Don Sciortino

di Barbara Tamborini

Barbara Tamborini, psicopedagogista, autrice di libri sull'educazione. Ha 4 figli.

 
29
ott

Sei un mito

…Quasi esplodo quando mi dici " Dai,
 vieni su da me che tanto non ci sono i miei"
 … E' incredibile abbracciati noi due
 un ragazzo e una ragazza senza paranoie
senza dirci " io ti amo" o "io ti sposerei"
solo con la voglia di stare bene tra noi
anche se soltanto per una sera appena
sei un mito sei un mito per me
perché vivi e non racconti in giro favole
sei un mito sei un mito per me
non prometti e non pretendi si prometta a te…

[da Sei un mito, Max Pezzali, 1993]


Mio figlio di 12 anni è un fan di Max Pezzali. Lui e i suoi amici sanno a memoria tutte le canzoni. All’ex 883 va riconosciuta la capacità di inventare ritmi travolgenti che conquistano al primo ascolto. Mi ha fatto sorridere sentire J. cantare a squarciagola pezzi che anch’io ascoltavo tanto tempo fa. La cosa strana però è che questa volta ho ascoltato i testi con l’orecchio da mamma e non da ragazzina. Sei un mito perché ci stai e soprattutto ci stai subito. A pensarci bene non è un gran complimento. Tutte le volte che cantavo da ragazza questa canzone non ci avevo mai fatto caso. Sentivo solo la potenza della musica. Sono certa che nemmeno J. pensa a quello che urla e per togliermi ogni dubbio decido di fargli qualche domanda:

 “Ciao J. volevo chiederti un parere sulla canzone di Max Sei un mito” 
“Mi piace, ha un bel ritmo anche se non è la mia preferita”.
“E cosa pensi di quello che dice il ragazzo protagonista della canzone?”
“Boh, non lo so, non ci ho mai pensato”.
“Leggi qui il testo, soprattutto quest’ultima parte”
“Ah, ho capito”. “Cosa hai capito?”
“Che è contento perché sta uscendo con una prostituta”.
“Perché pensi sia una prostituta?”
“Che ne so io? È una che va con tutti, non si chiamano così quelle?”

Direi che J. ha le idee fin troppo chiare. Abbiamo concluso che il ragazzo della canzone è parecchio maleducato a dedicare parole del genere alla ragazza, rischiando di farla passare per una prostituta alle orecchie di quelli che l’ascoltano. E per la parte femminile direi che sarebbe meglio essere considerate un mito per altri meriti. Raccontateci se vi è capitato di discutere con i vostri figli del testo di una canzone o di un film o di qualsiasi altro stimolo che vi ha acceso pensieri.

Vi è capitato di restare colpiti da qualche contenuto in particolare tra quelli consumati dai vostri figli? Avete nel cuore qualche brano o poesia o altro che racconta l’amore con la A maiuscola che vorreste dedicare ai vostri figli? Raccontatecelo. Buona settimana a tutti.

Pubblicato il 29 ottobre 2012 - Commenti (1)
15
ott

Per il superiore interesse dei bambini

La cronaca dei fatti sulle vicende che hanno coinvolto Leonardo nei suoi primi dieci anni di vita:

  • 2001 matrimonio tra i genitori di Leonardo: lui avvocato, lei farmacista;
  • 2002 nasce Leonardo
  • 2005 separazione consensuale che stabilisce che il figlio viva con la madre e il tempo e i modi delle visite del padre. Querele del padre contro la madre e della madre contro il padre.
  • 2009 sentenza che afferma che va tolta la patria potestà alla madre del bambino ma i giudici stabiliscono che Leonardo resti comunque a vivere con lei
  • 2010 la madre ricorre alla sentenza ma perde il ricorso
  • 2011 il padre ricorre alla decisione che Leonardo resti a vivere con la madre
  • 2 agosto 2012 la corte d’Appello di Venezia emana una sentenza che dice che il bambino deve essere tolto dalla tutela della madre e vivere in un luogo neutro
  • 24 agosto e 4 settembre: due tentativi di prelevare Leonardo da casa sua, falliti per la resistenza mostrata dal ragazzo all’essere allontanato da casa sua
  • 10 ottobre 2012 il padre con altri 5 persone (3 agenti in borghese, un rappresentante dei servizi sociali e uno psichiatra) preleva dalla scuola di Cittadella (PD) il figlio Leonardo per portarlo in una Comunità protetta.
Se c’è una cosa chiara nei fatti che hanno coinvolto Leonardo è che è stato un bambino cresciuto in guerra e l’invocato principio: “Per il superiore interesse del bambino” ha fatto acqua da tutte le parti. Gli adulti a lui prossimi, sono scesi in trincea l’uno contro l’altro per difendere il proprio diritto. Lo ha fatto il padre (avvocato), che di fronte al ripetuto rifiuto del figlio, ha più volte tentato di andare a riprenderselo fino a portarlo via di peso dalla sua scuola.

