsi nella gestione dei figli contando su molte opportunità.

Le donne dovrebbero poter uscire e rientrare dal mondo del lavoro per dedicarsi alla cura dei figli senza subire penalizzazioni o perdita della propria posizione lavorativa. Smettere di lavorare per prendersi cura dei figli deve essere una scelta, non un ripiego forzato. Nello stesso tempo è ingiusto che lavorare significhi non potersi prendere cura dei propri bambini.

Gli economisti dicono che le pari opportunità non sono fondamentali solo per l’equità, ma anche per l’efficienza economica. Nella nostra nazione, l’obiettivo della partecipazione al mondo del lavoro del 60% delle donne, decretato dalla Comunità Europea, è ben lontano dal poter essere. Fare la mamma casalinga come ripiego fa soffrire, vedere i propri talenti atrofizzarsi, sentire la nostalgia dell’incontro con i colleghi, essere insoddisfatte… non rende certo madri migliori. Io ho scelto di stare a casa. Molto del mio lavoro lo posso svolgere da qui grazie a Internet. Per molte donne però questo non è possibile.

Da ultimo, la notizia della nuova stretta sui permessi per assistere i familiari disabili, part-time, congedi, aspettativa, mobilità per i dipendenti pubblici, annunciata dal Ministro Brunetta, rende la Norvegia sempre più lontana. Raccontateci cosa ne pensate e aspetto le vostre storie. Se volete saperne di più vi consiglio la puntata di Presa Diretta “Senza donne” da cui molti dei dati qui sopra sono tratti. Per vederla:

http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-cb48e85d-a5a4-404c-97b0-716111bfe349.html?p=0

Pubblicato il 14 ottobre 2010 - Commenti (2)
05
ott

Scuola: fare i compiti

«Hai tempo fino alle sette».
«Sono le tre… mancano quattro ore…».
«Hai molti compiti?».
«Un po'».
«Sai che se non fai in tempo a finire, vai a scuola senza compiti fatti?».
«Uffa! Lo so… quante volte me lo devi dire? Lasciami un po' di relax…».
«Relax… Basta saperlo».

Discorso chiuso. Io taccio e osservo. Lui si sdraia sul divano col suo fumetto preferito. Riemerge dopo 54 minuti. «Ho fame? Posso fare merenda?».
Una fetta di pane e cioccolato e una mela dopo scende in cortile a giocare col pallone. Arriva un mini-vicino richiamato dai colpi della palla che sbattono sul cancellone. «Ciao, entra che facciamo due tiri». 17:12.

«Ho vinto!», mio figlio gira a torso nudo scuotendo la maglietta. 18:00. Mi imbavaglio contro la tentazione di annunciare l'ora esatta.
«Mamma?».
«Eh?». «Che ore sono?». «Le sei». L'amico: «Mi dai la rivincita?». «Al cinque però».
Ricominciano a giocare. Non ce la farà mai, dovevo legarlo alla sedia, questa volta giuro che lo mando a scuola senza compiti…

18:12 «E Marco dov’è?». «È andato a casa. Gli ho detto che dovevo fare i compiti». Si sistema sul tavolo con i quaderni e il libro e inizia a studiare. «Te la posso ripetere?». Lo ascolto mentre taglio i pomodori. 18:40 «Ok, adesso faccio matematica». «Tra poco devo apparecchiare…». 18:58 «Finito!». «Hai fatto tutto?». «Sì. Vado a giocare».

Jacopo è in quinta. Non è sempre andata così. Spesso l'ora limite è stata trasgredita, non è semplice calcolare il tempo di una cosa, soprattutto se vuoi con tutto il cuore che finisca in fretta. Ogni volta abbiamo contrattato la giusta sanzione per poter sforare nei tempi: «Finisci dopo cena ma per tre giorni i compiti li fai appena arrivato a casa».

Genitori TIMER, questa è la dimensione che abbiamo deciso di presidiare. Sostenere i nostri figli perché diventino capaci di gestire il loro tempo tra dovere e piacere. Se sono loro a decidere il QUANDO l'impegno è nettamente superiore. Imparare a progettare un tempo sufficiente e di qualità per fare la fatica che serve, niente di più e niente di meno.

Perché il QUANDO invece del COSA? Perché il cosa è già presidiato dalle insegnanti.
È vero, se leggo che mia figlia (Alice, 7 anni) ha scritto mngiare, perché le "a" ogni tanto spariscono, glielo dico e lei corregge. Quando però sette giorni fa mi ha detto: «Guarda mamma, ho sistemato un tavolino in camera mia, così faccio qui i compiti in santa pace». Io le ho fatto i miei complimenti e da quel giorno non ho più controllato niente. Chissà quante A sono saltate…

Un buon TIMER mi garantisce un risotto al dente. Perché non dovrebbe funzionare coi compiti? Cosa ne pensate? Come va in casa vostra la gestione dei compiti? Che fatiche e che soddisfazioni avete raccolto nella vostra esperienza? Se vi va, raccontate il vostro ruolo di educatori nella gestione dei compiti con una metafora.

Pubblicato il 05 ottobre 2010 - Commenti (1)
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