Lo ha fatto la madre (farmacista) che ha difeso il figlio a qualsiasi costo, costruendogli un rifugio in casa e vigilando su qualsiasi invasione, anche quando a bussare alla porta erano uomini con una sentenza della Corte d’Appello.

Lo ha fatto il nonno che da giorni faceva la sentinella fuori da scuola per verificare che non ci fossero sorprese. Il preside aveva segnalato la presenza di un signore anziano nei pressi della scuola, senza sapere che l’interesse di quell’uomo era per un solo bambino: suo nipote.

La ha fatto la zia che ha urlato contro gli agenti, urla strazianti che fanno male a chi le ascolta. Urla che sono giunte chiare alle orecchie di Leonardo tenuto con la forza dal padre e dagli agenti.

Lo hanno fatto gli agenti e le persone incaricate dell’esecuzione della sentenza che questa volta hanno deciso di andare fino in fondo, a qualsiasi costo.

Lo hanno fatto i media che per informare hanno immediatamente diffuso le immagini sconvolgenti del video attivando l’interesse di tutta la nazione e audience da record sui dibattiti infiniti generatesi di conseguenza.

Il caso di Leonardo è davvero complesso. Come capita spesso può darsi che ragione e torto siano distribuite un po’ tra tutte le parti coinvolte, ma ciò che sconvolge l’opinione pubblica è che un bambino si possa trovare in una situazione del genere.  Immagino che nessuno desiderasse far vivere a Leonardo un momento tanto drammatico. Il padre era arrivato a scuola per incontrare il figlio, il Preside aveva collaborato a creare il contesto adatto. Gli agenti e i tecnici presenti al blitz di certo avrebbero evitato volentieri lo strazio di portare di peso un bambino che urla disperato. La sensazione è che tutto sia precipitato e gli attori in gioco hanno deciso di improvvisare: il padre con gli agenti per portare a termine l’impresa e non dover ripetere ancora scene strazianti. I parenti della madre per difendere a qualsiasi costo la loro custodia del bambino.

Penso che in casi come questi né i genitori né i parenti siano in grado di gestire da soli la definizione di ciò che è bene per il proprio figlio/nipote. Serve la mediazione di persone competenti che tutelino l’interesse superiore del bambino. Grazie al cielo in molti casi le separazioni, per quanto dolorose, trovano i modi per costruire un patto di stabilità tra genitori. Qui questo non è accaduto e si sono moltiplicare le querele, le accuse, le sentenze, atti legali per compensare l’incapacità di trovare un accordo, di mediare, di fare un passo indietro. A me hanno molto colpito le urla della zia. Mi sono chiesta: Che effetto avranno fatto su Leonardo? Servivano a tutelare il bambino o a spaventarlo ancora di più? Non sarebbe stato più utile sentirsi dire “Stai tranquillo Leonardo che tanto nessuno vuole farti del male. Noi ci siamo sempre e presto ci rivedremo, adesso stai tranquillo e vedrai che poi i genitori sapranno trovare il modo di esserti vicino. Tutti e due”.

Certo per mamma, nonno e zia che da anni non provano stima per un padre considerato non adatto e violento tanto da dover vedere il figlio solo durante visite protette, sono parole difficili da dire. Significa la resa, fare marcia indietro, permettere all’altro di vincere. Ma significa anche mettere davvero il bene supremo del figlio prima di tutto. Il bambino non stava per essere rapito da sequestratori anonimi che mettevano in pericolo la sua vita. Io non credo che gli agenti fossero arrivati lì con l’idea di fare del male al bambino. Loro eseguivano una sentenza più o meno giusta e spostavano il gioco della contesa su un terreno neutro in nome di una sindrome da alienazione parentale che sarà tutta da dimostrare.

La reazione dei parenti materni ha reso tutto molto più straziante e a mio parere quello non era il luogo per impugnare le armi. La mediazione può avvenire solo laddove le parti sono disposte a fare un passo indietro e questa era una buona occasione per farlo. Il momento di dare una lezione di stile, di dire non solo a parole che si era disposti a trattare. Concedere qualcosa all’avversario è dimostrazione di coraggio e segno concreto per costruire le basi di un accordo di pace. In questa guerra nessuno fa passi indietro e ciò promette poco di buono a Leonardo.

Forse servirebbe per lui davvero un luogo neutro dove costruire una propria visione dei fatti, adulti non in guerra sintonizzati sui suoi bisogni, ma credo che né padre né madre sapranno ammettere che qualcuno può prendersi cura di Leonardo meglio di loro. Per essere genitori ci vuole equilibrio, essere così forti da decidere per la pace anche quando si ha ragione. E voi cosa ne pensate? Che reazioni avete sperimentato di fronte a questo caso mediatico? Immagino che tra voi che leggete ci saranno anche genitori separati che hanno vissuto esperienze di mediazione ben diverse da questa. Raccontateci la vostra esperienza. Un caro saluto a tutti.  

Pubblicato il 15 ottobre 2012 - Commenti (3)
02
ott

Onora tuo nonno e tua nonna

Sono appena tornata al mio posto, gli ultimi fedeli si accostano al sacerdote per ricevere la Comunione, il corridoio centrale è sgombro. Un ragazzino di circa dieci anni, spinge verso l’altare sua nonna. Una bella signora, con il vestito della festa, ben pettinata, i gomiti ben saldi sul tavolino della sua carrozza. Resto colpita dalla sicurezza con cui il ragazzo, pressappoco dell’età di mio figlio grande, governa i movimenti della carrozzina, inversione di marcia inclusa (nonostante gli spazi ristretti). Tutto in lui racconta la normalità di quei gesti.

Quest’immagine mi ha emozionato. Ho visto spesso bambini spingere nei passeggini fratelli o sorelle più piccole, accompagnarli per mano nei loro primi passi, ma non mi era mai capitato di vedere un piccolo prendersi cura di una grande. Alla Messa partecipano speso anziani della casa di riposo accompagnati dai volontari. Ci sono molte carrozzine nelle prime file. Non ne avevo mai vista una spinta da un bambino. Io sono cresciuta con mia nonna Angela. Lei era un vulcano di energia e ricordo un sacco di scale fatte tra le sue braccia. Ricordo che la sera spostava il tavolo della sala mentre io preparavo il giradischi per insegnarmi a ballare il valzer. Ripenso a quando mi metteva sulla sedia per aiutarla a piegare le lenzuola, un pigna sempre molto alta per i clienti della sua pensione. Mi divertivo a tirare forte, a sbattere su e giù le lenzuola che puntualmente mi scivolavano di mano. E poi le torte fatte col frullino a mano, le ore trascorse sulla coperta marrone a dividere le monete, il nonno che si lamentava perché alla televisione si vedeva sempre quello che sceglievo io: “Dai, non far piangere la bambina!” sentenziava mia nonna. I miei genitori lavoravano fuori casa tutto il giorno e io stavo sempre con lei, sentivo tutto il bene che mi voleva in ogni singolo momento del giorno. Una nonna forte ed energica che mi batteva sempre a braccio di ferro e mi cucinava il riso e prezzemolo come mai nessun altro è riuscito più a fare. E a casa sua c’era spazio anche per le mie amichette che ogni tanto potevo invitare dopo scuola. Se i miei figli sapessero quello che mangiavo  farebbero la rivoluzione. Per cena oltre la minestra c’era sempre anche il tubetto della maionese e il salame. Mi divertivo a rigare di giallo ogni fetta e a preparare dei succulenti involtini. E poi le colazioni con una scatola di biscotti zeppi di codine di zucchero e cioccolato che doveva sempre essere nuova. Vedessi mia madre usare la stessa misura coi miei figli sfodererei la spada per la crociata della sana alimentazione! E poi sono diventata grande. Ho iniziato le superiori, l’università e mia nonna ha iniziato a non vincere più a braccio di ferro. Il suo respiro negli anni è diventato debole e la sua indole guerriera non ha mai smesso di lottare con quella gabbia che la imprigionava. Ricordo la fatica con la bici di ritorno dal mercato il giovedì mattina. Andarci era facile ma lei sapeva che poi avrebbe dovuto confrontarsi con la salita che diventava ogni settimana più ripida. Arrivava a casa stremata. Me ne accorgevo perché suonava il mio campanello: “Tieni” ansimava così tanto che non riuscivo a chiederle altro. Ogni giovedì mi portava il pane con l’uvetta. Sapeva che l’adoravo.

La lezione più grande che mia nonna mi ha insegnato è che non bisogna mai rimandare a domani quello che possiamo fare oggi. È morta in estate mentre io ero in vacanza con i miei amici. Molte sere negli ultimi mesi le suonavo il campanello prima di uscire. Io ero di fretta, avevo il mondo da scoprire, un sacco di cose importanti da fare, stavo iniziando a capire chi volevo essere. Lei mi guardava fiera e avrebbe voluto sapere, conoscere, vedere. Ci salutavamo dalla finestra e lei mi guardava mentre correvo giù. Nei sogni spesso entro a casa sua e mi sdraio sul divano in sua compagnia. I miei figli adorano stare con la nonna. Piangono tutte le volte che devono venire a casa. Quando vanno da lei per ognuno c’è un trattamento speciale, la copertina morbida, la cena servita davanti alla tv, chili di sassi da spargere e ammucchiare nella terrazza, pennarelli e fogli di cartoncino spesso. Coccole che resteranno nella memoria per sempre. A noi “adulti di mezzo” il compito di aiutare i nostri figli a onorare i nonni, e sostenerli affinchè un giorno  possano restituire un po’ del bene che hanno ricevuto dai nonni e sentirsi persone migliori. Un caro augurio a tutti i nonni!  

Pubblicato il 02 ottobre 2012 - Commenti (2)
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